Arguiva Vittorio Messori, non senza una punta di malizia, che certi documenti e convegni ecclesiali non sono altro che il pretesto per stilare nuovi documenti e mettere a calendario nuovi convegni. L’enorme produzione di testi e esortazioni (che sono poi in pochissimi a leggere) e il moltiplicarsi di assemblee congressuali, è una faccenda ben nota, che affligge e sclerotizza non solo gli ambienti di Chiesa ma anche le burocrazie e gli apparati mondani. Eppure, se abbiamo come credenti l’umiltà e l’intelligenza di gettare lo sguardo anche solo a meno di un lustro fa, ci accorgiamo che per noi Chiesa Italiana, nel novembre 2015, si è accesa e proprio grazie a un convegno – una lampada di luce smagliante, che sarebbe sciagurato lasciar spegnere.
Sto parlando del Convegno ecclesiale di Firenze del novembre 2015, che aveva come titolo «In Gesù Cristo il nuovo umanesimo». Un appuntamento che molti ricordano soprattutto per il meraviglioso e trascinante discorso tenuto in Santa Maria del Fiore da papa Francesco. Certamente tra i suoi più belli. Una vera e propria «enciclica all’Italia», fatta di centratura cristologica, orizzonte prospettico, forza del disegno e concretezza… tanta concretezza. I fedeli presenti nella Cattedrale di Arnolfo quel 10 novembre di quattro anni fa, restarono incantati dalla scossa di vigore e speranza che il Santo Padre seppe infondere, aiutando a passare – nel breve lasso di quell’orazione – dalla percezione di una Chiesa sotto assedio alla visone di una Chiesa in uscita, capace d’involarsi, con slancio libero e generoso, verso il mondo. Un discorso che consigliamo vivamente di recuperare in video e di riascoltare in modalità loop, tanto è acceso e motivante.
Cosa resta oggi di Firenze e dell’intervento del Papa? Abbiamo iniziato a chiedercelo nella primavera scorsa in Commissione Cultura e Comunicazioni sociali della Cet, e non come divertissementintellettuale, ma col fondato sospetto che dall’inveramento di quell’esortazione passa un po’ anche del nostro essere cristiani in questa stagione storica così inceppata e convulsa. Abbiamo così deciso di ridare energia a quel discorso, ritrovandoci proprio a Firenze il prossimo 23 novembre. Vorremmo rileggere i contenuti e le indicazioni complessive di quel Convegno, per trovare indicazioni di lavoro per le nostre Chiese locali. Porteremo l’assedio a tre parole che abbiamo scelto come titolo del nostro essere insieme: «Umiltà, disinteresse, beatitudine», tratte proprio da quel discorso del Santo Padre. Parole che ci sono sembrate descrivere al meglio lo stile con cui ci è chiesto di stare oggi come credenti nel mondo. E rileggeremo anche il tema dell’umanesimo cristiano, non tanto a livello concettuale – sterile esercizio – ma nel concreto della vita quotidiana, per capire come essere presenti e prossimi ai nostri contemporanei, per condividere con loro le domande che sfidano le nostre comunità. Un umanesimo cristiano che ancora oggi, dopo venti secoli, c’invita a «studiare» Cristo per conoscere l’uomo.