Caritas Diocesana - Formazione, il terzo incontro

«Camminare insieme»

di Francesco Sardi

Il terzo incontro di formazione Caritas, dal titolo “Camminare insieme” riflessione sulla lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi, è stato fortemente voluto dal suo direttore don Armando Zappolini. Svoltosi presso l’Aula Pacis della chiesa di san Domenico a San Miniato, Sabato 11 Maggio, ha visto l’introduzione di don Udoji vicepresidente della Caritas diocesana: «l’incontro di formazione – ha sottolioneato offre un percorso per approfondire e comprendere sempre meglio, sempre di più il nostro servizio, per poterlo svolgere secondo il cuore di Dio».

La riflessione di Don Armando ha dunque preso le mosse dalla lettera che l’apostolo ha composto a Efeso e spedito alla comunità di Corinto intorno all’anno 53: «Il passo che trattiamo oggi (1 Cor. 12, 4-31) è davvero molto molto bello ma come tante cose belle nasce da una situazione di fatica». Paolo, infatti, scrive ai cristiani di Corinto perché ciascuno di loro viveva la fede in maniera egoistica: ognuno di loro si sentiva migliore e superiore all’altro. I grandi doni e talenti posseduti e i servizi offerti alla comunità dei credenti erano motivo di invidia e di divisione, e rendevano così impossibile ogni testimonianza dell’amore di Dio. Paolo allora fa suo questo messaggio: «C’è una via migliore di tutte… è quella della carità, dell’amore disinteressato, del servizio anonimo che non aspetta nessuna ricompensa. È esattamente a questa via che noi operatori Caritas dobbiamo aspirare giorno per giorno».

Don Armando ha parlato dell’importanza del Concilio Vaticano II e della Lumen Gentium che parla della centralità del popolo di Dio e della responsabilità della comunità di essere corpo unico, come era agli inizi dell’era cristiana: «I cristiani si notavano perché si volevano bene, perché stavano tutti insieme. Si amavano insomma». Una ecclesiologia di comunione che il Concilio ha cercato di recuperare e rilanciare attraverso la lingua corrente nella liturgia, l’altare rivolto verso la gente, i catechisti laici, i consigli pastorali e l’istituzione di organi deputati alla carità e al servizio della comunità. Anche se, nota don Zappolini, c’è «ancora un po’ di strada da fare». Ed ecco, allora, che far parte della Caritas ci rende insieme responsabili di questo grande disegno che è l’obiettivo essenziale dell’essere cristiano: la capacità di coinvolgere gli altri membri della comunità nella corresponsabilità facilitando «il loro unirsi a noi» e non essendo gelosi come i cristiani di Corinto. La qualità di un servizio della Chiesa, infatti, si misura «nella sua capacità di accogliere altre disponibilità» specialmente nella Caritas che ha come obiettivo prioritario la funzione educativa della comunità cristiana. Ma «come organizzarci affinché questo possa accadere?», si chiede don Armando. È proprio questa la vera missione: «Dobbiamo educare, “contaminare” alla carità i cristiani che vengono in chiesa, per rendere credibile l’abbraccio della misericordia». Spenderci insomma per rinvigorire la capacità di attirare nuovi fratelli nel servizio, perché ci aiutino a portare il peso bello di questo essere per gli altri. In questo sta la forza del cristianesimo, la forza del servizio…la nostra forza.