Omelia per il Giubileo dei Ragazzi, Ministranti e famiglie

San Miniato, Cattedrale ore 17.30
14-10-2023

 

(Is 25, 6-10; Sal 22; Fil 4, 12-14.19-20; Mt 22,1-14.)

Abbiamo ascoltato una «parabola» di Gesù, ossia uno di quei racconti che Gesù inventava quando voleva far capire qualcosa e lo diceva come immagine. Infatti di che cosa stava parlando Gesù? Ci avete fatto caso? All’inizio dice: “Il regno dei cieli è simile a…” e poi racconta la storia. Quindi Lui vuol far capire che cos’è il Regno dei cieli. Che cos’è il Regno dei cieli?! Non è un posto o un regno sulle nuvole, dove ci sono i castelli fatti di vapore. Il Regno dei cieli vuol dire: Gesù che regna nel cuore di chi lo accoglie.

E per spiegarlo dice: il Regno dei cieli è come una festa, una grande festa. Un grande banchetto, che un re ha fatto per le nozze del suo figlio. Una festa straordinaria. Il re ha invitato – dice Gesù – tante persone. Quando è tutto pronto, manda a chiamare queste persone; e cosa fanno queste persone? Come rispondono? Ditelo voi… Vanno o non vanno? -“Non ci vanno!” (risposta dei bambini). Non ci vanno. Però non è solo una noncuranza, è anche un po’ un’offesa verso di lui che li aveva invitati. Immaginatevi voi che fate la festa del vostro compleanno… vi è mai capitato di farla, invitando tutti i vostri amici? Immaginatevi che tutti i vostri amici vi dicano: “No, no, io non ci vengo…”. E alla fine non ci viene nessuno, come ci rimanete? -“Male!” (risposta dei bambini) Eh, ci credo! E anche le mamme ci rimangono male, che hanno preparato tutte le cose buone. E poi, appunto, non è solo che uno ci rimane male perché non c’è nessuno, ma perché vuol dire che quelle persone non gli vogliono bene.

Dio è come questo re che ha fatto un banchetto e ha invitato tante persone e queste persone che eran quelle privilegiate, invitate da lui, hanno detto di no, se ne sono andate. Addirittura – racconta Gesù – hanno ammazzato gli inviati che erano andati a insistere perché andassero alle nozze. Allora cosa fa questo re nel racconto di Gesù? Dice ai servi di andare… dove? -“A uccidere gli assassini!” (risposta dei bambini). Prima a uccidere gli assassini, avete ragione; ma contemporaneamente li manda anche a fare un’altra cosa… a invitare chi? Tutti quelli che trovano per la strada: cattivi e buoni, dice. E li portano tutti alla festa di nozze del re. Allora… si capisce cosa vuol dire questo, no? Siamo anche noi protagonisti di questa parabola… Noi chi siamo? I primi che hanno detto di no o i secondi che sono stati chiamati – buoni e cattivi – e che siamo entrati tutti alla festa di nozze. – “I secondi!”  (risposta dei bambini). Si spera, eh… Tutti siamo… cattivi e buoni… Voi fra chi vi mettete, fra i buoni o fra i cattivi? – “Fra i buoni” (risposta dei bambini). Male! Io mi metto fra i cattivi. Perché io non me lo merito mica di essere invitato all’amicizia con Gesù. Non è mica una cosa che uno se la merita, perché è buono. È pura grazia. È proprio un dono. Quelli che se lo meritavano non sono andati, e ora ci siamo noi che siamo un po’ buoni e un po’ cattivi. Più cattivi che buoni. Non cattivi nel senso che ammazziamo qualcuno… sapete dov’è la nostra cattiveria quotidiana? Nel non ricordare che appunto noi siamo amati dal Signore che ci ha invitati al suo banchetto. Che ci vuole dare la gioia della sua presenza, della sua amicizia.

Allora, Lui ci invita tutti, però come avete sentito c’è un finalino in questo racconto di Gesù che lascia un po’… un po’ strano. Dice che il re comincia a percorrere questo salone immenso dove ci sono tutti quelli che ha invitato, buoni e cattivi. E tutti nelle feste che facevano al tempo di Gesù, quando uno arrivava all’ingresso, gli lavavano le mani e gli mettevano una specie di mantellina bianca, che era l’abito della festa. E il re vede che c’è uno che non ce l’ha il vestito bianco della festa. Allora gli dice: “E te come mai sei qui senza il vestito bianco?”. E questo cosa risponde? Nulla! Sta lì… non sa cosa dire. Se gli avesse detto “perché m’è caduto”, “perché me ne sono dimenticato”, sicuramente il Signore, se rappresenta Dio, gli avrebbe dato un altro vestito. Ma invece non risponde nulla. Cioè è come i primi, un’altra volta, è lì ma non gliene importa nulla. E allora lo manda via. Questo Gesù l’ha detto sicuramente per rincarare la dose: ci accorgiamo che tutto è un regalo?

Noi siamo questi chiamati da Gesù a stare nella sua casa. La sua casa sapete che cos’è? Dov’è la casa di Gesù? – “È la Chiesa” (risposta dei bambini). Ma la chiesa fatta con le colonne, i muri…? La Chiesa – voi sicuramente lo sapete – siamo noi, la comunità. La casa di Gesù è la nostra comunità. Questa comunità, noi che oggi ci ritroviamo qui da tante parrocchie. Da tutte le parti della nostra diocesi. C’è chi viene da Lari, chi viene da Larciano, chi viene da Selvatelle, chi viene da Santa Croce sull’Arno… Voi da dove venite? -“Staffoli… Cenaia… Cerretti… Galleno… ” (risposte dei bambini). Veniamo da tutte le parti, ma siamo una unica comunità. Infatti avete visto come è stato bello giocare insieme? Come è stato bello per gli adulti, trovarsi ad ascoltare quelle belle musiche e quelle belle testimonianze. Siamo la comunità di Gesù, anzi siamo noi il banchetto che Lui ha preparato. E dobbiamo starci dentro la Chiesa, non per rifugiarsi, ma per ricaricare la nostra vita, in modo che nelle cose quotidiane, nella vita a volte faticosa delle nostre famiglie, nelle circostanze non sempre facili che dobbiamo affrontare, possiamo sempre riprendere coscienza che siamo voluti bene e questa è la cosa principale.

San Paolo ai Filippesi, cioè ai cristiani della città di Filippi dice: “Io so vivere nella povertà, come so vivere nell’abbondanza. Sono allenato a tutto. Alla sazietà e alla fame, all’abbondanza e all’indigenza” E poi dice il perché: “Tutto posso in Colui che mi da forza”. Che bellezza! Non abbiamo paura di nulla.

Ecco, quello che oggi celebriamo è proprio il fatto che noi come famiglie, ragazzi, voi che fate i ministranti alla Messa, siamo tutti privilegiati dal Signore, amati da lui. E se ce ne accorgiamo, questo ci rende capaci di affrontare ogni circostanza, l’abbondanza e la povertà, le difficoltà e i momenti belli e spensierati. Tutto con la gratitudine verso Colui che ci chiama alla sua festa. Quello che stiamo celebrando è – in modo sacramentale, quindi in modo solenne – la gioia di essere chiamati, voluti, amati e inviati nel mondo per dire a tutti che il Signore ci chiama al suo banchetto e che con Lui possiamo affrontare qualunque circostanza, con la gioia nel cuore.

  

+ Giovanni Paccosi