Cristiana uscirebbe dal tempo della celebrazione del centenario della diocesi di San Miniato, è infatti vissuta circa 400 anni prima, tra il 1237 e il 1310, sebbene il convento da lei fondato a Santa Croce sull’Arno sia tutt’ora aperto, con un culto ancora oggi vivissimo, non solo nella cittadina industriale del medio Valdarno, che la celebra ogni 4 di gennaio.
Ma parlare di Oringa dei Menabuoi – questo il suo vero nome – ci dà anche la possibilità di presentare alcuni libri scritti da una importante ricercatrice, la professoressa Francesca Allegri, che si occupa da sempre dell’universo femminile. La Allegri è stata presente di recente allo Spazio dell’Orcio di San Miniato e in molti hanno potuto apprezzare le sue doti di divulgatrice per ricerche totalmente laterali rispetto alla grande storia, quasi sempre limitata agli uomini. Dunque, libri intitolati “Voci dal silenzio” e “Fuori dall’ombra” (editi da Carmignani, Staffoli, 2019), ambedue su donne che sono state ‘all’ombra’ di uomini importanti, artisti, politici, scienziati e così via. Ma gli scritti della Allegri sono davvero interessanti anche per quanto riguarda le sante, le donne dello Spirito. Abbiamo potuto apprezzarne le molte novità, che danno il titolo anche ad uno dei suoi libri: “Sante prime donne libere. Scelte di vita oltre il loro tempo”, Carmignani, 2021. Quale è la tesi della Allegri? Che la vita claustrale, quella nei conventi, rappresentasse uno spazio di libertà per le donne, che potevano diventare addirittura artiste o fare comunque una professione altrimenti per loro assolutamente negata. Si pensi ad esempio a Giovanna d’Arco, non una suora, ma comunque una donna di fede. Al suo destino, ai fatti che la fecero diventare condottiero dell’esercito francese, ma anche condannare a morte. Quello spazio, che la piccola Jeanne riuscì a conquistarsi, era dovuto alle sue scelte religiose, alla visione, alle voci che sembrava sentire. Francesca Allegri ha appunto guardato alle figure di sante e comunque di donne spinte dalla fede, perché capaci di compiere imprese apparentemente impossibili, ad esempio i lunghi pellegrinaggi, verso Santiago di Compostela o verso Gerusalemme.
Oringa, la santa di cui vogliamo occuparci, partì in più occasioni verso queste mete, andando incontro a non pochi rischi, compresa la violenza, ma riuscì sempre ad accompagnarsi con altre donne, a salvarsi, protetta dalla Provvidenza. Si era spinta una prima volta verso Lucca, per vedere il Volto Santo, una meta antica e anche molto frequentata, essendo parte del pellegrinaggio lungo la via Francigena. Dopo aver attraversato levitando il torrente Usciana (o Gusciana come si chiamava allora), era andata verso i boschi di Poggio Adorno, spingendosi poi nelle foreste che circondavano Altopascio, un luogo da sempre poco salutare, anche perché pieno di briganti, poi all’Ospedale del Tau, che pullulava di pellegrini, attirati dalla fraternità offerta dai monaci. Da lì Cristiana continuò fino in Galizia, a Santiago di Compostela, e in un tempo successivo andando anche a Roma, poi al Santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano e forse anche in Palestina.
Come abbiamo detto, Cristiana non era sola, quasi certamente il suo carisma riusciva a conquistarle nuove proselite, che l’accompagnavano per questi straordinari pellegrinaggi, scriviamo straordinari non a caso, perché queste flussi di persone verso le mete storiche di tutta Europa, davano vita a nuove comunità, anche a nuove realtà: ponti, città, luoghi di accoglienza punteggiano oggi queste strade d’Europa. Questo anche nel nostro territorio, toccato da almeno due grandi collegamenti sia religiosi che commerciali, la Francigena, che portava verso la Francia e la Spagna, e la Romea che invece conduceva verso il Nord Europa e i paesi dell’Est. Ci sono a Fucecchio, Santa Croce, San Miniato, ecc. i segni di questi passaggi, ad esempio nella chiesa dei santi Jacopo e Lucia a San Miniato, c’è un bellissimo affresco che rappresenta il trasporto di San Giacomo dalla Palestina, verso la Galizia, dove diventerà il Santiago Matamoros che conosciamo. In questo dipinto, che si trova subito a destra, entrando in chiesa, oltre alla barca con il corpo del santo, c’è rappresentata una singolare immagine del mare, pieno di pesci, molti dei quali antropomorfi, con teste d’uomo, addirittura con folte barbe. Insomma, un’immagine dell’ignoto, rappresentata con notevole fantasia, la stessa che poteva certo spaventare, ma non far recedere i pellegrinaggi spinti da profonde motivazioni religiose, come appunto quelli di santa Cristiana. A quanto ha raccontato Francesca Allegri (in un altro dei suoi numerosi libri sulle donne, in questo caso pubblicato da Jaca Book nel 2012: “Donne e pellegrine. Dall’antichità al Medioevo”), Cristiana era in viaggio verso il sud Italia, insieme ad un gruppo di donne, quando alcuni uomini si aggregarono, dando false indicazioni che portarono le malcapitate in un luogo solitario, dove sarebbero state derubate e oltraggiate. Fu l’intervento di san Michele Arcangelo, verso il cui santuario le donne erano dirette, che le salvò, conducendole fino al luogo sacro, soltanto un po’ spaventate.
Nelle avventure successive – perché di avventure si trattava – Cristiana torna a Roma, dove vorrebbe concludere la propria esistenza. Troverà un impiego come serva, mestiere che aveva fatto anche in altri momenti, in una vita in fondo assai modesta. In questo periodo l’incontro con un fraticello, un certo Monaldo, le dà il via per un altro profondo mutamento. Il frate scopre in Oringa grandi doti spirituali, le fa cambiare nome (da ora in poi si chiamerà Cristiana), la fa assumere come dama di compagnia da una nobile signora, la quale asseconda la sua vocazione al pellegrinaggio: insieme partono verso Assisi, meta della vocazione francescana e pellegrinaggio sostitutivo del viaggio a Gerusalemme, giacché visitando la Porziuncola si potevano avere le stesse indulgenze che in Palestina.
Ad Assisi Cristiana ha una visione, un edificio che sarà un luogo di accoglienza per tante donne votate a Dio. Così rientrerà a Santa Croce, dov’era nata e da dove era fuggita, per scampare ai fratelli che l’avevano picchiata, cercando di costringerla a sposarsi. È lì che comincia la sua opera di proselitismo, fondando la sua comunità e dando vita al culto che la riguarda, ancora oggi molto sentito, soprattutto nella provincia lucchese, ma naturalmente anche nella Diocesi di San Miniato.