Nell’editoriale di prima pagina pubblicato la settimana scorsa, ricordavamo come il trascorrere del tempo ci sta rapidamente avvicinando a celebrare quel «kairós» rappresentato dal Giubileo della nostra diocesi, a quattrocento anni dalla sua istituzione (5 dicembre 1622).
Oggi viene ufficialmente presentato da queste colonne il logo che il pittore Luca Macchi ha effigiato per questo evento. Logo che ci accompagnerà fino alla festa di Cristo Re del 26 novembre 2023. Come suggerivamo la settimana scorsa, questo cammino di avvicinamento al 2022 rappresenta un’occasione propizia per riflettere sulla ricchezza di storia e spiritualità che la Chiesa di San Miniato ha espresso in questi quattro secoli. Proviamo allora farne un rapido excursus, senza pretese di esaustività e con la chiara consapevolezza che occorrerà tornare a parlarne, qui come in altre sedi.
Il Seicento rappresenta il momento di nascita della diocesi, proprio a partire dalla Bolla di Istituzione di Gregorio XV, che descrive la bellezza e l’amenità di questo piccolo borgo del Valdarno. Al momento della sua gemmazione sussisteva nel territorio di pertinenza della neo-diocesi un Capitolo con dieci canonicati, circa sessanta sacerdoti, oltre quaranta dottori utriusque iuris, filosofi, logici, teologi, insegnanti stipendiati dal pubblico erario per l’educazione del popolo e anche una guarnigione militare. C’era – tra l’altro – l’Episcopessa di Fucecchio (cioè la Badessa delle Clarisse di Gattaiola, che usava il Pastorale e la mitria e autorizzava l’assoluzione dei casi riservati e altre faccende in genere legate all’autorità vescovile), che la formazione della diocesi fece decadere.
Il Settecento è legato alla memoria di un vescovo come Giovanni Francesco Maria Poggi, che realizzò grandi cambiamenti urbanistici sul nucleo stesso della città, operando anche in altri luoghi della diocesi. In particolare fu il Poggi a realizzare il Seminario, sul tracciato delle mura della cittadella imperiale, e tutta una serie di altri edifici e decorazioni degli stessi (grazie al pittore Anton Domenico Bamberini e alla sua scuola, e all’architetto fiorentino Antonio Maria Ferri, oggi quasi sconosciuto, ma decisivo per la riqualificazione scenografico-urbanistica di San Miniato). La santità di un Teofilo da Corte, frate francescano, fondatore del convento La Vergine di Fucecchio, rifulse nel secolo dei Lumi. In campo letterario si distinse il pievano di Marti Ranieri Gorini, membro dell’accademia dell’Arcadia di Roma e coltissimo poeta.
Per l’Ottocento non si possono non ricordare i sacerdoti scrittori Giuseppe Conti e Pietro Bagnoli (accademico della Crusca e professore di lingua greca e latina all’Università di Pisa), l’eminente chimico Gioacchino Taddei e monsignor Torello Pierazzi, vescovo, fondatore della Cassa di Risparmio di San Miniato e promotore di importanti istituzioni culturali della città. Un posto di rilievo è occupato dal beato Pio Alberto del Corona, un vescovo, un mistico, che tra ‘800 e ‘900 ha lasciato un’eredità di fede che ancora brilla. Per una fama che va molto al di là della diocesi, non si può non citare Giovan Battista Landeschi, parroco di Sant’Angelo a Montorzo, inventore del sistema degli orti terrazzati, applicato e studiato ancora oggi a livello europeo o lo zio canonico di Napoleone, Jacopo Buonaparte, nella cui casa il futuro imperatore passò una notte e vi tenne consiglio di guerra.
Dell’Ottocento tocca parlarne anche per la soppressione di cui, in vari momenti, furono vittime le varie istituzioni religiose presenti sul territorio, ma anche per la nascita di un’associazionismo cattolico che avrebbe avuto sviluppo soprattutto all’inizio del secolo successivo, grazie ad una serie di figure di donne laiche, che dovranno essere studiate e ampiamente ricordate: Luigia Pini, Ippolita Gargini Briccola (figliastra di Augusto Conti, terziario francescano e filosofo cattolico di grande valore) e tante altre, legate alla fondazione di case di cura e di riposo per anziani, di associazioni di soccorso e di misericordia, sia a San Miniato che altrove.
A cavallo tra otto e novecento, don Oreste Nuti si distinse come giornalista caustico e sagace, fondatore della controversa rivista «La penna azzurra».
