Un nostro collaboratore ha preso parte, domenica scorsa a Roma, alla marcia organizzata dal movimento Pro Vita e Famiglia. L’evento ha offerto ai 40.000 partecipanti l’occasione di riaffermare valori fondamentali per la società e manifestare la propria opposizione a quella che papa Francesco definisce «cultura dello scarto».
Mentre i raggi del sole piombavano con forte calore su Roma, rendendo pesante anche il respiro, si snodava per le principali strade la marcia della vita dei circa 40.000 partecipanti, tra cui diverse persone delle parrocchie della nostra diocesi, uniti tutti da una sola parola: «Vita», per difenderla sempre e specialmente quando è fragile e scomoda. La manifestazione di sabato 22 maggio, non pubblicizzata da nessuno, ha radunato e messo in marcia pacifica una massa serena, dove non erano presenti i megafoni dei capi-evento a omologare la lunga schiera, ma sorridenti madri con i propri figli tra le braccia o sui passeggini, uomini e donne di ogni età, giovani che spontaneamente, felici e gioiosi, esternavano il loro entusiasmo in difesa della vita. La piazza esponeva il vessillo di «Pro Vita e Famiglia». Una scritta che non è contro nessuno, ma quanti ne ha contro! Vi è una forte ostilità contro questa moltitudine di persone, che M sostiene la vita sempre, da parte di chi considera l’aborto come un diritto assoluto e inamovibile della donna. Chi mette in questione la legge 194 anche solo per il suo ritocco in alcuni casi, è trattato da fanatico e spinto fuori dal recinto della civiltà contemporanea. Eppure Madre Teresa diceva: «Finché ci sarà l’aborto, la pace sarà impossibile!». Da che parte stare allora?
I 40.000 partecipanti alla Marcia per la vita hanno risposto, col sorriso ma con altrettanta determinazione, denunciando senza se e senza ma l’aborto, il testamento biologico che consenta la soppressione di malati terminali, la proclamazione della cultura dello scarto. «La vita umana è creata ad immagine e somiglianza di Dio – ricordava papa Wojtyla nel lontano 1979 a Washington -. Niente supera la grandezza o la dignità della persona umana. La vita umana non è soltanto un’idea o un’astrazione; la vita umana è la realtà concreta di un essere che è capace di amore e di servizio all’umanità».
I 40.000 hanno voluto testimoniare il diritto alla libertà nell’affermare la loro condanna del dominio sui deboli, della negazione delle necessità essenziali per la vita di tutti e nel proclamare i principi sani ed umani della giustizia e dell’amore sociale. È stato proclamato il diritto alla vita semplicemente perché «la vita è un diritto, non la morte; ed ogni uomo ha il diritto alla vita», come ha ribadito anche papa Francesco. L’altro tema su cui è stata posta molta attenzione è la famiglia, ancora troppo poco tutelata e sostenuta. «La famiglia è essenziale – affermava Giorgio La Pira – nell’integrazione della persona umana. La famiglia ha importanza anche ai fini della stessa vita economica, in quanto una salda famiglia porta come conseguenza una salda economia e si potrebbe dire anche una salda politica. Poiché la famiglia è il nucleo fondamentale su cui poggia l’edificio umano, favorire la famiglia rappresenta un principio basilare della dottrina cattolica».
Questa meravigliosa marcia, caratterizzata nel suo aspetto esteriore da sorrisi, abbracci, carezze per i bambini, i quali l’hanno resa genuina come la loro età, si è conclusa con le parole forti ma invitanti ad un sereno confronto pronunciate dal professor Massimo Gandolfini, neurochirurgo, leader del movimento: «Sfiliamo per le strade di Roma per celebrare la bellezza e la dignità della vita umana, dalla cui custodia discendono tutti i diritti della nostra civiltà. C’è un popolo che vuole lanciare all’Italia la sfida della speranza in un’epoca segnata dalla disperazione e dalla cultura mortifica dello scarto che abbandona anziani, disabili, malati e mamme con gravidanze difficili. La famiglia, pur non essendo sempre un paradiso è il solo luogo che mantiene la speranza». Ricordando ancora le meravigliose parole di papa Giovanni Paolo II: «La Famiglia è lo specchio in cui Dio si guarda e vede i due miracoli più belli che ha fatto: donare la vita e donare l’amore».