Sabato 18 giugno si è svolto il pellegrinaggio diocesano al Volto Santo di Lucca: da Fucecchio a S.Croce, attraversando Galleno e i boschi delle Cerbaie. L’iniziativa rientrava nel programma di appuntamenti in vista del Giubileo della Diocesi, a 400 anni dalla sua fondazione.
«Nel cammino del pellegrino c’è sempre un po’ di “follia” che manifesta l’impossibile di Dio che entra nella vita…»; con queste parole l’arcivescovo di Lucca Paolo Giulietti ha suggellato, durante l’omelia della Messa a chiusura del pellegrinaggio diocesano al Volto Santo, l’esperienza che diversi fedeli della nostra diocesi hanno vissuto lo scorso sabato 18 giugno. In una giornata torrida… anzi: rovente, con il termometro che a più riprese sulle Cerbaie ha sfiorato i 38 gradi, i pellegrini della nostra diocesi, imitando gli antichi romei, si sono mossi sulle rotte della Francigena da Fucecchio a Santa Croce, fino a Galleno, valicando i boschi delle Cerbaie, per poi arrivare a Lucca. Il primo tratto dell’itinerario è stato effettuato interamente a piedi.
Questo appuntamento rientrava nelle iniziative programmate in vista del Giubileo diocesano, che si aprirà il prossimo 5 dicembre, a 400 anni esatti dalla fondazione della nostra diocesi. Un pellegrinaggio che ha rivestito, inoltre, un valore di alto significato simbolico per la Chiesa di San Miniato, nata per gemmazione, nel 1622, proprio dalla diocesi lucchese. Il cammino, guidato dal vescovo Andrea, aveva anche l’intento ideale di comporre un legame tra gli antichi e venerati crocifissi lignei della nostra diocesi: innanzitutto quello dell’abbazia di San Salvatore a Fucecchio e quello che si venera nella collegiata di San Lorenzo a Santa Croce, che ha diretta derivazione iconografica dal Volto Santo di Lucca. Ma potremmo ricordare anche il Ss. Crocifisso di Castelvecchio a San Miniato, e quelli di Cevoli e Casciana Terme, come anche monsignor Migliavacca ha tenuto a richiamare.
La giornata era iniziata presto, nell’abbazia di San Salvatore a Fucecchio, dove il professor Alberto Malvolti ha raccontato la storia del crocifisso miracoloso che lì è venerato. Poi una preghiera ha introdotto al primo tratto di cammino verso Santa Croce, fondata – lo ricordiamo – proprio dai lucchesi nel 1253. Il legame con Lucca di questa terra è dunque germinale ed è attestato anche dalla devozione alla copia duecentesca del Volto Santo conservata nella collegiata cittadina. Questo simulacro è quindi coevo alla fondazione del “castello “ di Santa Croce: Lucca, insomma, non solo determinò la fondazione del borgo ma ne suggerì anche l’affidamento alla sua icona più sacra: Il Volto santo appunto.
Il crocifisso di Santa Croce è stato illustrato ai pellegrini dal dottor Angelo Scaduto. C’è stato anche spazio per alcuni interventi istituzionali prima della ripartenza alla volta di Galleno, celebre mansio medievale sulla Francigena, dove i nostri viandanti sono giunti alle 15, trovando accoglienza e ristoro. Da qui, Lucca è stata poi raggiunta con un servizio di navetta.
A Lucca i nostri pellegrini hanno poi affrontato l’ultimo, simbolico, tratto di strada a piedi, dal santuario extra urbano di Santa Gemma fino al duomo di San Martino, dove ad attenderli c’era l’arcivescovo Giulietti che ha celebrato Messa insieme al vescovo Andrea e ai nostri sacerdoti diocesani. Nella sua omelia monsignor Giulietti ha raccordato il cammino dei pellegrini alla festa del Corpus Domini: «Gesù chiede di passare dal buon senso all’opera di Dio, passare cioè dalla logica di ciò che umanamente appare più praticabile, conveniente e sensato al riconoscimento che Dio può fare ciò che è impossibile agli uomini. […] Nell’Eucaristia che noi celebriamo ogni domenica, ciò che sembra impossibile diventa possibile […]. Quante volte i pellegrini raccontano di cose impossibili accadute loro. Io stesso sono stato testimone di alcuni episodi avvenuti al momento opportuno: circostanze in cui si manifestava un bisogno, e… qualcuno o qualcosa poi arrivava a risolvere quel bisogno… Se avete modo di leggere i diari dei pellegrini, scoprirete che il pellegrinaggio è costantemente un essere messi di fronte all’impossibile di Dio, alla sua Provvidenza che giunge a toccare i nostri bisogni, le nostre situazioni. E questa è la vita cristiana: vivere di “impossibile”, perché di “possibile” vivono già gli altri. Non c’è bisogno di essere cristiani per fare ragionamenti di buon senso. Essere cristiani significa scommettere sull’impossibile e ritrovarsi poi con qualche gerla sulle spalle, come gli apostoli dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci». «Quanti – ha poi concluso Giulietti – avranno pensato vedendovi camminare per strada: “Ma con queste temperature torride, e qualcuno di loro già in su con gli anni, ma non stavano meglio a casa?!…”. Evidentemente chi ragiona così, non farà mai un pellegrinaggio. Nel pellegrinaggio c’è sempre un po’ di follia che manifesta però qualcos’altro: manifesta l’impossibile di Dio che entra nella vita. E voi pellegrini da San Miniato, con questo cammino avete fatto anche voi il vostro personalissimo Corpus Domini: non il Corpo del Signore sacramentato, ma quello unito a Lui attraverso il battesimo, che si è mostrato sulle strade che avete percorso e ha mostrato non il Pane del cielo, ma qualche gerla di quelle che la frequentazione con il Signore lascia come traccia nella nostra vita e che, a volte, ha un po’ il sapore del folle impossibile».
La giornata di pellegrinaggio era stata organizzata da don Ernesto Testi e da don Donato Agostinelli. La Messa nella cattedrale lucchese è stata animata da una rappresentanza dei cori diocesani, guidata da Carlo Fermalvento e Stefano Boddi.