Don Simone Meini parroco della Valdegola

«Come curato di campagna»

di Francesco Fisoni - Omelia del Vescovo e replica dei video

Si è svolta ieri, sabato 14 novembre, nella millenaria pieve di Corazzano (foto sotto) la solenne celebrazione che ha sancito l’ingresso ufficiale di don Simone Meini nella parrocchia di Santa Maria in Valdegola, dove subentra a don Francesco Ricciarelli. 34 anni, originario di Gello, don Simone ci racconta con sincera immediatezza i sentimenti e le emozioni che accompagnano questo momento importante del suo ministero presbiterale. Al termine dell’intervista, l’omelia del Vescovo Andrea e la replica del video della Santa Messa di Ingresso.

Partiamo dal tuo recentissimo passato: gli addii sono sempre dolorosi… Come hanno vissuto le comunità di San Donato, Santa Maria a Monte e Ponticelli il distacco dal loro amministratore e vicario parrocchiale?

«Se vogliamo esser precisi, tutto ha avuto in verità inizio il 25 gennaio 2015 con la mia ordinazione presbiterale. E il mandato mi era già chiaro anche da prima, da diacono: obbedienza e disponibilità a seguire la volontà di Dio. Sono stato quasi sei anni nelle comunità che hai poc’anzi citato. È normale ci siano persone che ora sono nella tristezza. Credo però in tutti questi anni di mia permanenza con loro, di esser anche riuscito a far capire la necessità di non attaccarsi alla figura del prete, in modo che sia Dio ad essere al centro. Il mio poi era un addio previsto, in quanto sono un prete giovane. Un addio che sapevamo essere nell’aria. In realtà poi, se lo leggiamo con gli occhi della fede e della comunione in Dio, si tratta solo apparentemente di un distacco».

 Sei cresciuto come vice parroco all’ombra di un sacerdote di grande esperienza come don Bruno Meini. Adesso sarai da solo a guidare la parrocchia di Santa Maria in Valdegola che raccoglie in sé quattro ex parrocchie e ben sette chiese. Quali sentimenti vivi rispetto a questa novità?

«Don Bruno è stato padre spirituale del mio cammino in Seminario e poi nel diaconato. Ho appreso davvero tanto da lui, soprattutto l’arte della calma e della pazienza, anche se – scherza – non riesco ancora a metterle bene in pratica come lui. Spero di non averlo fatto troppo “ammattire” con la mia vivacità alle volte esagerata. D’ora in avanti sarò “da solo” a guidare Santa Maria in Valdegola, anche se in realtà sarà una solitudine solo apparente, trovandomi all’interno della più ampia Unità pastorale di San Miniato guidata da don Francesco Zucchelli e dal suo vice don Luca Camarlinghi. Senza dimenticare poi la presenza di don Fabrizio Orsini a San Miniato Basso. Mi stimola e conforta poi la vicinanza di don Giovanni Fiaschi a Ponte a Egola e di don Ricciarelli a Cigoli. Ho insomma le spalle coperte da delle “belle colonne” e credo fermamente nella continuità di esperienza di Chiesa. Non vivo quindi questa novità come cambiamento, ma bensì come volontà di Dio».

Conosci già la Valdegola?

«No, non conosco la Valdegola. In qualche occasione ci sono passato con l’auto. Ad oggi, a parte un paio di volte che mi ci sono incontrato con don Francesco Ricciarelli, ho voluto seguire il consiglio del vescovo Andrea di aspettare sabato 14 novembre per iniziare a vivere di questa comunità».

Nel giugno 2019 avevamo pubblicato un tuo bellissimo scritto indirizzato a don Armando Zappolini in occasione del suo addio a Perignano e del suo ingresso a Ponsacco. Don Armando è stato il parroco con cui sei cresciuto a Gello…

«Don Armando è stato, ed è, il prete con cui sono cresciuto. Dio lo ha messo sul mio cammino, e me ha messo sul cammino suo. Questo nostro incrociarci ci ha fatto crescere entrambi. Grazie a lui porto dentro il fuoco dei diritti sociali, della giustizia, del rispetto e della dignità che vanno letti alla luce della Parola di Dio e del Magistero della Chiesa».

