Ce l’aspettavamo. Anche quest’anno i numeri sono stati assai soddisfacenti. 4 serate: Casciana Terme, prevista sabato 15 marzo e rimandata per pioggia a domenica 16; San Romano sabato 22 marzo; Castelfranco di Sotto sabato 29; Fucecchio Vedute sabato 5 aprile. 25 i cori; 402 cantori; 35 strumentisti (organo, chitarra, cajon, percussioni, tastiera, violino, violoncello, clarinetto, campanelli). 50 autori: Mancini, Frisina, Gen Verde, Comi, Buttazzo, Stefani, Meregalli, Attinà. Russotto, Cascone, Munda, Pretto, Christille, Ciprì, Baggio, Da Palestrina, Malgeri, Liberto, Bini, Merlo, Pili, RnS, D’Amico, Plancher, Puccio, Dargenio, Hughes, De Marzi, Zardini, Arcadelt, Medley, Canto gregoriano, Fermalvento, Bartolucci, Bach, Canto popolare mariano, Lotti, Gjeilo, Molfino, Branca, Henderson, Benedetti, Anselmi, Testa, Pedemonti, Branduardi, Canto popolare medievale, Spoladore, Massimillo, Puccini, Bizet. Praticamente, un grande viaggio dal gregoriano agli anni Duemila, passando per il Barocco. Il tema della rassegna era la speranza, come ci suggerisce il Giubileo in corso.
Una riflessione a parte merita la presenza di bambini che cantavano. È raro sentire dal vivo delle voci bianche ossia voci di bambini, fresche e intonate. Ancor più raro sentirle nel gregoriano e in latino. Eppure, questa sorpresa C l’abbiamo avuta. Meglio sarebbe chiamarla “regalo”: la sera del 29 marzo a Castelfranco il coro delle Voci bianche di Orentano ci ha fatto ascoltare Attende Domine e Ave regina cælorum, una delle chicche della Rassegna. Le voci bianche lasciano intravedere anche l’efficacia del canto dei bambini nella loro crescita caratteriale, culturale e spirituale. E naturalmente nella liturgia. La Bibbia lo incoraggia, almeno nel salmo 8, e la liturgia lo riprende con l’antifona Pueri hebraeorum della domenica delle Palme, che deriva da Matteo 21,16. Al tema del gregoriano nella liturgia era stato accennato in 2 delle 4 riflessioni introduttive ad ogni serata. Abbiamo la formidabile eredità di 58.000 brani gregoriani, sinora censiti e schedati negli archivi musicali di mezza Europa, risalenti anche al IX secolo. Un lascito enorme, che aspetta solo di essere riscoperto. Il 29 marzo sono stati dei bambini a ricordarcene la bellezza incomparabile. Non sono le riflessioni di un “nostalgico”: è questione di bellezza.
Non esiste musica vecchia e musica nuova: esiste musica bella o brutta, e quella bella va tirata fuori! Ma ce lo ricorda anche il Giubileo, percepito a livello popolare e ospitato pure nella musica colta. Cito solo il Giubileo, il 2° dei 4 brani del poema sinfonico Feste romane di Ottorino Respighi (1879 1936). Il musicista riproduce il ritmo del camminare, lento eppure senza sosta, dei pellegrini che si avvicinano a Roma da Monte Mario, e introduce inserti di melodie gregoriane “riviste e corrette” per grande orchestra: almeno di Cristo risusciti, che a sua volta deriva dalla sequenza di Pasqua Victimae paschali laudes, eppoi del Gloria della Missa De Angelis e del Credo III. Fanno rivivere anche visivamente il muoversi passi lenti dei pellegrini che, cantando, alleggeriscono la fatica, sostenuti dalla fede. Un brano dall’orchestrazione suntuosa, che allarga il cuore, di cui consiglio l’ascolto. Il grande teologo svizzero Karl Barth (1886 – 1968), che di musica se n’intendeva, dice che in paradiso gli angeli, quando sono di servizio davanti al trono di Dio, cantano il gregoriano; quando sono fuori servizio o in ricreazione, vanno ad ascoltare Mozart, e Dio si mette ad “origliare” dietro la porta! Una battuta simpatica e densa di significato: ci conferma che la vita nel paradiso sarà impreziosita dalla bellezza, di cui ora, qui sulla terra, nella musica e nelle arti figurative, gustiamo un assaggio.
A nome della Commissione diocesana di Musica Sacra, un ringraziamento poderoso va a tutta la macchina organizzativa della Rassegna, sia a livello centrale che parrocchiale. La gioia profonda del cuore nasce come premio del Signore per il sacrificio, profuso nel servizio musicale alla liturgia.