Quaresima

Digiuno e astinenza: doni spirituali per il credente

di Antonietta Gronchi - Settore adulti dell’Ac diocesana

Gli adulti dell’Azione Cattolica diocesana si sono ritrovati domenica scorsa a Marti per riflettere, con l’aiuto delle meditazioni di don Paolo Barnini, su «Digiuno e astinenza: anche oggi doni spirituali per il credente»; una tematica quanto mai attuale, perché prettamente inserita nel cammino quaresimale che in questo tempo che ci vede tutti chiamati ad agire per chiedere al Signore il dono della pace.

L’astinenza e il digiuno, precetti della Chiesa, possono apparire a molti come un retaggio di una superata religiosità. In realtà come ha avuto modo di sottolineare don Paolo sono doni spirituali datici per partecipare all’opera salvifica ed espiativa di Cristo. L’astinenza è il tenersi lontano da… o tenere lontano da me qualcosa. Quindi l’astinente è colui che sente estraneo tutto quanto manca di sobrietà: non cerca le cose inutili, il superfluo. Attraverso la grazia del Battesimo confermata dalla Cresima, il cristiano trova la forza per essere sobrio ed essenziale e non disperdersi in mille “rivoli” che impediscono di avere tempo per il Signore. Lo Spirito Santo sostiene in questo cammino, in virtù dei Suoi doni, in particolare della fortezza che si coniuga con la virtù cardinale della temperanza che è la capacità di governare con coraggio se stessi. Se l’astinenza è l’aspetto qualitativo della rinuncia, il digiuno ne è l’aspetto quantitativo.

 Il termine «digiuno» deriva dal latino e significa «vuoto», ossia qualcosa che non c’è. La radice di questo termine, però suggerisce anche «rendere sacro», «santificare». Allora quando nel Padre Nostro diciamo «sia santificato il Tuo nome» ciò può anche significare che rinuncio a qualcosa di vitale per Dio; mi privo totalmente di qualcosa che per me è vitale per donarlo a Dio perché lo amo sopra ogni cosa. Quindi il digiuno è un atto volontario, spontaneo e gratuito perché è un atto d’amore. Il digiuno è il «di più» dell’astinenza, è quello che io metto nell’amore per Dio. Astinenza e digiuno sono vie privilegiate per imparare la sobrietà, finanche alla meta alta dell’austerità e altissima del totale dono di sé.

Astinenza e digiuno ci insegnano, con sapiente pedagogia, a rinunciare a ciò che è effimero per immergerci in ciò che già qui e ora ha il sapore e il valore di eterno, perché aiuta a vivere con amore e per amore a Dio la nostra esistenza. Per questo il magistero della Chiesa continua a sollecitarci a mettere in atto queste azioni, come risulta nel Codice di diritto canonico, nel documento della Cei del 1994 «Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza» e nel compendio del Catechismo della chiesa cattolica.

Tutti questi riferimenti derivano in primis dalla Costituzione apostolica «Paenitemini» del 1966 di papa Paolo VI che richiama il Concilio Vaticano II. In questi documenti possiamo anche trovare tutte le indicazioni pratiche per operare attraverso questi due doni spirituali e dare seguito a quanto scritto da Paolo nella prima Lettera ai Tessalonicesi: «Fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù: avete appreso da noi come comportarvi in modo da piacere a Dio, e così già vi comportate; cercate di agire sempre così per distinguervi ancora di più. Dio infatti non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione» (1 Ts 4,1.7).