Il vescovo Andrea mi ha chiesto di dare una testimonianza della mia esperienza di medico in tempo di covid. Sono anestesista rianimatore all’ospedale di Empoli, oltreché volontario della Misericordia empolese e membro della sezione sanminiatese dell’Amci (Associazione medici cattolici italiani).
Sono un medico ed un rianimatore da molti anni e ho vissuto molte situazioni impegnative durante la vita lavorativa ma l’esperienza di questi mesi mi ha cambiato interiormente mi ha invitato a cambiare mentalità, in una parola mi ha invitato alla conversione, smettere di guardare solo a me stesso ma guardare a Dio ed all’altro.
In questo tempo anche io ho avuto paura di ammalarmi, di soffrire, di dare preoccupazioni ai miei familiari, di farli ammalare con il contatto così stretto con una infezione subdola e grave e paura anche di non sapere svolgere bene il mio lavoro. Ma ho fatto anche l’esperienza di sentire come la grazia di Dio mi abbia assistito.
Durante uno dei trasferimenti per portare pazienti covid e non covid dalle rianimazioni dalla Lombardia alle terapie intensive di altre regioni, sono stato male tutta la notte per una gastrite con nausea, per la tuta ermetica che mi ha fatto soffrire tantissimo il caldo e per i doppi occhiali che mi hanno ridotto notevolmente la vista.
Questo in ogni caso mi ha tenuto ben sveglio ed attento e ho potuto per grazia di Dio recitare sempre la preghiera del cuore, del pellegrino russo: Gesù Cristo figlio di David abbi pietà di me peccatore e l’Ave Maria.
Alla fine del trasferimento abbiamo fatto in totale oltre 1400km in poco più di 15 ore comprese le soste, gli ospedali e la disinfezione del mezzo. Abbiamo volato: 140-170 km/h. Durante la notte ed in particolare alla fine del viaggio, dopo aver anche corso il rischio di un incidente mortale, quando siamo arrivati in terapia intensiva ed abbiamo lasciato il paziente ho percepito interiormente come l’uomo è chiamato alla Vita: Come Cristo è davvero la fonte della vita, della vita eterna. Cristo è davvero risorto e la Chiesa ce lo ricorda nel Credo: “Credo la risurrezione della carne, la vita eterna, amen”.
Accettare di avere paura, paura di ammalarsi, paura di fare ammalare i miei cari ma nonostante questo non essere schiacciato dalla paura. Anche io ho sentito vera questa frase: “anche se la paura ha molti argomenti scegli la SPERANZA”. Speranza nella bontà dell’uomo, nel progresso scientifico, nella scoperta di un vaccino per questo Covid ma soprattutto speranza in Dio, nella sua Misericordia. Dio mi/ci vuole bene, ci ha chiamato alla vita. Le difficoltà, le sofferenze personali e collettive sono per la vita e non per la morte, rivolgiamoci a Lui, invochiamoLo con tutto il cuore, tutta la mente, tutte le forze.
“Il popolo venne da Mosè e disse : «abbiamo peccato perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te». Il Signore disse a Mosè:« Fatti un serpente mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita”. Allora Mosè fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta…”(Nm 21,7-9). Guardiamo Cristo crocifisso. Chiediamo incessantemente a Cristo l’acqua viva, il dono dello Spirito Santo. Preghiamo perché possiamo ricevere la Grazia di vincere la paura e testimoniare a tutti ed in particolare ai nostri cari l’amore di Dio. La mia esperienza nella complessa macchina dell’emergenza è cominciata domenica 8 marzo, quando la centrale operativa delle Misericordie, della Croce Rossa e delle Pubbliche Assistenze mi ha chiamato per intervenire su alcuni trasferimenti di pazienti da fare dalla Lombardia ad altre regioni. Trasferire pazienti attaccati a un ventilatore, con tutte le problematiche del caso, perché c’era bisogno urgente di liberare posti nelle terapie intensive.
All’inizio ho trasportato pazienti che erano covid negativi, e successivamente anche pazienti covid positivi, pazienti che stavano un po’ meglio, si stavano riprendendo e che potevano essere trasferiti in considerazione del fatto che negli ospedali lombardi non c’era più disponibilità di posti in terapia intensiva. Sono state esperienze molto forti, molto coinvolgenti. Devo ringraziare prima di tutto i volontari della Misericordia di Empoli e delle altre Misericordie della nostra zona perché sono stati sempre pronti, attenti e solleciti ad affrontare queste corse. All’inizio abbiamo utilizzato ambulanze convenzionali, attrezzate cioè con monitor defibrillatori, ventilatori e con varie altre strumentazioni ordinariamente presenti nei nostri mezzi. Ambulanze che però non erano assolutamente preparate per poter trasportare pazienti covid.
