Ricordo di Mons. Giovanni Pomponi

«Anche i limoni vanno a dimora»

di Alexander Di Bartolo - Ricordo di don Idilio e di don Angiolo

Il giorno prima della scomparsa di don Pomponi, il fidato aiutante dell’orto del Seminario ha messo – come tutti gli anni – i limoni “a dimora”. Sapevo che don Pomponi non stava benissimo, pur accudito amorevolmente nella struttura ove si era trasferito. Quei limoni conservati e collocati al riparo dalla brezza che dalla valle di Gargozzi sale nell’inverno, mi sono sembrati quasi un presagio. Don Giovanni se ne stava andando verso il riposo eterno, come i limoni, i suoi limoni, stavano ritornando nella loro sede invernale.

Parto da qui, dai suoi limoni, per dire che don Pomponi – tra le varie virtù di cui la Provvidenza lo aveva beneficiato – aveva e viveva una particolare sintonia con il Creato. Sotto le sue sapienti mani non solo crescevano piante bellissime e fiori dai colori sgargianti che tutti gli anni piantava nel retro del Seminario, ma da autentico operaio nella vigna del Signore, aveva appreso il modo di trattare e accudire i fedeli delle sue parrocchie proprio dall’esperienza e dal contatto privilegiato con la natura. E come la natura lo ripagava delle amorevoli cure, così i suoi ex parrocchiani, ancora dopo molti anni, venivano a salutare monsignor Pomponi nella sua stanza del Seminario. Io l’ho conosciuto lì, in quella stanza che ti accoglieva con la bella scritta inglese Jesus Loves You, e poco alla volta don Giovanni è diventato come un nonno.

Pur avanzando nell’età si era reso disponibile per aiutare anche nelle cose semplici che riguardavano la Biblioteca del Seminario, sulla quale ci teneva ad essere informato ogni volta degli sviluppi e dei progressi. Si era reso disponibile «per non stare fermo» – lui abituato tutta la vita a muoversi – e vista la sua dolce insistenza avevamo deciso così: lui mi avrebbe aiutato nei lavoretti manuali di piccola manutenzione, e in cambio mi avrebbe raccontato, a mo’ di intervista, tutto quello che poteva ricordare della San Miniato che fu. Perché don Pomponi aveva superato i 95 anni, e la longevità era una cosa di famiglia: il padre e ancora prima il nonno avevano superato abbondantemente i novant’anni.

Don Giovanni poteva quindi vantare, con una memoria ancora ferrea, ricordi e racconti che affondavano fino alla fine dell’800 E così mi raccontava del nonno che aveva vissuto al tempo di Firenze capitale, e poi di Torino capitale; di come si viaggiava a piedi o in carrozza tra i sentieri e le strade della diocesi; di come si presentava la piazza del Seminario un secolo e mezzo fa; della zia poetessa etc… Ovviamente mi raccontava anche delle sue esperienze parrocchiali, delle gite e dei restauri del Seminario che aveva seguito tra gli anni ‘70 e gli anni ‘90, da vero capomastro di un tempo.

Don Pomponi era anche un appassionato “conservatore”, non buttava nulla di importante e anzi aveva realizzato alcuni filmini di gite e cerimonie religiose che restano oggi come bella testimonianza novecentesca della storia della diocesi. Qualche anno fa aveva voluto anche donare alla Biblioteca antica del Seminario un prezioso ed unico volume, a sua volta donatogli a metà Novecento da una nobildonna romana, contenente la storia dei Papi attraverso preziose cartoline illustrate. Si tratta di una rarità editoriale di cui esistono pochissime copie in tutta Italia. Ma era convinto che fosse il luogo ideale per conservare un libro moderno ma «degno di questa biblioteca storica», mi diceva. E così è stato. L’estate scorsa, quando ancora le energie glielo permettevano, mi chiamò in stanza. Voleva prima recitare insieme l’ora media e poi leggermi ad alta voce la sua storia recente del Seminario vescovile, che era stata la sua casa e che considerava un po’ la patria del cuore. Abbiamo pregato e lo ascoltai poi con vivo interesse.

Ciao don Pomponi, ora che i limoni sono a dimora, il Signore ti accoglierà a braccia aperte nella sua dimora eterna.

