Riflessioni

Intelligenza artificiale: non è la macchina, ma l’uomo a dirigere

di Antonio Baroncini

Si parla molto in questo periodo di Intelligenza Artificiale (Artificial Intelligence: AI). Anch’io vorrei parlare di questa branca dell’informatica, molto attraente, di cui, per molto tempo della mia vita, mi sono occupato negli studi e nel lavoro.

Siamo passati con molta intraprendenza scientifica dai sistemi che eseguono calcoli, dandoci risposte esatte, a sistemi AI con risposte probabili. Questo è il risultato ottenuto con il cambiamento o con lo sviluppo informatico avvenuto in questi ultimi anni, quando si è iniziato a costruire sistemi che possono imparare (Machine Learning Systems).

La strategia adottata per istruire una macchina è semplicissima: basta fornirle un gran numero di esempi e per ciascuno di essi darle una soluzione. Ad esempio: inserisco in memoria della macchina esempi concreti di problemi già risolti e con questi dati confronto quelli che ho per cercare altre risposte attraverso la comparazione. La macchina o meglio il sistema, fornirà una risposta che potrà essere visionata e commentata dal professionista esecutore.

Ovviamente un sistema AI è tanto attendibile quanto più lo sono gli esempi su cui si basa la sua conoscenza. La memorizzazione dei dati, sempre attiva nel sistema, non è più un problema di capienza, poiché ormai disponiamo di memorie capaci, veloci e poco costose. Il vantaggio è quello di effettuare i confronti non uno dopo l’altro, ma quanto più possibile contemporaneamente e in parallelo. Occorre molta memoria per la lettura e l’inquadramento dei dati, che siano immagini, testi scritti, voce, suoni o altro.

Al giorno d’oggi i principali utilizzatori di AI sono i Social Network, come Facebook, Twitter, Messenger, WhatsApp. Un grande sviluppo stanno avendo anche i risponditori automatici, detti Bot, integrati con la voce (Chat-Bot): questa utilità sicuramente inciderà sui call-center. Il binomio calcolatore e Artificial Intelligence darà, sviluppando la ricerca, soluzioni veloci a quesiti scientifici di calcolo, diagnosi mediche, richieste industriali, previsioni finanziarie.

In tutto questo, però, vi sono tre aspetti fondamentali che non possono essere trascurati: l’uomo e la morale. L’uomo è al centro di questa “macchinazione” della sua capacità creativa. Con questi nuovi sistemi tutti noi lasciamo tracce digitali del nostro passaggio: sui social, con le e-mail, con gli acquisti su Internet, con le chat. Analizzando queste tracce con l’AI si possono ricavare le nostre idee, le nostre personali tendenze, i nostri gusti: si può violare così la nostra privacy. Bisogna quindi che l’AI non sia usata impropriamente, ma rispetto e intelligenza.

Occorre un “nuovo umanesimo” che non dovrebbe essere concepito in modo illuministico, ma investito e guidato dalla morale, dai principi etici per sfruttare, in modo saggio ed intelligente, queste capacità elaborative. È qui che è in gioco il nostro vero progresso. I sistemi AI vengono classificati anche come sistemi per supporto decisionali (Decision Support Systems). Abbiamo così l’Intelligenza Aumentata, come viene chiamata da molti, proprio per evidenziare che questa tecnologia va ad accrescere e non a sostituire le capacità intellettive dell’uomo.

Abbiamo bisogno di questi sistemi, ma non possiamo metterli al primo posto, poiché creati, sviluppati, guidati dall’uomo. È l’uomo il centro di tutto, e questa tecnologia “pervasiva”, capace di trasformare il nostro modo di vivere e di lavorare, non può essere considerata il “deus ex machina” ma solo strumento e mezzo di sviluppo, integratore di una sempre più valida ricerca scientifica da parte dell’uomo.