E come è arrivata la chiamata del Signore e poi la scelta di diventare sacerdote?

«Facciamo un gioco: per rispondere a questa domanda invito i lettori a ricercare gli articoli che ho scritto sulla Domenica negli anni del mio cammino in seminario dal 2007 al 2015. All’epoca mi capitava spesso di scrivere sul settimanale diocesano, un giornale che non solo invito a leggere ma anche a farvi l’abbonamento. Perciò vi rimando ai vecchi numeri o a fare richiesta degli stessi alla redazione – ride. In Valdegola comunque, piano piano, ci saranno occasioni per far conoscere la mia storia vocazionale».

Anche perché, come direttore del Centro diocesano vocazioni non puoi lasciarci con questa curiosità… Ma visto che ci siamo, parliamo un po’ di giovani: nel 2017, il vescovo di Livorno Simone Giusti, in una sua lettera pastorale scrisse con coloritura d’accenti che “i giovani sono splendidi e capaci di fare cretinate incredibili. Eroi nella solidarietà e primi attori nel narcisismo: tutto contemporaneamente”, espressione che in un baleno racconta tutto il tumulto dei vent’anni. Dal tuo punto di osservazione cosa puoi dirci dei giovani? Come vedi il loro mondo? Quali sfide pone la loro stagione anagrafica?

«Domanda dolente che mi riconduce a ciò che rifletto fin da quando sono entrato in Seminario. Perché i giovani non ci sono nelle nostre comunità? La risposta è perché noi, che ci crediamo “grandi nella fede”, stiamo sbagliando gli obiettivi. Spendiamo la maggior parte delle nostre energie per bambini, ragazzi, adolescenti e giovani e quasi mai ci rendiamo conto che l’annuncio del vangelo passa innanzitutto dalla testimonianza. Voglio dire che, il nostro obiettivo non devono essere i giovani ma la testimonianza. Come prete allora m’interrogo, e interrogo allo stesso modo le nostre comunità cristiane: siamo capaci di testimoniare la gioia del vangelo nella comunione tra noi? Nella risposta a questa domanda c’è anche la mia risposta».

Quindi, riguardo all’apparente divorzio tra i giovani e la fede, potresti affermare che niente è più ingannevole delle apparenze e che forse la brace arde ancora proprio sotto la cenere che appare spenta? E, al netto di questo, a che punto è secondo te la Chiesa nella comprensione del complesso universo giovanile?

«Ribadisco che dobbiamo capire bene qual è la meta della Chiesa… La meta è il Regno di Dio, l’incontro con il Cristo Risorto. Gesù non ha mai obbligato nessuno a seguirlo, ma ha sempre detto a ciascuno, nel pieno rispetto della sua libertà: “Vieni”. Quanti sono oggi, anche tra coloro che sono giovani che vengono spontaneamente e liberamente perché hanno incontrato Gesù anche attraverso la testimonianza dei fratelli?»

C’è qualcosa che vuoi dire ai tuoi nuovi parrocchiani?

«Si… voglio dire loro che l’unico che salva è Gesù e che don Simone sarà semplicemente un “curato di campagna” nel bellissimo territorio della Valdegola. Passo dopo passo, spingiamoci gli uni gli altri verso la santità e vedrete che Dio non mancherà di seminare e donare frutti attraverso la sua volontà e il suo amore. Non carichiamoci di aspettative, ma accogliamoci per quello che siamo. Arriva in Valdegola un servo inutile e dalla sua inutilità dovrete cogliere la grandezza di Dio e il suo amore per questa terra che è la vostra patria. Concludo con un’immagine che trasmette bene quello che sento: spero che presto ogni parrocchia possa suonare le campane del proprio campanile, armonizzandole con quelle del campanile vicino, per fare insieme una melodia che renda gloria al Dio dei secoli e della storia».


Omelia del Vescovo e replica della S.Messa di Ingresso

» Omelia del Vescovo Andrea nella S.Messa di insediamento