Il documento conciliare ispiratore del programma pastorale di Monsignor Edoardo Ricci, nel suo ministero episcopale a San Miniato, è stato senza dubbio la costituzione pastorale «Gaudium et spes» sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Da erudito storico conosceva perfettamente il lungo cammino della Chiesa e ravvisava nel Concilio Ecumenico Vaticano II la più alta tappa nel percorso dell’oggi del popolo di Dio. Grazie alla forza dirompente dello Spirito, la Chiesa si apriva al mondo stabilendo rapporti di umile ascolto con la modernità, con le altre religioni, con i non credenti, dischiudeva i forzieri dei suoi tesori spirituali per condividerli con tutti. Monsignor Edoardo, per lunghi anni Vicario Generale a La Spezia, insegnate apprezzato in seminario e nei licei della sua città, aveva talmente interiorizzato lo spirito del Concilio da trasformarlo in stile di vita.
La sua base culturale così solida e ampia vantava una laurea in lettere e filosofia all’Università di Pisa e la licenza in storia ecclesiastica presso l’Università Gregoriana. La sua ampia erudizione gli permetteva di spaziare con disinvoltura su una vastità di argomenti che lo rendevano docente in permanenza, trasformando ogni incontro con lui in occasione di crescita umana, spirituale e culturale per coloro che, come me, hanno avuto la gioia e la grazia di essergli vicini. Il 7 giugno 1986, solennità di Pentecoste nell’incomparabile scenario della piazza del Duomo di S. Miniato ricevette l’ordinazione episcopale. Insieme a circa duecento sacerdoti concelebranti ed una folla che gremiva all’inverosimile la piazza della Cattedrale anch’io ero ad assistere commosso alla consacrazione di colui che sarebbe stato per me amico, padre e maestro. Il sacro rito era presieduto dal cardinal Silvano Piovanelli, arcivescovo di Firenze, assistito da alcuni vescovi venuti dalla Liguria e dai vescovi toscani al completo. La grande folla alternava momenti di commosso silenzio, ai canti e alle preghiere. Non lo dimenticherò mai. Non avrei mai immaginato che, appena un anno dopo, il nuovo Vescovo mi avrebbe chiamato a S. Miniato per realizzare l’unità pastorale delle parrocchie della città. Inizia così il mio stretto rapporto con lui in una collaborazione a tutto campo per far crescere nella Città della Rocca gli orientamenti del concilio Vaticano II. L’architettura complessa e graduale della fusione delle cinque parrocchie della Città in una armoniosa unità pastorale non fu cosa semplice ma i suoi consigli furono determinanti. Egli aveva raccolto una preziosa “pratica” pastorale come vicario generale della sua diocesi spezzina, nell’assistenza ad associazioni e movimenti e nel contatto con i vari allievi delle scuole magistrali e liceali dove insegnava. Era “medaglia d’oro” dell’A.V.I.S per le numerose donazioni di sangue e presidente del “Consorzio per il miglioramento agrario” nella natìa frazione di Pignona di Sesta Godano. Questa sua pratica nell’associazionismo lo faceva paladino del volontariato e attento a tutte le problematiche sociali con una sensibilità particolare verso i lavoratori, gli ammalati e i poveri. La mia vicinanza al Vescovo, mi ha permesso di conoscerlo profondamente anche nella sua umanità. Abituato a vivere nella comunità del seminario, non amava la solitudine, ecco perché mi chiamava spesso a casa sua, dove si circondava di amici e amiche che anche da Sarzana e da La Spezia venivano spesso a trovarlo.
Vivendo per 17 anni al suo fianco ho potuto conoscerne i sentimenti e gli intenti. Ascoltando la ricchezza della sua predicazione ho appreso quali fossero le sue convinzioni, i suoi sentimenti, i suoi valori, i suoi ideali. A lui stava a cuore la dignità della persona umana. Esprimeva la sua fede granitica con una dialettica apologetica, dirompente e talvolta impressionante, soprattutto quando si trattava di difendere la vita e la famiglia. La sua visione politica poggiava sulla dottrina sociale della Chiesa che voleva diffondere in ogni Parrocchia e per questo sostenne, fin dal suo nascere, la scuola di formazione socio politica Mons. Torello Pierazzi. Come risposta alle povertà vecchie e nuove consolidò la Caritas diocesana ponendovi come primo direttore laico il compianto e indimenticabile Alberto Giani. Realizzò il centro Mons. Giubbi per i senza casa. Lo dedicò alla sua memoria, atto coraggioso, per riparare l’oltraggio verso questo vescovo ingiustamente accusato di essere complice dei Tedeschi nella strage del Duomo. L’ordigno era americano. Intraprese impegnativi e faticosi viaggi di carità nelle Isole Principe e san Tomè, la Costa d’Avorio, il Brasile, l’Argentina e ovunque lasciò un segno del suo amore per i poveri. Vero costruttore di pace affiancò il Movimento Shalom e lo sostenne convinto della bontà dei suoi progetti, dei suoi programmi e dei suoi valori. In ogni manifestazione e in ogni incontro egli era presente e per certi aspetti lo è ancora con il suo spirito, i suoi insegnamenti ed il suo amore. Non siamo separati da lui da dieci anni ma più uniti di prima. Uomo della «Gaudium et spes», per il quale le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini sono state, in tutta la sua vita, le sue gioie, le sue speranze, le sue tristezze e le sue angosce.