L'intervento del Vescovo Giovanni al termine dell'Ordinazione

«Spero di non essere troppo indegno nel compito che il Papa mi affida»

+ Giovanni Paccosi

Ecco il testo integrale dei ringraziamenti finali, che monsignor Giovanni Paccosi ha letto al termine della celebrazione.

 

«Dio mi ha chiamato dal nulla. Fra miliardi di esseri possibili, Egli ha scelto e ha chiamato me. La mia vita è costituita da quella chiamata. La mia vita continua perché Egli continua a chiamarmi, impedendomi di ricadere nel silenzio del nulla da cui fui tratto. La mia vita è una Voce che mi chiama, la Voce potente di Colui cui ogni cosa è debitrice di tutto quanto è; la mia vita è risposta a quella Voce che chiama». (Luigi Giussani, Porta la speranza).

A sedici anni le parole di don Giussani furono le prime a chiarire il groviglio dei desideri, dei rimpianti, delle attese con cui guardavo la mia vita di adolescente. Rispondere all’Amore infinito che mi trae dal nulla, istante per istante. Questa è la vita. E da allora (son passati 47 anni…) la battaglia, il dramma, è essere fedele a questa scoperta, per cercare di rispondere alla Sua presenza, che ogni volta sorprende, come mi sorprende ora, con questa nuova chiamata. È la gratitudine che prevale in me per la misericordia con cui Dio mi guarda, Lui che conosce tutta la mia miseria e nonostante questo mi vuol bene. Di questo amore sono segno nella mia vita un numero enorme di testimoni e amici, che non posso enumerare senza dimenticarne alcuni.

Ringrazio tutti voi presenti, confratelli vescovi, preti, diaconi, autorità civili e militari, e tutti voi amici e familiari che siete qui. Più in dettaglio ringrazio i miei genitori, e poi tutta la famiglia che da loro è nata e che mi è testimone della fede, nei miei fratelli, cognati, nipoti. Poi quegli amici che – da quei sedici anni – hanno condiviso con me l’avventura della fede, e di loro cito sono Andrea Bellandi, che mi è compagno perfino nella chiamata a essere vescovo e Paolo Bargigia, che essendo stato sempre più furbo di noi, è già in cielo. Ringrazio i Papi che ho conosciuto e amato molto, e ora papa Francesco, che mi è ogni giorno esempio di radicalità nel seguire Gesù.

Ringrazio i Vescovi: tutti voi che mi avete imposto le mani, e con cui si è stabilito un legame speciale per sempre. Poi ricordo in particolare il cardinale Benelli, di cui non smetterei di parlare e perciò non inizio nemmeno, il cardinal Piovanelli, che mi ha ordinato e anche mandato in missione. Don Gualtiero, cioè il cardinal Bassetti, che non è mai stato mio vescovo, ma è stato per noi e per me un padre e lo è ancora. Il cardinale Antonelli, anche lui qui presente, mi tenne vicino come padre anche se io ero, per tutto il tempo del suo episcopato, in Perù, dove volle visitarmi e mi donò la compagnia di don Paolo. Del cardinale Betori, il mio don Giuseppe, non dirò nulla, basta quello che egli ha detto nell’omelia, in cui ha descritto il pastore che ho visto in lui e mi ha chiamato amico. Che grazia averli avuti accanto! Mi hanno accompagnato nelle stagioni della mia giovinezza e del sacerdozio. Ho avuto davanti e ho conosciuto molti santi, tra i preti e tra i laici e alcuni sono in cammino verso gli altari: tra questi ricordo in primo luogo don Giussani: senza il suo carisma io e migliaia di giovani in tutto il mondo non avrebbero scoperto Gesù come presenza viva a cui dare tutto; Giorgio La Pira che mi conosceva per nome, don Divo Barsotti, che mi voleva un bene speciale e una volta (oggi lo posso anche raccontare) mi disse che un giorno sarei stato vescovo: speravo non fosse profeta… Enzo Piccinini, Andrea Aziani, e tanti altri che non cito, perché sono quei “santi della porta accanto”, che non andranno forse (alcuni forse sì) sugli altari, ma la cui santità mi è risultata evidente. Ma ne ricordo tre: una signora in carrozzina, che non poteva parlare e che visitavo a Scandicci nella prima parrocchia in cui fui viceparroco, e che, ne sono sicuro, vedeva la Madonna e offriva se stessa per la Chiesa. Una vecchietta inferma, allettata da anni, a Lima, che mi diceva che le giornate erano troppo corte, perché non le bastava il tempo per pregare per tutti. Infine, sempre a Lima, un’altra signora che viveva in una baracca di cartone, malata di tumore e che mi chiedeva se la sua preghiera era corretta. Pregava così: “Ti ringrazio Signore perché mi ami tanto, perché mi dai tutto, il sole, l’acqua, la vita”. Di nessuna delle tre ricordo il nome, ma il loro nome lo sa Gesù. Non voglio allungare troppo queste parole e dico solo che spero di non essere troppo indegno nel compito che il papa Francesco mi affida. Voglio già bene al popolo della diocesi di San Miniato che è così numeroso oggi qui e farò del mio meglio per accogliere, accompagnare e guidare la comunità diocesana e la gente di questa parte di Toscana, così bella e operosa. Ho avuto predecessori così bravi (don Fausto e don Andrea che sono qui) che mi trovo la strada spianata. Aiutatemi a seguire il cammino, perché tutti possano scoprire in Gesù la strada della vita, che come dicevo all’inizio, se si capisce che è vocazione, diventa una grande avventura.

Lasciatemi concludere con due parole che vorrei rivolgere ai tanti amici del Perù e di tante parti dell’America Latina che so che seguono questa celebrazione attraverso la rete. Queridos amigos, gracias! Su compañía en la fe, su testimonio lleno de alegría y de esperanza me ayudan día a día en vivir con la consciencia de que el don de Cristo es para todos y que el ímpetu para que todo el mundo lo encuentre vence distancias y diferencias. Caminamos juntos. Qué Dios les bendiga.

Che Dio vi benedica.