Ugo Giubbi nacque a Pracchia, località montana nel comune di Pistoia, l’11 febbraio 1886, compì gli studi nel seminario di Firenzuola e fu ordinato sacerdote il 6 settembre 1908. Insegnante, vice rettore e poi rettore dell’istituto in cui aveva studiato prima che fosse trasferito nel 1923 a Firenze alla guida della parrocchia di San Niccolò Oltrarno. La diocesi di Firenze in quegli anni aveva tre seminari pienamente funzionanti: quello di Firenzuola copriva tutta la fascia nord appenninica della diocesi e il rettore di quel seminario era senza dubbio uno dei sacerdoti più influenti verso i confratelli e senza dubbio un riferimento con la sua parola e la sua formazione. Il seminario si rivolgeva ai giovani chierici della montagna che a causa delle ristrettezze economiche non potevano recarsi per i loro studi a Firenze; ebbero così una scuola di formazione aperta anche a coloro che, a titolo personale, desideravano ricevere un’istruzione, elevando la cultura di un’intera comunità rurale.
Le esperienze di questo periodo vanno analizzate con attenzione, in attesa che altri documenti definiscano meglio il quadro. Ma a fare luce sull’opera di Giubbi in quel periodo è monsignor Angelo Livi, intervistato nel 2002. Disse: «Era il mio parroco quando il 22 ottobre entrai in seminario. Giubbi insieme a mons. Arturo Bonardi parroco a San Giovanni Maggiore, fu tra i fondatori delle Leghe Bianche del Mugello. Le leghe bianche erano il sindacato dei mezzadri che si scontrava con i proprietari terrieri. Per questa ragione lo Stato Italiano, nel 1928 fece di tutto per ritardare l’ingresso del vescovo Giubbi a San Miniato». La vita era senza dubbio molto triste, specie in montagna, come spiega bene Aldo Giovannini in «Cooperativa San Lorenzo: 95 anni ma non li dimostra» su “ok!Mugello”. «Davanti a una grande miseria, disoccupazione, ferite profonde per la morte di tanti soldati sul fronte della guerra, la grave epidemia della febbre spagnola che causò tante vittime e con le macerie del tremendo terremoto del 29 giugno 1919, un folto gruppo di cattolici del comune di Borgo, oltre cento, appartenente alle categorie dell’artigianato, dei coloni mezzadri, del piccolo commercio, dei liberi professionisti e di lavoratori dipendenti, residenti sia nel capoluogo mugellano che nelle frazioni di Luco di Mugello, Grezzano, San Giovanni Maggiore, Figliano e Panicaglia, fondarono la cooperativa di consumo denominata “La Popolare”». I parroci della montagna erano fortemente coinvolti per cercare di alleviare le esigenze primarie della popolazione, quelle di potersi sfamare e di avere una pur minima prospettiva sul futuro. Per questo la chiesa e i parroci furono in prima fila nella costituzione delle Leghe bianche nel Mugello. Cercare di migliorare la situazione dei mezzadri mettendosi in contrasto con i proprietari terrieri rispondeva dunque anche nella chiesa a una vera e propria priorità, in un contesto politico nazionale che vedeva la nascita nel 1919 del Partito Popolare fondato da don Luigi Sturzo e che si ispirava ai principi della Dottrina sociale della Chiesa.
La forza del fronte dei lavoratori cattolici in quegli anni fu costituita da una numerosa adesione del proletariato agricolo. Questo fece sì che il fronte dei lavoratori fosse diviso: da una parte, il mondo operaio nel Psi e nella Cgl e dall’altra il settore agricolo, dove forte era la presenza del Ppi. Le proteste dei contadini aderenti alle Leghe bianche aumentarono negli anni Venti, anche nel Mugello, fino ad arrivare a mettere in pratica la gestione dei fondi e l’occupazione delle fattorie col disconoscimento del contratto di mezzadria. Chi aderiva alle Leghe bianche issava una bandiera bianca sopra alla propria casa. Cosi fece anche il contadino Giovanni Sitrialli, che fu ucciso, il 10 dicembre 1920, con un colpo di pistola da una squadra fascista arrivata da Firenze, il primo omicidio squadrista in Toscana; il fatto sconvolse il Mugello e l’Italia. Monsignor Bonardi e monsignor Giubbi, per la loro attività a sostegno delle Leghe bianche, non furono certamente nelle grazie dei proprietari terrieri e del nascente fascismo. Anni dopo, come accennato da monsignor Livi, questo provocò l’opposizione dell’autorità politica che ritardò di sei mesi l’ingresso di monsignor Giubbi come vescovo nella nostra diocesi. «Tutto questo dopo l’estate del ‘44 fu dimenticato – nota ancora Livi – e fino ad ora a San Miniato di questo poco o niente si sapeva né era giunto fino ai nostri giorni».