La mia estate senza green-pass è stata forzatamente molto casalinga. Gli abituali viaggi in città d’arte sarebbero stati troppo frustranti senza poter visitare musei, palazzi storici, teatri. D’altra parte, frequentare luoghi pubblici, con gente resa eccessivamente sicura di sé dal certificato verde e dal tanto atteso via libera dopo lunghi mesi di restrizioni, mi sembrava alquanto rischioso. Così ho preferito rimanere – «chiuso come un sorcio» (per dirla col virologo Burioni) – nell’antica canonica di Cigoli, in compagnia dei libri e degli ulivi del giardino pensile che mi hanno dato refrigerio nella calura estiva.
Contagiato e guarito l’inverno scorso, considerato immune per sei mesi, al termine di questo periodo ho continuato a temporeggiare mentre più ferveva la campagna vaccinale. Forse a insospettirmi è stata proprio l’insistenza martellante della propaganda; forse il fatto che i vaccini anti[1]Covid non escludono la possibilità di contagiarsi e di contagiare, per cui il cosiddetto green-pass mi è parso un espediente irragionevole e illiberale, e ho avuto una reazione di rifiuto. Fatto sta che questa campagna vaccinale continuava a suscitare in me più motivi di perplessità che di speranza.
Poi è arrivato l’appello di papa Francesco. Ho cercato in rete il videomessaggio per essere certo che il Santo Padre avesse detto proprio le parole che venivano riportate dalle agenzie: «Vaccinarsi, con vaccini autorizzati dalle autorità competenti, è un atto d’amore. E contribuire a far sì che la maggior parte della gente si vaccini è un atto d’amore. Vaccinarsi è un modo semplice ma profondo di promuovere il bene comune e di prenderci cura gli uni degli altri, specialmente dei più vulnerabili».
Espressioni inequivocabili di fronte alle quali non potevo più tergiversare. Ho sempre insegnato l’obbedienza al Romano Pontefice, quando si pronuncia in materia di fede e di morale. E indubbiamente questo appello di papa Francesco contiene indicazioni morali impegnative, non certo frasi di circostanza o considerazioni vaghe. In questo caso si applica il principio che vale ogni volta che ci sia dissenso riguardo al magistero della Chiesa, come spesso è accaduto negli ultimi anni a livello sociale in campo bioetico. Bisogna mettere in questione le proprie opinioni, non l’insegnamento della Chiesa. Così, nel giro di un quarto d’ora, ho prenotato la prima dose di vaccino e il mattino seguente ho reso partecipi di questa decisione due confratelli sacerdoti, già da tempo vaccinati. Dopo la Messa, facendo colazione, uno di loro, con una punta d’ironia e con la sollecitudine propria degli anziani verso gli appuntamenti, specialmente quelli di natura medica, è tornato sull’argomento e di punto in bianco mi ha chiesto: «Quando te lo danno il vaccino del Papa?».
Sotto il video su YouTube di Papa Francesco in lingua originale.