Che sia in tempo di magra o in tempo di abbondanza, l’amo della nostra canna da pesca è l’interrogativo che rivolgiamo ad Altro ed oltre noi stessi, proprio per ritrovarci. Noi pescatori abbiamo bisogno di volgere l’occhio e l’orecchio ad altri come noi, navigatori in mezzo al mare dell’oggi, per trovare una parola di conforto e di sana inquietudine.
Abbiamo avuto quattro preziose testimonianze nella serata dedicata alla preghiera per le vocazioni, svoltasi nella Chiesa di S. Lorenzo a Orentano, e grazie ad esse abbiamo potuto arricchire la nostra mappa di navigazione.
Don Simone Meini, al suo decimo anniversario da Sacerdote di Cristo, ha evidenziato con colori vivi e gioiosi la sua vocazione, vissuta nel segno del nostro ultimo Pontefice e padre. Il Vangelo al centro della vita e la Misericordia sperimentabile ed abitabile di Dio.
Il «prete di Francesco» (come si è definito) ci ha invitato a non cercare tra i morti colui che è vivo, a partire dalla sua presenza nei cuori di chi lo ha ama. Della presenza di Gesù nei santi che lo hanno testimoniato.
Proprio riportandoci all’esperienza vissuta a Roma, nella visita, nell’attesa e nell’addio alla salma di Francesco, ha sottolineato un’atmosfera densa di preghiera e di gratitudine che ha fatto sì di tornare nella propria Galilea con Spirito fortificato.
Chiara e Leandro, con due sorrisi e quattro occhi che parlano già da soli, vivono il Matrimonio cristiano. Chiara dopo molti alti e bassi dalla sua altalena, ha trovato il coraggio di affidare nelle mani di Qualcun altro i suoi limiti, chiedendo la grazia di convertirli in benedizioni da cui ripartire. Dalla greve bulimia al lieto vivere nel suo nuovo corpo, alla sua rinnovata spiritualità nel laicato (dopo una prima ricerca di vita consacrata nei voti), alla sua felice maternità insieme al marito, fino ad un cuore strabordante della parola «Grazie!». Leandro allo stesso modo non può non amare il dono della fede ricevuta, dopo trenta anni distante dalla buona notizia, annunciata da un suo amico al ritorno di un viaggio. Con il Vangelo in mezzo alle mani si era reso conto che non aveva mai ascoltato sul serio questa Parola. Dopo una giovinezza anti conformista che non ha saputo dare serenità e pace, adesso ci ricorda dell’autocelebrazione che gli sposi vivono all’altare e alla vita in cammino, con fede e ragione ben salda con sé – questo significa credere – da testimoniare.
Suor Sharoon, luminosa in volto, si è accostata dietro un microfono e davanti a un pubblico, non facendo altro che continuare ad illuminare con parole semplice e potenti l’intera Chiesa. Le sue mani operose di madre, prima di accarezzare poveri, sostenere gli ammalati, confortare gli oppressi ed indicare la via ai dubbiosi, erano più minute 30 anni fa. È cresciuta in mezzo a 7 fratelli, con un padre ed una madre che le hanno offerto la prima esperienza di Chiesa, ovvero quella vissuta tra le mura di casa. È stata sempre attratta dalle spose di Cristo missionarie e grazie alla mamma che ha fatto da ponte tra le varie divergenze, dovute alla sua chiamata ad altra «sposa di Cristo», si è ritrovata più libera che mai nell’obbedienza alla Verità. Al riconoscimento della propria chiamata.
Il nostro pastore Giovanni Paccosi, vescovo della diocesi di San Miniato, ha suggellato la serata a suon di chiasmi narrativi verso la sua chiamata al sacerdozio, ben 40 anni, e sovente ricordando i momenti vissuti nella vera amicizia, che sono ristoro per il cuore di ogni uomo in una vita in cammino con Cristo, in Cristo e per Cristo. Il compito di ogni vero uomo e vero amico è quello di far ricordare, non dimenticare, di far convergere, non divergere, verso l’essenziale.
Ecco, nelle sue parole ci ha ricordato qualcosa che tendiamo a dimenticare, ovvero che il Signore è già a servizio nostro. La vita non ce la diamo da soli e per amore della Verità dobbiamo accogliere i legami che ognuno di noi ha: in famiglia, nella propria casa, nel proprio paese, nel proprio corpo, nel proprio cuore. Il punto capitale del discernimento sta nel saper ri-conoscere i segni, non nel conoscere chissà quanto e cosa, quello che ci è rivelato già per noi in vita. Così da ascoltare la voce di Gesù che custodisce nella propria bocca da sempre e amorevolmente il nome di ognuno di noi. Il compiersi della vita in maniera inaspettata è una grazia che ci è donata; sta a noi trovarla nel quotidiano e continuare a coltivarla.
Infine possiamo dire questo: Tra le varie fumate che passano di conclave in conclave possiamo ri conoscere questo segno da così tal eterna tradizione. Il miracolo di decidere e decidersi per la propria vita e per la vita dei nostri prossimi. Il problema infatti non è tanto “scegliere”, soprattutto in un mondo anoressico di fini e bulemico di mezzi, no! La soluzione è “decidere definitivamente tra le varie scelte che abbiamo. Possiamo spendere i talenti donati e connaturati in noi per dare frutto a pieno regime. Siamo «servi inutili»; ma con Cristo ogni asino è meglio del cavallo più possente.