Il primo incontro lo scorso 15 febbraio a San Miniato Basso

Scuola di preghiera in preparazione al Giubileo 2025

Le indicazioni del Vescovo e la replica su YouTube

«Mi rallegra pensare che si potrà dedicare l’anno precedente l’evento giubilare, il 2024, a una grande “sinfonia” di preghiera. Anzitutto per recuperare il desiderio di stare alla presenza del Signore, ascoltarlo e adorarlo». Papa Francesco

 

Per introdurre questa prima serata di “Scuola di preghiera” insieme, vorrei manifestare le ragioni di questa proposta e spiegare brevemente come vi propongo di svolgerla.

Alcune settimane fa, all’inizio di questo 2024, andando sulla pagina web dedicata al prossimo Giubileo del 2025, mi sono reso conto (con un po’ di imbarazzo) che, forse preso dal nostro giubileo diocesano del 2022-2023 e dal primo anno come Vescovo, non avevo dato il peso adeguato alle proposte che il Papa ha promosso in preparazione, appunto, al Giubileo del 2025. Tra queste, quella per cui siamo qui stasera, ovvero che il 2024, secondo l’intenzione del Papa, dovesse essere «una grande “sinfonia” di preghiera», che aiutasse tutti i cristiani a «recuperare il desiderio di stare alla presenza del Signore, ascoltarlo e adorarlo».

Ho pensato perciò che potessimo, come Diocesi di San Miniato, proporre in questa Quaresima, quasi come un segno, questa “Scuola di preghiera”, un piccolo gesto, ma anche un richiamo, un invito a che si svolgano, nelle nostre parrocchie e comunità, tante altre “scuole di preghiera”, perché senza preghiera non c’è fede e non c’è nemmeno umanità, perché noi per natura siamo mendicanti di Dio. Ma, per fare una scuola, ci vogliono dei maestri e, siccome io non mi sento un maestro di preghiera, ho pensato alla ricchezza di esperienze ecclesiali della nostra comunità diocesana “esperte” nella preghiera, e nella preghiera comunitaria. Perché, ho pensato, non attingere alla forma specifica in cui ognuna di esse trova aiuto nel vivere la preghiera?

Nella forma generale di questi incontri, che è quella semplice e così intensa di un’ora di adorazione, ho chiesto perciò a tre di queste comunità (grazie a Dio sono molte di più, e ci sarà occasione per averne altre come guide) di aiutarci a pregare nella loro forma abituale.

Oggi inizia il Movimento Apostolico Schoenstatt, iniziato da padre Giuseppe Kentenich nel 1914 e che prende il nome dal rione in cui è sorto nel paese di Vallendar, vicino a Coblenza in Germania. Da un piccolo Santuario, dedicato alla Madonna, è sorto un grande movimento che nella nostra Diocesi riunisce varie centinaia di famiglie in un impegno semplice di preghiera domestica e di vita cristiana nelle circostanze ordinarie della vita. La forma più semplice del loro ritrovarsi è la recita del santo Rosario nelle case davanti all’immagine della Madonna di Schoenstatt e così ci guideranno stasera a pregare.

Ma prima di dar loro spazio, vorrei, e lo farò anche nei prossimi due appuntamenti, lasciare la parola al Papa, che negli anni scorsi ha dedicato un ciclo di catechesi, nelle udienze del mercoledì, proprio alla preghiera. Leggiamo alcune riflessioni di Papa Francesco, pronunciate nell’udienza generale del 6 maggio 2020. La intitolerei così:

 

  1. Nel cuore dell’uomo c’è una voce che invoca.

(cfr. Papa Francesco, Udienza generale del 6 maggio 2020)

Bartimeo (Mc 10, 46-52)

Mentre (Gesù) partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!». Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.

La fede è avere due mani alzate, una voce che grida per implorare il dono della salvezza. Il Catechismo afferma che «l’umiltà è il fondamento della preghiera». La preghiera nasce dalla terra, dall’humus – da cui deriva “umile”, “umiltà” –; viene dal nostro stato di precarietà, dalla nostra continua sete di Dio.

La fede, lo abbiamo visto in Bartimeo, è grido; la non-fede è soffocare quel grido. Quell’atteggiamento che aveva la gente, nel farlo tacere: non era gente di fede, lui invece sì. Soffocare quel grido è una specie di “omertà”. La fede è protesta contro una condizione penosa di cui non capiamo il motivo; la non-fede è limitarsi a subire una situazione a cui ci siamo adattati. La fede è speranza di essere salvati; la non-fede è abituarsi al male che ci opprime e continuare così.

Il grido di Bartimeo: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!» in una figura come la sua c’è già scritto tutto. Bartimeo è un uomo perseverante. Intorno a lui c’era gente che spiegava che implorare era inutile, che era un vociare senza risposta, che era chiasso che disturbava e basta, che per favore smettesse di gridare: ma lui non è rimasto in silenzio. E alla fine ha ottenuto quello che voleva.

Più forte di qualsiasi argomentazione contraria, nel cuore dell’uomo c’è una voce che invoca. Tutti abbiamo questa voce, dentro. Una voce che esce spontanea, senza che nessuno la comandi, una voce che s’interroga sul senso del nostro cammino quaggiù, soprattutto quando ci troviamo nel buio: “Gesù, abbi pietà di me! Gesù, abbi pietà di me!”. Bella preghiera, questa.

Ma forse, queste parole, non sono scolpite nell’intero creato? Tutto invoca e supplica perché il mistero della misericordia trovi il suo compimento definitivo. Non pregano solo i cristiani: essi condividono il grido della preghiera con tutti gli uomini e le donne. Ma l’orizzonte può essere ancora allargato: Paolo afferma che l’intera creazione «geme e soffre le doglie del parto» (Rm 8,22). Gli artisti si fanno spesso interpreti di questo grido silenzioso del creato, che preme in ogni creatura ed emerge soprattutto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è un “mendicante di Dio” (cfr CCC, 2559). Bella definizione dell’uomo: “mendicante di Dio”.

Esponiamo adesso il SS. Sacramento e iniziamo la nostra preghiera davanti a Gesù. Dico solo un ‘ultima cosa: Come dice spesso Papa Francesco, più che essere noi a guardare Gesù presente nell’Eucaristia, lasciamoci guardare da Lui.


 

Replica del 1° Incontro (San Miniato Basso, 15 febbraio 2024)