Omelia della Veglia di Pentecoste e Giubileo Aggregazioni Laicali

San Miniato, Cattedrale ore 21.30
27-05-2023

Letture:

Gn 11,1-9; Sal 32;

Ez 37, 1-14; Sal 50;

Gl 3, 1-5; Sal 103;

Rm 8, 22-27;

Gv 7, 37-39

 

Lo Spirito è vento che non si può imbrigliare, fuoco che illumina e purifica, acqua feconda che dà vita a chi è arido, assetato.

Nello Spirito è vinta Babele. L’umanità unita della narrazione della Genesi voleva prendere il posto di Dio, il cielo, ma l’unità prodotta dal progetto umano è uniformità, in cui tutti pensano e parlano uguale, in cui si perde la persona singola, la sua originalità irriducibile. Sembra qualcosa che conosciamo oggi, nella crescente omologazione di ideologie che mettono tutto sullo stesso piano. Mentre apparentemente esaltano le differenze, le rendono solo sfumature di un grigio triste. Se nulla è vero e l’unico criterio è ciò che ognuno sceglie, tutto è solo apparenza, galleggiante sul vuoto del nulla.

Invece lo Spirito unisce nell’armonia dei prati di maggio, in cui nessun filo d’erba, nessun fiore, è uguale all’altro. Lo Spirito d’amore genera l’armonia, rende una cosa sola, perché fa scoprire che tutto è uno in Cristo. Così nella Pentecoste ognuno ascolta gli apostoli parlare nella propria lingua, ognuno è valorizzato nella sua diversità, come stasera, qui in cattedrale: siamo tutti una cosa sola nella varietà dei carismi e delle storie con cui Cristo ha conquistato la nostra vita. Questa è l’unità della Chiesa, festa di colori e differenze unite nell’Amore, che ha il volto del Figlio Gesù, una fonte, il Padre, un’energia infinita, lo Spirito di vita. Celebriamo oggi insieme il Giubileo della nostra diocesi, questi quattrocento anni, in cui lo Spirito ha rinnovato continuamente il dono di carismi nella nostra piccolezza umana, rendendo viva e nuova la Chiesa di San Miniato.

Questo è ciò che realizza lo Spirito che riceviamo, che abbiamo ricevuto nel Battesimo, che molti di noi stanotte riceveranno in pienezza nella Confermazione.

Un popolo di fratelli e sorelle, perché figli nel Figlio, che si abbevera e riceve l’acqua viva dello Spirito dalla sorgente inesauribile che è il Padre, un popolo che è ricreato sempre dalla sua azione e in cui oggi lo Spirito chiama noi, investe noi, per continuare a far frutto nel mondo.

«Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete». A volte ci sembra che la valle della nostra Chiesa sia coperta di ossa secche, e forse non dobbiamo aver timore di dire che lo è davvero, anzi che siamo noi queste ossa secche. Cosa fare se non chiedere, se non gridare allo Spirito?

Anche noi potremmo invece sognare la nostra torre di Babele: aver fiducia nei progetti più che nella preghiera, convincerci delle nostre previsioni, che siano ottimiste o pessimiste, facendo forza su di noi, come se non creature ma piccoli dei, orgogliosi o tristi, invece di affidarci nella preghiera alla creatività di Dio.

«Lo Spirito viene aiuto alla nostra debolezza». Non c’è situazione di morte, aridità, che lo Spirito – se lo invochiamo – non faccia tornare alla vita. «Mandi il tuo Spirito, sono creati e rinnovi la faccia della terra».  Se ci affidiamo a lui, cominciamo a vedere la vita che c’è, magari in forme nuove o diverse dalle nostre abitudini. Lo Spirito di Cristo ci è dato infatti perché vediamo la realtà attraverso gli occhi di Gesù, pensiamo con il suo intelletto divino, amiamo gli altri con il suo amore infinito.

Chiediamo stasera che lo Spirito di Gesù, Spirito di sapienza, d’intelletto, di consiglio, di fortezza, di scienza, di pietà e timore di Dio, apra i nostri occhi a vedere e seguire con fiducia il suo riaccadere tra noi.

Chiediamo che ci faccia diventare profeti, testimoni. Acqua, fuoco, vento, forza di vita, Spirito Santo, donaci un nuovo impeto di missione, perché tutti scoprano che solo in Cristo tutto trova senso e valore.

Stasera riaccada (e riaccade!) la Pentecoste tra noi.

Domani vedremo insieme le meraviglie dello Spirito.

 

 + Giovanni Paccosi