Alexander Di Bartolo


Il ricordo di Don Idilio Lazzeri

A 96 anni, sacerdote da 72, don Giovanni ha terminato la sua vita terrena il 22 novembre scorso a Orentano nella Rsa dove era stato accolto da diverso tempo. La scomparsa di una persona cara offre l’opportunità di far rivivere nella memoria le tappe più significative di particolari servizi che hanno comunicato vita a coloro che hanno avuto la gioia di averne beneficiato. Casciana Terme nei suoi anni di permanenza come cappellano ha potuto gustare la freschezza del suo sacerdozio (1951-53). Gello di Lavaiano ha apprezzato la sua conduzione pastorale (1953-64). A S. Angelo a Montorzo (dal 1978 fino all’età pensionabile) è ancora molto vivo il suo impegno pastorale. Chi lo ha avuto come insegnante di religione nella scuola pubblica lo ricorda con particolare gratitudine per il senso di fede con cui annunciava ai giovani il Signore e come soprattutto la sua vita parlava di Lui. Il Seminario, la Curia lo hanno visto umile e generoso servitore: nel seminario, oltre che come saggio economo, ha anche lavorato molto manualmente per la conservazione e l’aggiornamento dei locali per le esigenze del tempo. In Curia ha condotto con particolare competenza e saggezza l’amministrazione economica. L’anima di tutti questi impegni è stata il senso di fede, di preghiera che lo hanno accompagnato nella vita. Meritano particolare ricordo anche il suo ruolo di proposto della cattedrale e anche di essere stato insignito della onorificenza di Prelato domestico di Sua Santità. La diocesi ricorda don Giovanni con particolare gratitudine per la belle testimonianza che ha offerto in tutta la sua vita di ministero sacerdotale. Mentre lo presentiamo al Signore perché lo accolga come servo fedele nella gloria, vogliamo augurarci che trovi imitatori fra i sacerdoti e susciti nuove vocazioni nella nostra Chiesa. Ai suoi familiari don Giovanni faccia sentire ancora la sua presenza perché, anche dopo la morte, i nostri cari continuano a regalarci la ricchezza di quei valori che hanno coltivato nella vita.

 


Il ricordo di Don Angelo Falchi

Cos’è stato per me don Giovanni Pomponi? Un maestro e un grande amico. Potrei sintetizzare così un giudizio su questo sacerdote, che, quasi centenario, è andato incontro al Signore pochi giorni prima dell’inizio dell’Avvento. Un maestro. Soprattutto di umiltà e di servizio. Non ha mai badato a se stesso; quello che faceva era per gli altri, perché gli altri stessero bene. Non importava se poi ringraziavano o no: operava il bene, senza aspettarsi indietro niente. Un amico. Benché fossimo lontani territorialmente nel lavoro pastorale e fosse assai più grande di me, egli apprezzava quello che io riuscivo a fare; ogni volta che ci incontravamo nelle riunione diocesane non mancava di rivolgermi una parola di incoraggiamento e di sostegno, specialmente quando incontravo difficoltà. Il primo incontro col priore di Gello l’ebbi da studente, quando nel 1964 subentrò a don Aladino Cheti come economo del Seminario. Ricordo che il menu della cucina seminaristica cambiò notevolmente in meglio sia nella qualità che nella quantità. E poi il luogo delle vacanze del Seminario (un paio di settimane tra la fine di luglio e i primi di agosto) subì un cambio radicale: da Prataccio, sull’Appennino pistoiese, alle Dolomiti! Nessuno di noi le aveva mai viste. Eravamo ospiti di una casa a Madonna delle Grazie, tra Caprile e il Lago di Alleghe (Belluno), tra la Marmolada e il Civetta, monti alti oltre 3000 metri. Fu da quella esperienza che mi innamorai pazzamente delle Dolomiti da farne per decenni la meta preferita per i campi-scuola con i ragazzi delle varie parrocchie. Che escursioni! Un giorno andammo al Coldai, sotto il Civetta e ci prese un temporale spaventoso. Tre ore sotto la pioggia senza fermarsi mai per non ghiacciare e, tornati a casa una doccia bella calda: neppure un raffreddore! Non si poteva non voler bene ad un prete del genere. Comprò un pulmino 9 posti per noi seminaristi per poterci spostare comodamente. Con questo mezzo, in 2° liceo facemmo, con lui autista, una gita di alcuni giorni a Napoli, Capri, Pozzuoli, Amalfi. Il 25 aprile eravamo ai Faraglioni e alcuni di noi fecero il bagno. Cose dell’altro mondo! Se questi sono aneddoti di gioventù, don Pomponi è rimasto sempre se stesso, un prete integro, nella dottrina e nella morale, servitore e figlio della Chiesa. Un esempio per preti e laici. Le sue non poche doti umane erano una bella cornice del suo essere sacerdote convinto, contento e credibile.