Riflessioni

Quel circolo virtuoso tra solidarietà e fede: l’esempio di Rut e Noemi

di Giulia Taddei

Nel libro di Rut è scritta una straordinaria storia di teologia dell’amicizia, un modello esemplare di solidarietà tra donne. Noemi, rimasta vedova e sola, rappresenta tutti gli sconfitti e gli sradicati della terra; Rut, sua nuora, fa una cosa sola: non l’abbandona e sceglie di partecipare al suo destino senza che le sia promesso niente in cambio. Una lezione di coraggio e di umiltà, una delle più alte testimonianze di fede dell’Antico Testamento.

 

Il libro di Rut, uno dei libri storici nella Bibbia, ha come protagoniste due figure femminili: Rut e Noemi, nuora e suocera. Noemi è un’ebrea di Betlemme, fuggita dal suo paese a causa di una grande carestia, con il marito e due figli. Si trasferiscono nella terra di Moab, dove i figli si sposano con due donne straniere, Rut e Orpa, ma la malattia stronca le vite di tutti gli uomini e Noemi resta con le due nuore. Finita la carestia, Noemi sente il richiamo della terra d’origine e invita le nuore a fare ritorno alle case paterne: Orpa ubbidisce, invece Rut decide di rimanere accanto alla suocera. Le due donne si stabiliscono in Betlemme e per Rut inizia una vita di sacrifici e duro lavoro come spigolatrice. Guidata e diretta dalla mano provvidenziale di Dio, Rut incontra Booz, uomo prestigioso e rispettato, si unisce a lui e nasce il figlio Obed, antenato di Davide e dunque di Gesù Cristo. Noemi aveva spinto Rut a sedurre Booz ma Rut, la straniera, cerca una relazione e saggiamente si lega a Booz nella consapevolezza e nel rispetto dei valori e da questa unione nasce il figlio che dà a Noemi la possibilità di fare da nutrice al bambino e di far dichiarare alle donne: «È nato un figlio a Noemi!».

La storia di Rut e Noemi racconta molte altre storie, oggi molto attuali e indubbiamente sotto i nostri occhi. Noemi rappresenta tutti gli sconfitti, tutti i senza fissa dimora, I tutti gli sradicati, tutti gli svuotati del mondo. È una donna in cammino che ha perso tutto, le proprie origini e i propri affetti, è arrabbiata e amareggiata dalle vicende che le hanno rovinato la vita. Rappresenta la faccia triste e sconvolta delle tante donne che bussano alle porte delle nostre chiese, delle mense, dei centri di accoglienza, delle associazioni di volontariato, che a noi possono sembrare scontrose e irriconoscenti, forse lo potranno anche essere, ma dietro a tali atteggiamenti c’è sempre un profondo dolore che a noi talvolta sfugge. Noemi, come certe persone che incontriamo sulle nostre strade, non ringrazia Rut, non ha una parola di affetto o riconoscenza, continua in silenzio il suo viaggio fino a Betlemme, dove al suo arrivo, esprime alle donne che le vanno incontro solo la sua amarezza. Non prende minimamente in considerazione la situazione di Rut, non la nomina neppure. Emerge forte la chiusura di questa donna che è svuotata, è morta. Non vede possibilità, non crede nella Risurrezione. Noemi fa una cosa sola: ritorna a casa. Obbedisce a un istinto, non lo fa per fede, lo fa solo per comodità, forse, o per senso di protezione. Ritorna alle origini, alla terra dell’alleanza e in quella terra troverà una nuova vita. Era partita insieme a suo marito e ai figli per cercare fortuna e ricchezza, torna sconfitta e a mani vuote. Ha toccato il fondo, ha toccato la morte, adesso può solo risalire, ritrovando la speranza. Con la figura di Noemi ci viene offerta una precisa considerazione sul valore provvidenziale della sofferenza, che spesso noi ignoriamo o allontaniamo per paura della prova.

La nostra società è colma di situazioni simili a quella di Noemi, in cui si assiste alla totale perdita di dignità o ancor più all’annullamento della vita stessa. In quei momenti l’uomo impreca contro la volontà di Dio che sente lontano e sordo, si ribella sotto il peso del dolore, ma se riesce ad afferrare il senso di tale prova, allora potrà lasciar spazio alla grazia e alla mano di Dio. È questa risalita, questo cammino verso l’ignoto in cui l’uomo si affida totalmente a Dio che apre le porte alla speranza, che fa trionfare l’amore di Dio verso il suo popolo; è sempre stato così, da Abramo in poi, solo la fiducia in Dio provoca vera gioia. Per Noemi questo ritorno è obbligato dalla povertà e dalla fine di ogni speranza, per Rut è una scelta. Ella rinunzia alla propria vita per abbracciare il disegno di Dio, e lo fa, attraverso l’alleanza con un’altra donna. La scelta di Rut è indubbiamente opera di Dio che sta intervenendo in lei, ma passa dall’amore per Noemi, dalla solidarietà per la suocera povera e sola. Rut accetta di partecipare al destino di Noemi, la segue senza che le sia promesso niente in cambio. Una lezione di coraggio e di umiltà, una delle più alte testimonianze di fede dell’Antico Testamento. Dal testo non possiamo attingere certezze sulla conversione di Rut alla religione giudaica, noi conosciamo solo la ferma decisione di Rut che da quel momento in poi, scegliendo Noemi, sceglierà il Dio di Israele, la persona di Noemi rappresenta per Rut la sua dimora interiore, legandosi a lei, legherà la sua vita all’alleanza con il Dio di Noemi. Questa teologia dell’amicizia, della prossimità, dell’incarnazione nella vita dell’altra è una vera, nuova opportunità di esperienza di Dio.

 

«Rut giura fedeltà a Noemi» – Jan Victors, 1653