Le transenne in fondo a via della Conciliazione aprono alle 5.30 di mattina, quando all’inizio del funerale di papa Francesco mancano ancora diverse ore. Davanti alle transenne ci sono alcune centinaia di intrepidi fan del papa argentino che hanno passato la notte accoccolati al freddo sui marciapiedi del lungotevere: una scelta fatta per arrivare il più vicino possibile al sagrato della basilica vaticana, ma anche per vivere la giornata dell’ultimo saluto a Francesco nel modo più intenso possibile.
Fra gli intrepidi fan della “curva Bergoglio” ci sono anche io, che dalle 4 di mattina mi trovo davanti alle transenne ad ingannare il tempo in compagnia di un gruppetto di fedeli argentini, di una marea di scout con materassino e sacco a pelo sotto le stelle di Roma, e di conciliaboli di suore che intonano le lodi mattutine ancor prima dell’alba. Quando il “rubinetto umano” si apre e l’accesso a via della Conciliazione diventa libero, io e gli altri avventurieri con papa Francesco nel cuore sembriamo quei ragazzi al momento clou dell’apertura dei cancelli di un concerto della loro rockstar preferita.
Lo stradone rettilineo che porta in piazza San Pietro diventa il set di una corsa podistica non competitiva: siamo tutti assonnati e scombussolati, ma anche pieni di adrenalina, di emozione, di voglia di esserci. All’alba in via della Conciliazione corrono le suore di tutte le età, e corrono soprattutto gli scout: a pensarci bene, più che la folla di uno stranissimo concerto mattutino sembriamo la Maddalena e i primi apostoli che prima dell’alba corrono al sepolcro per cercare ostinatamente tracce di Gesù anche dopo la sua morte. Prendiamo posto sulle seggioline subito dopo la fine della zona riservata agli ospiti vip, poco oltre l’obelisco. Siamo pieni di gioia, anche se si tratta di un funerale. Mancanza di rispetto, dite? Invece no, è una gioia bella la nostra; una gioia che certo non è immune al grandissimo senso di nostalgia per un papa che a tanti di noi, cristiani amanti delle periferie, ha cambiato la vita. Una gioia che però ha comunque l’ultima parola nel dare la tonalità definitiva al nostro stato d’animo, perché la gratitudine per questi 12 anni di Francesco resta un tesoro immenso, che oggi in piazza vogliamo celebrare come si deve. Seduti vicino a me in “curva Bergoglio” ci sono persone molto diverse fra loro. Maria e Maria, per esempio, sono una madre e una figlia entrambe di origini peruviane che abitano insieme ad altre centinaia di famiglie povere in un palazzo occupato (ex sede romana dell’Inps) vicino alla stazione Termini.
“Il papa conosceva molto bene la nostra occupazione, e tramite il cardinale Konrad, il suo elemosiniere, ci ha sostenuto tantissimo, anche se eravamo abusivi e anche se il ministro dell’interno avrebbe voluto sfrattarci”. L’altro mio vicino di posto è Giorgio, un vecchio sindacalista della Cgil venuto a Roma da solo dalla Valtellina: “Faccio parte del sindacato di sinistra per eccellenza, e sono anche un cristiano innamorato del Vangelo. Fino all’avvento di papa Francesco tanti vedevano queste mie due appartenenze come in contraddizione fra loro. Finalmente con l’aiuto delle parole e delle scelte del mio papa preferito le persone hanno iniziato a capire che essere un sindacalista di sinistra e essere cristiano sono due cose complementari, non contraddittorie”.
Invece seduti dietro di me, con un accento toscano che subito ci fa entrare in empatia, ci sono Alessandro e Nicola, rispettivamente un insegnante di musica e un funzionario comunale provenienti da Corfino, alta Garfagnana: “Siamo amici d’infanzia e crediamo in un cristianesimo che crea legami comunitari a partire anche dai piccoli paesi come il nostro, dove per vivere bene serve sentirsi famiglia allargata, organizzare momenti di socialità, di mutuo aiuto e di accoglienza per chi viene da lontano. Per questo quando è arrivato papa Francesco ci è sembrato di sognare, e oggi eccoci qui a ringraziarlo con un viaggio in treno e una notte davanti alle transenne per arrivare in piazza per primi”.
Nel frattempo esce un sole bellissimo che alza la temperatura. Piazza San Pietro si riempie di tantissime persone comuni e di alcuni politici ed ecclesiastici molto potenti. Sul sagrato nelle sedie d’onore c’è seduto qualcuno che magari è lì solo per bon ton istituzionale o per fare buon viso a cattivo gioco di fronte a un papa che fino a ieri proprio così simpatico non gli stava, soprattutto quando si metteva a parlare di lotta contro l’economia armata e contro i nazionalismi anti-evangelici. Noi della curva Bergoglio invece ci siamo perché abbiamo scelto fortemente di esserci, in questa giornata di ringraziamento e di preghiera per il futuro della chiesa.
Tanti percorsi iniziati sotto il pontificato più appassionante della mia vita sono rimasti in stand by, dopo i primi impulsi dati dal papa: dalla chiesa sinodale (cioè che cammina insieme e partecipa con laici e religiosi gli uni accanto agli altri) alla promozione del talento femminile nei nostri organi decisionali. Noi cristiani appassionati di papa Francesco siamo qui proprio sull’onda di questi sentieri lasciati incompleti e di queste pagine ancora da scrivere. Siamo qui per dire a noi stessi, ai cardinali del conclave e al mondo intero che papa Francesco è vivo anche nei nostri sogni di chiesa, che noi non vogliamo per niente al mondo abbandonare.