Se una famiglia riapre le porte della canonica

Missionari a Km zero

di Donatella Daini

A Ghizzano di Peccioli, una famiglia che fa parte della Comunità Papa Giovanni XXIII vive in una canonica di un paesino Toscano che conta circa 300 abitanti. Perché si chiederanno i lettori? Per creare un ponte fra l’intera comunità e la Chiesa, essere di aiuto per tutti come un solo parroco, che può venire solo per celebrare la Messa, non sarebbe in grado di fare. Sono loro, Marzio e Daniela, i relatori della terz’ultima conferenza sulla famiglia svoltasi domenica scorsa nella chiesa parrocchiale di Casciana Terme, organizzata dalla Commissione per la famiglia dell’unità pastorale della cittadina termale e dalla diocesi di San Miniato.

Don Angelo Falchi ha fatto gli onori di casa e Federica Sgherri ha introdotto l’argomento. Daniela ha raccontato ad una platea incuriosita, che cosa offrono alla comunità: «Abbiamo deciso con il sacerdote di aprire le porte della canonica a tutti i bambini che lo desiderano e facciamo con loro doposcuola, attività creative, e la merenda. Noi non insegniamo catechismo, anche perché nel gruppo di circa 18-20 ragazzi, sono presenti alcuni bambini mussulmani, ma in accordo con i loro genitori, raccontiamo la favola di Pinocchio e finiamo per parlare di Gesù. Siamo stati contattati – ha continuato Daniela – dai servizi sociali che ci hanno chiesto di diventare genitori affidatari parttime di alcuni ragazzi con situazioni problematiche: 4 di loro arrivano all’ora di pranzo e se ne vanno la sera dopo cena, mentre gli altri vengono solo il pomeriggio. Abbiamo messo, per i genitori, un salvadanaio fuori in modo che ognuno, lontano dagli sguardi altrui, possa liberamente scegliere di dare o non dare. A volte troviamo 5 euro altre volte niente o di più. I nostri 5 figli hanno un’età che va da i 18 anni a pochi mesi, Cecilia è infatti nata lo scorso gennaio. Con noi collaborano dei volontari preziosi che non percepiscono denaro». Marzio ha precisato che oltre alla Provvidenza che li ha sempre aiutati a mantenere la famiglia e tutti i bambini che seguono nel pomeriggio fino a sera, lui svolge un lavoro con partita Iva part-time la mattina con rientro alle 15. Ma la loro storia ha veramente emozionato tutti: «Io e Daniela ci siamo sposati 20 anni fa, ci siamo conosciuti facendo gli scout e come tutte le coppie pensavamo di vivere una vita normale facendo volontariato nella parrocchia di Sorbara (Modena). Quando aspettavamo la prima figlia, abbiamo lasciato gli scout, credendo che dovevamo occuparci della nostra famiglia. Mia moglie lavorava part-time come infermiera ed io per guadagnare di più non ero mai a casa e per questo mi sentivo insoddisfatto e frustrato. Dopo una decina d’anni il responsabile degli scout chiese nuovamente il nostro aiuto, mi occupavo dei ragazzi dai 16 ai 19 anni e capii che le nuove generazioni avevano molti problemi, fu così che un po’ alla volta cominciarono a frequentare la nostra casa, cenavamo insieme e parlavamo a lungo. Nella Settimana santa del 2013 andai a fare un campo scout a La Verna, mentre Daniela rimase a casa con i figli. La notte del Venerdì santo il frate che ci accompagnava ci dette un foglio e una penna e ci disse di scrivere il peccato che non avevamo mai confessato, io scrissi “Egoismo” e dopo poco sentii per la prima volta una sensazione di gioia e di pace. In passato avevo avuto un’azienda con un socio e dei dipendenti, questa esperienza mi aveva lasciato l’ansia e per questo dovevo prendere un ansiolitico, ma da quella sera non ne ho più avuto bisogno. Il giorno dopo capii che ci veniva chiesto che la nostra famiglia si donasse agli altri. Al ritorno ero preoccupato, non sapevo come dirlo a mia moglie, ma quando le raccontai tutto, lei pianse e mi confidò che le era successa la stessa cosa. All’inizio stavamo per trovare una soluzione nella nostra zona, ma purtroppo il nostro Vescovo che era entusiasta dell’idea, si ammalò e morì nel giro di poco tempo. Dopo dieci giorni un amico ci disse che c’era una piccola parrocchia in Toscana dove forse era possibile realizzare il progetto. Lasciammo il nostro paese, il nostro lavoro e con il consenso dei nostri figli partimmo. Appena arrivati a Ghizzano, le mamme ci chiesero di occuparci dei bambini nel pomeriggio. I primi ad avvicinarsi alla parrocchia furono coloro che erano stati emarginati dai benpensanti per vari motivi e per alcuni che consideravano la parrocchia come una zona elitaria di persone perbene, vedere entrare i più umili e non battezzati è stato ed è un problema. Noi non facciamo preghiere, ma parliamo di Gesù e questo ha aiutato tante famiglie a liberarsi da stereotipi e a convincerle a battezzare i loro figli.

Ad una bambina povera con molte difficoltà che non andava più a scuola le chiedemmo quali erano i suoi sogni e le facemmo capire che la scuola era una palestra che l’avrebbe aiutata a realizzarli e adesso prende addirittura dieci in matematica. Un’altra ragazzina che non è stata battezzata mi chiese: «Come mai la gente quando esce dalla chiesa è triste e ha il muso lungo? Non dovrebbe essere felice perché credente?». Il nome del progetto è: «Casa in famiglia l’abbraccio». Ma Daniela e Marzio si dedicano anche a realizzare relazioni con le famiglie e fra le famiglie che è sicuramente la cosa più difficile. Quante volte abbiamo ascoltato persone che non vanno in chiesa perché si sentono giudicate e non accolte, magari perché divorziate o con altri problemi e quindi guardate con sospetto. In canonica con loro vive anche un ragazzo che condivide questo stile di vita con la famiglia. «Rinnovare il sì del matrimonio in un contesto simile è impegnativo afferma la straordinaria coppia ma ti permette di mettere i tuoi talenti a servizio degli altri». In una fase di cambiamento dove il numero dei sacerdoti è sempre più piccolo, le famiglie missionarie a Km 0 possono essere una risposta a questo problema.