Orentano, aggrappata sulle alture marginali delle Cerbaie che digradano dolcemente verso padule di Bientina, ha da oggi la sua “abbazia”: «La bellezza che traspare nell’ammirare questa innovativa struttura e l’amore, la cura premurosa degli operatori chiamati a servire e accompagnare gli anziani ospiti di questa Casa, saranno un segno lampante ed esemplare di una vera civiltà umana e cristiana». Le parole di monsignor Morello Morelli, presidente della Fondazione “Madonna del Soccorso”, sono risuonate alte e solenni sabato 18 maggio, nel momento apicale della cerimonia per l’inaugurazione dell’ampliamento della Rsa «Madonna del Rosario». Parole che traducono in forma vivida il romanzo di bellezza che in questo luogo si scrive tutti i giorni con l’inchiostro dell’amore.
Quelle mura infatti, che virano – a seconda del diapason di luce – dal granata al carminio (quasi i colori della carità), narrano di una dimensione che già adesso è scrigno e presidio a tutela della vita fino al suo declino naturale, quasi un vessillo cavalleresco issato in questi tempi votati alla “thanatolatria” e alla cultura dello scarto. «Non vogliamo case di riposo – è ancora monsignor Morelli che parla – somiglianti a parcheggi senza speranza, ma luoghi luminosi e belli, spazi aperti che favoriscano le relazioni interpersonali, perché il peso dell’età e degli inevitabili acciacchi è sicuramente più sopportabile e leggero per coloro che si sentono rispettati e amati». Sembra di cogliere in queste parole una verità tanto cristallina quanto sorprendentemente ignorata in questi tempi crepuscolari: la morte è il momento più importante della vita di un uomo. Ci scandalizziamo – giustamente – per la prematura scomparsa di un giovane, ma si vive con banale indifferenza la morte di un vecchio. Eppure quell’estrema frontiera, che prima o poi ingaggerà tutti, è la chiave di volta definitiva per l’ingresso nella vera vita: momento così solenne e terribile. Proprio l’architetto Fabio Poggeti, il padre di questa straordinaria “macchina di luce” che è la «Madonna del Rosario», sembra aver ben colto questo smisurato portato, traducendo nelle forme importanti e prestigiose di una specie di neoabbazia, il valore e la centralità dell’anziano e delle sue esigenze. Ci confida con franchezza: «Quando iniziai a concepire il progetto c’era una grande richiesta tra la popolazione anziana di questo territorio per una struttura che permettesse loro di non abbandonare il proprio ambiente, le proprie radici e tradizioni.
Una struttura che potesse ospitarli rispettandoli. Ecco perché fu scelto il punto più centrale di questa terra, con il proposito di elaborare la costruzione quasi come fosse un basamento a fortezza, sulla quale dovevano svettare la chiesa e il campanile, architetture che nelle loro maestosità, rappresentano l’intero paese e la comunità. La forma assunta da questa Casa offre adesso l’opportunità di sviluppare rapporti sociali importanti per gli anziani qui ospiti, unendo i vantaggi e i servizi dell’albergo e dell’assistenza ospedaliera, con il calore del focolare domestico. Ho ideato la parte interna dell’edificio come un autentico chiostro che, oltre a protezione e tranquillità, potesse offrire agli ospiti l’opportunità di trovare un giardino verde dove poter vivere con serenità, momenti all’aria aperta a contatto con la natura».
Sempre monsignor Morelli, rivolgendosi agli operatori che qui prestano il loro servizio, ha usato due verbi: “accudire” e “servire”; non può che declinarsi secondo questi predivcati quell’instancabile attenzione che i nonni, oramai entrati nell’autunno della loro vita, meritano: «Scrutateli sempre con tale e tanto affetto, con amore e stima da far sbocciare ancora sui loro volti il sorriso e la gioia del vivere». E allora diciamocelo: la commozione di vedere nella sua piena efficienza operativa questa realtà, per chi era presente il 18 maggio scorso al taglio del nastro, è stata grande, a tratti incontenibile. Un plauso particolare occorre spenderlo per il nostro vescovo Andrea che – come ha ricordato l’avvocato Riccardo Novi, direttore della struttura – non ha fatto mancare mai attenzione e vicinanza a questa impresa. Il cardinal Francesco Coccopalmeiro, che ha presieduto tutte le celebrazioni, sinceramente colpito dall’attenzione con cui sono state curate le varie fasi della giornata si è – ad un certo punto sciolto in un genuino e candido ringraziamento verso gli organizzatori per questa preziosa testimonianza di fede e di carità: «La porterò sempre nel mio cuore» ha commentato. Non occorrerebbe aggiungere altro… «La gloria di Dio è l’uomo vivente» e, come ha tradotto in pochi ed efficaci concetti l’avvocato Riccardo Novi, a Orentano uomini e donne di buona volontà si spendono instancabilmente per questo sogno di Dio, ricordandoci in questo modo che i nostri nonni sono esattamente un pezzo di quella gloria di Dio. Le abbazie oggi sono millenarie. Auguriamo anche a Orentano di sfidare i secoli.