Riflessioni

Nel rito dell’Acquasanta l’impegno a essere Chiesa che unisce

di Antonio Baroncini

Ci avviciniamo alla Pasqua: quel periodo di luce spirituale che indica il passaggio dalla morte alla vita per Gesù Cristo e per i cristiani il passaggio a vita nuova, liberati dal peccato con il sacrificio sulla croce e chiamati a risorgere con Gesù.

Prima però di commemorare e vivere questo periodo liturgico nella sacralità dei Misteri divini, è tradizione antica che le comunità cristiane siano “visitate” nelle loro case dal loro sacerdote per “benedire” non solo l’ambiente, ma l’intero nucleo familiare. Nel gesto di benedire si offre in dono protezione e benevolenza di Dio.

San Tommaso affermava: «La benedizione di Dio sta a significare il conferimento dei suoi doni e la loro moltiplicazione». Nella Sacra Scrittura la benedizione è simbolo di abbondanza e agiatezza: due concetti che spesso costituiscono il significato di pace nella quotidianità del nostro vivere. «In qualunque casa entriate dite per prima cosa “pace a questa casa”. Se vi è qualcuno che ama la pace, riceverà la pace che gli avete augurato, altrimenti il vostro augurio resterà inefficace», così dice il Signore nel vangelo di Luca (cfr Lc 10,5). Il significato della benedizione si accresce ancora di più ricordando il dono del Battesimo, facendo rivivere nei presenti la bellezza della vocazione battesimale, ravvivando in ciascuno l’adesione a Cristo Signore, crocifisso e risorto per a nostra salvezza. Il rito della benedizione delle case e delle famiglie, nel tempo, oltre al suo primario concetto liturgico si è arricchito anche da una simbologia tradizionale di atti umani semplici ma significativi, di ringraziamento nell’offrire al sacerdote, come portatore e testimone di amore di Gesù, segni di gratitudine e di accoglienza.

Chi non ricorda, in special modo chi ha vissuto nelle campagne, il dono delle uova che la massaia offriva in un bel cesto ricoperto da un “centrino” ricamato dalle sue mani? Inoltre le donne di famiglia facevano trovare una casa splendente con le tende alle finestre lavate e ben stirate, con i letti ricoperti da coperte che per l’occasione venivano tolte dagli armadi: tutto era in relazione all’accoglienza di un ospite importante che portava il saluto di Nostro Signore. Momenti indimenticabili di un tempo in cui molti gesti superavano concetti e pregiudizi, anche contro il mistero divino rappresentato. Vi erano in questi gesti un rispetto e una convinzione che accompagnavano la sacralità del momento, nel ricevere il sacramentale, cioè un segno sacro per mezzo del quale «con una certa imitazione dei sacramenti, sono significati e vengono ottenuti effetti soprattutto spirituali» (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica n. 1667).

Stare vicino al sacerdote era ed è un momento di confronto, di condivisione personale e spirituale, di gioia, di fiducia, di amicizia, di conforto ancora oggi vigente seppur con minore “spettacolarità” ma sempre considerato un atto che avvolge l’intimità del proprio animo verso Colui che per amore venne appeso alla croce. Le famiglie oggi purtroppo non sono sempre unite, per impegni lavorativi o occupazionali e ciò può portare a un abbandono di tradizioni popolari che rendevano viva, efficace, incisiva l’opera pastorale della Chiesa. Questo “moderno” vivere può portare a una dimenticanza di simboli, di riti, di rappresentazioni del sacro, mimetizzandoci di più nel paesaggio corrente, confondendoci col mondo, perdendo la grazia del linguaggio cristiano, considerato “fuori dal tempo”.

Perdendo certi riti tradizionali, che legano la vita quotidiana con la vita interna della nostra anima, si può perdere l’identità cristiana, mettendo in crisi il senso religioso della vita. Occorre ancora una visione del mondo calata nella vita dei giorni con quello spirito cristiano di un tempo in cui «l’ardire di un confronto, l’amore per la realtà, per la natura, per la storia e per la tradizione vincono contro una società che preferisce il loro contrario». La benedizione delle famiglie e delle loro case resti ancora un prezioso momento per calare nel quotidiano l’impegno a essere Chiesa che unisce, che spinga sempre più nelle proprie realtà religiose a questa pratica antica, in un forte e convinto abbraccio di fede, di fratellanza, di condivisione.