La “Serenissima tutrice”, è stata una figura di prim’ordine nella storia della diocesi di San Miniato. Vedova di Cosimo II, è grazie alla sua tenacia che i difficili negoziati tra il Granducato di Toscana e la Santa Sede vennero portati avanti fino all’elevazione, il 5 dicembre 1622, della città di San Miniato a sede episcopale.
Si è svolto sabato 12 giugno, nel pomeriggio, il convegno sulla figura di Maria Maddalena d’Austria organizzato dall’associazione Amici della Villa Medicea di Cerreto Guidi onlus con il patrocinio di Comune, Ministero dei Beni Culturali e diocesi di San Miniato. Nel suggestivo contesto dei giardini della Villa cerretese patrimonio Unesco, sono stati presentati gli esiti di una prima ricerca approfondita sulla figura di Maria Maddalena d’Austria, Granduchessa di Toscana come moglie di Cosimo II de Medici.
Il convegno voleva mettere in luce anche il ruolo della Granduchessa, tutrice del futuro Granduca Ferdinando, per l’istituzione della diocesi di San Miniato. Hanno preso la parola Giulia Coco, funzionario della Soprintendenza, Marco Tinghi, presidente della Onlus Amici della Villa Medicea, Alexander di Bartolo, bibliotecario del Seminario e il vescovo Andrea per i saluti conclusivi. Dopo il benvenuto da parte del Direttore Marco Mozzo, che ha sottolineato l’importanza di riprendere le attività culturali e di collaborare anche per l’importante giubileo diocesano, hanno avuto inizio gli interventi dei relatori.
La dott.ssa Coco ha presentato l’immagine della Granduchessa dal punto di vista artistico iconografico mostrando alcuni dei ritratti a lei dedicati, in particolare quello del Sustermans conservato a Poggio a Caiano, quello cerretese, per poi confrontarli con quello in deposito presso il l’episcopio sanminiatese. Sulla tavola sanminiatese, che presenta caratteri iconografici differenti rispetto agli altri ritratti conosciuti di Maria Maddalena, è stata confermata sostanzialmente l’attribuzione a Filippo Furini, pittore a cui avrebbe fatto ricorso spesso la nobile vedova austriaca. A conclusione del suo intervento, dopo aver tracciato un profilo biografico della Granduchessa, la relatrice ha ricordato l’importanza di poter confrontare dal vivo le due tavole – quella conservata in Villa con quella sanminiatese – per evidenziarne i diversi dettagli.
Il secondo relatore, Marco Tinghi, ha presentato invece uno studio sulla statua marmorea di Maria Maddalena, un tempo eretta sulla piazza del Seminario e poi abbattuta dalla furia giacobina. Ciò che resta della statua è stat collocato negli anni ‘50 del secolo scorso sul canto di Sant’Andrea, un’intersezione stradale in San Miniato alto. Come ha evidenziato Tinghi, l’operazione di ricollocamento in quel luogo va considerato come un procedimento artistico espressionista operato dal pittore Dilvo Lotti in occasione del restauro dell’edificio alle spalle della statua. Il relatore ha evidenziato la vicenda della distruzione della statua, del suo ritrovamento nelle campagne sanminiatesi, e della decisione di collocarla in un luogo che non la rende facilmente riconoscibile. D’altra parte non era intento del Lotti operare una ricostruzione del manufatto, che Alexander Di Bartolo ha invece proposto, quindi la collocazione risultò comunque adeguata alla conservazione. Tinghi ha mostrato disegni ricostruttivi del possibile originale e ha narrato la vicenda della decapitazione, mettendo in luce anche gli aspetti stilistici del grande marmo come la veste della Granduchessa e una possibile spilla.
Nell’ultimo intervento lo stesso Di Bartolo ha presentato una panoramica degli archivi a disposizione degli studiosi per l’importante Giubileo diocesano chiarendo come ci debba essere una collaborazione tra attori diversi: storici dell’arte, archeologici, architetti, storici e archivisti. I depositi documentali sono talmente numerosi che solo un lavoro di squadra può contribuire a far emergere gli aspetti salienti, e quelli nascosti, di questi quattro secoli di storia. Durante il suo intervento Di Bartolo ha presentato gli esiti di alcune ricerche che hanno consentito di individuare documenti inediti da Firenze a Roma, passando per molti archivi locali.
L’ultima parola è stata invece del vescovo Andrea che ha voluto sottolineare come l’evento del Giubileo debba essere l’occasione per riscoprirsi Chiesa universale. A parte gli studi e le ricerche la Diocesi e i suoi fedeli devono vivere questa ricorrenza per comprendere come il cristianesimo sia entrato nella storia, anche in quella che ci sembra piccola, locale, di una diocesi di modeste dimensioni ma che è in realtà storia della Chiesa tutta. L’augurio – ha detto il vescovo ricollegandosi al convegno – è quello di vedere la grande tela di Maria Maddalena restaurata, così che fedeli e appassionati possano godere di questa opera d’arte che accoglie i visitatori nella prima stanza dell’episcopio.