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Un testo di Rondoni per celebrare la Misericordia, che «è degli inquieti»

di don Francesco Ricciarelli

Gli spettatori sono stati accolti in una cattedrale semibuia. Sul presbiterio un maxi-schermo su cui scorrevano scatti fotografici della scultura lignea, proprietà della Misericordia di San Miniato, raffigurante la deposizione di Cristo dalla croce. In sottofondo, un brano di musica elettronica, riprodotto in loop, sottolineava l’attualità di quell’opera antica.

All’accensione delle luci, la storica dell’arte Sara Taglialagamba ha illustrato i particolari iconografici della scultura duecentesca, che originariamente comprendeva una o forse due figure in più, Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea, a sorreggere il corpo del Signore appena staccato dalla croce. Restano oggi le braccia allargate di Cristo, protese verso il basso, in un gesto di accoglienza dell’umanità sofferente, sotto lo sguardo pieno di compassione della Madonna e di san Giovanni.

Si è trattato, quindi, di un’introduzione eminentemente visiva per uno spettacolo che avrebbe potuto essere un radiodramma tanto era incentrato sulla parola e sulla voce degli attori. Il testo, «La Misericordia è degli inquieti», è una meditazione composta dal poeta Davide Rondoni su richiesta dell’Arciconfraternita della Misericordia di San Miniato, organizzatrice dell’evento. A interpretarlo sono stati chiamati David Riondino e Benedetta Giuntini, col commento musicale di Emiliano Benassai alla fisarmonica.

L’inquietudine dell’uomo di oggi, che non riesce più nemmeno ad articolare la parola “misericordia”, dà l’avvio a una ricerca delle testimonianze più vibranti di questa realtà divina, sublime e scandalosa, lungo le epoche: dal Salmo 50, il “Miserere” di David, re peccatore, al dantesco Bonconte da Montefeltro, che scampa in extremis all’inferno grazie a una “lagrimetta” e all’invocazione del nome di Maria, dagli intensi versi di Piero Bigongiari alle altrettanto intense e musicali terzine di Davide Rondoni, che trasfigurano un passaggio al Pronto Soccorso in una metafora del bisogno umano di salvezza, fino alla lirica di Dylan Thomas, poeta “ubriacone”, che annuncia un mondo in cui finalmente «la morte non avrà più dominio». Infatti la Misericordia alla fine trionfa, il suo nome è scandito all’unisono da Benedetta Giuntini, che è stata brava nel rendere il tormento e l’afasia dell’anima moderna, e David Riondino, che ha rivestito i panni dello scettico, apparentemente disilluso ma sensibile al mistero.

Attento alle sfumature, anche a quelle di colore, che lo hanno portato, a fine serata, a sottolineare il suo apprezzamento per il ciano delle divise della Misericordia, David Riondino ha rivelato un’insospettata consonanza con Davide Rondoni. Ha dato voce al “bastardo”, un epiteto che ha fatto più volte trasalire il pubblico in cattedrale. Ma il “bastardo” rondoniano non è che l’uomo normale e autentico, consapevole dei propri limiti e del proprio peccato eppure costantemente alla ricerca di «una verità».

Approfondimento su Toscana Oggi, pagina 17 del dorso regionale