È arduo parlare dei personaggi salienti del Novecento, troppo vicini a noi e pertanto non ancora passati dal vaglio del tempo. Crediamo però di non sbagliare a rammentare tra le figure di primo piano del secolo scorso don Divo Barsotti, mistico d’importanza capitale nella Chiesa post conciliare, che nonostante abbia operato prevalentemente in diocesi di Firenze rimase sempre legatissimo alla sua Palaia. Per don Barsotti lo scorso anno è stato avviato il processo di beatificazione. Ci viene in mente poi don Angelo Vivian, ebraista di fama internazionale, poliglotta, docente di filologia biblica all’Università di Colonia, con al suo attivo un numero importante di pubblicazioni scientifiche. Fu parroco a San Lorenzo a Nocicchio, stroncato a soli 48 anni da un infarto nel 1991, fu tra i fondatori nel 1982 della Scuola diocesana di formazione teologica. Giancarlo Ruggini, tra i fondatori dell’Istituto del Dramma Popolare, creato con l’intento di ricostruire le coscienze degli uomini lacerate e divise dalla guerra, ne fu direttore per ben venticinque anni, portando il teatro dello spirito a livelli eccelsi, ma soprattutto regalando un prestigio culturale a San Miniato di cui ancora la città della Rocca oggi gode. Don Luciano Marrucci, poeta, editore e drammaturgo dalla sensibilità spiccatissima, i cui componimenti entrarono nell’Antologia dello Specchio e furono pubblicati in collane prestigiose; don Nello Micheletti, giornalista di razza, fondatore 84 anni fa del nostro settimanale, dalle cui colonne seppe esprimersi con coraggio raro e temerario contro il fascismo allora trionfante e le sue leggi razziali; monsignor Cosimo Balducci, importante compositore e direttore di corali, che ha lasciato una notevole produzione musicale che sarebbe bello valorizzare con l’occasione del Giubileo; il canonico Francesco Maria Galli Angelini, figura centrale nella San Miniato tra le due guerre, esperto d’arte e consulente della Soprintendenza ai beni storico artistici; il canonico Lelio Mannari, studioso di grande spessore, cultore di storia della diocesi, uomo sagace dotato di un umorismo intelligente e fulminante; don Angelo Ciardi, prete vicino ai ragazzi e ai giovani, fondatore della casa dell’Adolescente di Gavinana, e don Aladino Cheti, promotore e fondatore di Stella Maris un’opera che costituisce ancora un fiore all’occhiello della nostra diocesi. Poi padre Bellarmino Bagatti, nato a Lari, anche se vissuto soprattutto a Gerusalemme, archeologo di fama mondiale citato e venerato come un maestro dai “patriarchi” dell’archeologia biblica contemporanea. Tra i religiosi citiamo infine anche una monaca: suor Rita Montella agostiniana, del convento di Santa Cristiana a Santa Croce, scomparsa nel 1992, la cui straordinaria vicenda biografica e mistica è narrata in un bel libro della storica Cristina Siccardi.
Un “capitolo” speciale va poi dedicato ai vescovi originari del nostro territorio, che la Chiesa sanminiatese ha donato ad altre diocesi. Nel ‘700 ricordiamo il fucecchiese Piero Maria Vannucci, vescovo di Massa Marittima. Nell’800, oltre al già citato Torello Pierazzi, troviamo i sanminiatesi Pier Francesco Morali, arcivescovo di Firenze e Francesco Alli Maccarani, vescovo di San Miniato, e ancora Giulio Matteoli, di Castelfranco di Sotto, che è stato vescovo di Sovana-Pitigliano, poi di Pescia e infine di Livorno. Gioacchino Salvetti, originario di Bagni di Casciana, fu missionario francescano in Cina e divenne vicario apostolico di Shangai. Nel ‘900, Sabatino Giani di Ponte a Cappiano fu vescovo di Livorno, Gustavo Matteoni, di S. Maria della Querce, vescovo di Grosseto, poi di Sovana-Pitigliano e infine di Siena e Faustino Baldini, di Ponsacco, vescovo di Massa Marittima. Alla stessa sede episcopale è stato nominato, dieci anni fa, Carlo Ciattini di Cerreto Guidi.
Abbiamo parlato soprattutto di religiosi, ma un certo spazio dovrà essere riservato anche ai laici artisti che hanno dato prove importanti nelle chiese del nostro territorio, tra i quali ricordiamo almeno Dilvo Lotti, Antonio Luigi Gajoni, Amalia Ciardi Dupré e Giuseppe Fontanelli detto Bissietta. Per concludere vogliamo menzionare ancora due laici, Alberto Giani e Carlo Andreini, scomparsi prematuramente, rispettivamente nel 2007 e nel 2009; due cristiani a visiera alzata senza complessi d’inferiorità rispetto al mondo, che hanno ingaggiato tutta intera la loro vita alla sequela del vangelo, lasciando una traccia indelebile nella memoria di chi li ha conosciuti.