Omelia del Giorno di Pasqua

San Miniato, Cattedrale ore 11
09-04-2023

 

«Il crocifisso è risorto!» (Ant. alla Com.) Questo annuncio illumina la mattina di Pasqua, illumina questo giorno, il nostro presente.

Mentre tutti cercano di evitare, di esorcizzare il dolore e la morte in una ricerca dello “star bene”, che inevitabilmente, essendo irreale, diventa indifferenza al dolore degli altri, l’annuncio pasquale percorre un’altra via: non quella di far finta che la croce non ci sia, ma quella del vincere il male, del dare senso al dolore dal di dentro. Lui si è lasciato schiacciare dalla morte, sembra sconfitto, e ora lo vediamo vincitore: «Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa» (Sequenza di Pasqua).

Il suo trionfo annuncia al mondo che la pietra tombale del timore e del nulla, la pietra sepolcrale dell’egoismo e dell’apparenza, la pietra del nostro peccato che ci consuma da dentro e ci rende inconsistenti, è stata ribaltata. La pietra che tappava la vita non c’è più, si può dire che diventa un’altra pietra, una pietra che non schiaccia ma che diventa base per la costruzione di un altro mondo in questo mondo rotto. «La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo» (Sal 117).

Chi è scartato, umiliato, schiavizzato dalla mentalità di morte che sempre riaffiora nella nostra società e in noi, viene liberato, risorge, vive e quello che sembrava correre verso il nulla, diventa corsa verso la pienezza della gioia. Come la corsa di Pietro e Giovanni, carichi di dolore ma ora anche di speranza, in quel radioso mattino di Pasqua. «Correvano insieme tutti e due» (Gv 20, 4). Tutto rivive, come all’alba quando, dall’indistinto buio della notte, si cominciano a vedere le sagome delle piante e delle colline e poi si allarga l’orizzonte e ogni cosa prende via via più chiara il suo posto nel mondo, tutte le cose, i frammenti, di cui è fatta la nostra giornata, assumono il loro vero valore, e diventano cose del cielo, cose di lassù: «Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio» (Col 3, 1).

San Paolo non ci invita a fuggire dal mondo per guardare a un cielo “spirituale”, ma a riconoscere il destino di tutto, che è la resurrezione. Per questo se «Cristo, mia speranza, è risorto» (Sequenza di Pasqua), la commozione per un amore così grande – in questi giorni abbiamo meditato sulla passione di Gesù per noi, che ne è il segno impressionante – diventa desiderio di essere anche noi pietre vive della costruzione del Regno di Dio, nell’accoglienza, nel dono di noi stessi, nella decisione di non anteporre più nulla all’amore di Gesù.

«E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme» (At 10, 39). Siamo noi oggi i testimoni della risurrezione: se non voltiamo lo sguardo da un’altra parte, se ci lasciamo trasformare e rinnovare da Cristo nei sacramenti, nella fedeltà alla Chiesa e chiediamo il suo Spirito ogni giorno, per donare di più noi stessi, la risurrezione diventerà esperienza quotidiana.

La mattina di Pasqua, piena della luce della resurrezione è l’alba – mai vinta – di una promessa di vita. Lasciamoci cambiare da quest’annuncio e anche noi, come Giovanni, chiediamo il dono della fede davanti ai segni della sua vittoria: «vide e credette» (Gv 20, 8). Crediamo in te, Gesù risorto. Maria Santissima, testimone della Risurrezione di tuo Figlio, prega per noi.