Questo per testimoniare come all’inizio abbiamo affrontato questa emergenza con la sola forza di volontà, con lo spirito di servizio e di sacrificio, senza avere strumentazione adeguata. Non sarebbe stato possibile fare diversamente; l’emergenza era, chiaramente, imprevedibile e non eravamo pronti. Le dinamiche del contagio hanno condotto, nella fase iniziale, tante persone impegnate in prima linea a perdere la vita. In particolare i medici, “caduti” sul campo accanto ai loro pazienti. Secondo i dati oggi disponibili sono deceduti ben 154 medici, 40 tra infermieri e infermiere e 119 sacerdoti. Tutte persone che si sono impegnate in prima persona, senza aver paura e timore per ciò che stavano affrontando.
All’inizio è andata esattamente così, poi piano piano la macchina dell’emergenza è riuscita a decollare e a prendere vigore. Ci siamo meglio attrezzati ed equipaggiati: alle Misericordie della nostra zona di Empoli ad esempio, nei giorni scorsi abbiamo ricevuto il dono di una ambulanza specifica per il trasporto di pazienti covid positivi. Si tratta di un mezzo attrezzato con una barella di biocontenimento (una sorta di lettino incapsulato) che consente di affrontare un viaggio con una persona contagiata senza che il personale che opera intorno al malato corra eccessivi rischi. Uno dei primissimi trasporti senza ambulanza attrezzata che ho effettuato, è stato dalla rianimazione di Brescia alla rianimazione di Grosseto. Viaggio condotto insieme a due volontari della Misericordia, un infermiere e naturalmente il paziente covid positivo.
Per affrontare un viaggio di questo tipo in maniera relativamente sicura, non disponendo di barella con biocontenimento, abbiamo addirittura tenuto aperti i finestrini e acceso l’areatore presente all’interno dell’ambulanza, per tutte e sei le ore del viaggio. Era l’unico modo che avevamo per assicuraci che il virus si disperdesse più facilmente nell’aria, abbassando il rischio di contagio per noi operatori. Anche nella rianimazione dell’ospedale San Giuseppe di Empoli abbiamo lavorato intensamente e devo dire che la città ha risposto molto bene a questa emergenza, tant’è vero che abbiamo raccolto più di 800.000 euro di offerte per poter acquistare in tempi rapidissimi (si parla di due-tre giorni) i ventilatori di cui avevamo bisogno. Nell’ospedale di Empoli avevamo allestito ben 3 rianimazioni per un totale di 34 posti letto. Oggi possiamo fortunatamente registrare che una di queste rianimazioni covid è stata chiusa, perché i pazienti sono nettamente diminuiti. I pazienti in terapia intensiva sono gravi e anche se alcuni sono coscienti è difficile e non sempre possibile il colloquio soprattutto per la presenza di una forte depressione. Depressione presente in particolare dopo il risveglio dalla sedazione profonda necessaria per effettuare la ventilazione polmonare sia in posizione supina che in posizione in posizione prona.
Un rapporto particolare si è instaurato con i familiari dei pazienti ai quali abbiamo fornito tutti i giorni informazioni dettagliate anche tramite videochiamate nelle quali per alcuni minuti abbiamo mostrato i loro congiunti. Un familiare mi ha espresso il desiderio di volermi conoscere alla fine della dolorosa esperienza per potermi ringraziare personalmente. Concludo dicendo che è un evento, questo, “provvidenziale” accaduto nella nostra vita, che occorre sapere leggere.
Non dobbiamo pensare che questa emergenza rappresenti solo un fatto negativo per le nostre vite. Da questa esperienza possiamo trarre insegnamenti profondi e duraturi per tutto il resto della nostra esistenza, sia in senso materiale e organizzativo, sia in senso morale e spirituale. Non dobbiamo arrenderci di fronte alle difficoltà, non dobbiamo aver paura dei problemi quando si presentano. Questa sfortunata contingenza ci insegna anche a mettere a disposizione il nostro spirito, la nostra intelligenza, la nostra forza per poter aiutare il prossimo.