Omelia per il 30° anniversario della morte di don Tonino Bello

Ponsacco, chiesa parrocchiale
20-04-2023

 

«Il Signore è vicino a chi ha il cuore spezzato»

Questa frase del salmo 33 che abbiamo ascoltato, ci introduce a un aspetto fondamentale della persona e dell’opera di don Tonino Bello. Non si potrebbe comprendere la radicalità delle sue scelte per la pace, per i poveri, per la costruzione della comunità nella Chiesa, nella società, senza riconoscere la sua passione, il suo struggimento perché tutti conoscano Cristo, cioè perché tutti conoscano l’amore del Padre. Il Papa Francesco, nell’omelia che pronuncio tre anni fa a Molfetta, indicando don Tonino come un testimone che interpella la nostra coscienza e quella di tutta la Chiesa, citava una frase, che riporto: «Non bastano le opere di carità, se manca la carità delle opere. Se manca l’amore da cui partono le opere, se manca la sorgente, se manca il punto di partenza che è l’Eucaristia, ogni impegno pastorale risulta solo una girandola di cose» (Tonino Bello, «Configurati a Cristo capo e sacerdote», in: Cirenei della gioia, 2004, 54-55).

Questo amore è la sorgente e, se manca, non si può sostituire con l’attivismo, ma l’amore vero non può che generare il desiderio di spendere tutta la vita nell’annuncio di Cristo, nella sua testimonianza, che come diceva spesso don Tonino, non vuol dire un annuncio solo fatto di parole, ma anzi proprio la testimonianza di una vita spesa per gli altri, servendo gli altri, servendo i più poveri, servendo coloro che tutti rifiutano.

Questo amore costa, come costava agli apostoli, come costava ai martiri della prima comunità cristiana. Così costa oggi ad ognuno di noi, se non lo rendiamo solo uno slogan. Potremmo affermare parole cristiane, ma in fondo cercare il consenso della società, sperare di sentirsi apprezzati, rimanendo comunque in una bolla di comodità, senza metterci in gioco. Pensiamo invece a Pietro e agli altri apostoli, che davanti al Sinedrio, che avrebbe potuto ucciderli, al potere che poi di fatto li uccise tutti, rispondevano con libertà: «Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini».

Bisogna andare, bisogna fare, ma ciò che ci determina e che ci rende lieti, non è il fare, ma questo Amore, che ora celebriamo e riceviamo nell’Eucaristia, che ci rende una cosa sola con Gesù.  Chiediamo allo Spirito di donarci lo sguardo di Gesù, il pensiero di Gesù, l’amore di Gesù, che sono lo sguardo, il pensiero, l’amore che troviamo in don Tonino. Se volessimo spiegare il fascino di quest’uomo, di questo sacerdote, di questo Vescovo, senza riconoscerlo come segno tra noi oggi della presenza di Cristo che si fa carne in chi lo accoglie, in chi mangia il suo corpo e soprattutto si lascia mangiare dal suo amore per gli uomini, apre a lui suo cuore, rimarremo solo sulla soglia della sua vera personalità.

Concludo con alcune parole del Papa nell’omelia di tre anni fa: «(Il Signore) anche a ciascuno di noi dice: “Va’, non rimanere chiuso nei tuoi spazi rassicuranti, rischia!”. “Rischia!”. La vita cristiana va investita per Gesù e spesa per gli altri. Dopo aver incontrato il Risorto non si può attendere, non si può rimandare; bisogna andare, uscire, nonostante tutti i problemi e le incertezze. (…) Siamo chiamati tutti, in qualsiasi situazione ci troviamo, a essere portatori di speranza pasquale, “cirenei della gioia”, come diceva don Tonino; servitori del mondo, ma da risorti, non da impiegati. Senza mai contristarci, senza mai rassegnarci. È bello essere “corrieri di speranza”, distributori semplici e gioiosi dell’alleluia pasquale.»

«Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita».

Che don Tonino sia per ognuno di noi luminoso segno di questa chiamata, invito continuo a credere nel Figlio, a dire il nostro sì al grande compito che il Signore risorto ci affida. Obbediamo con la vita intera a questa chiamata, per vedere realizzarsi la pienezza la vita, per veder fiorire la pace, che solo Lui può generare, ma che fa crescere nel mondo attraverso il dono libero di noi stessi, qui e ora.

 

 

+ Giovanni Paccosi