Amalia Ciardi Dupré una grande scultrice, che lavorò spesso all’ombra del padre Giovanni, ma che proprio nella Diocesi di San Miniato diede molte prove del suo procedere artistico.
Amalia Dupré (Firenze, 26 novembre 1842 – Firenze, 23 maggio 1928) è l’autrice del busto di Enrichetta Pieragnoli (che Stefano Renzoni, in un saggio interno al bel volume collettaneo su “La Cattedrale di San Miniato”, Pacini, Pisa 2004, definisce «zuccheroso», ma che a noi pare invece molto bello). Ne abbiamo parlato sulla Domenica della settimana scorsa e stavolta dedichiamo alla scultrice il nostro articolo, cercando di non confonderla con la nipote, anche lei scultrice, per di più con lo stesso nome.
Amalia Dupré è stata una grande artista tra ‘800 e ‘900, lavorando spesso come collaboratrice del padre Giovanni, che la menziono più volte anche nelle sue memorie. Ne scriviamo a proposito dei 400 anni della diocesi, anche se a rigore è nata e morta a Firenze. Ma Amalia Duprè tenne una fittissima corrispondenza con il beato Pio Alberto Del Corona ed evidentemente, da lui ebbe la commissione per una serie di sculture nel Duomo sanminiatese. Tra l’altro quelle sculture sono le prove più mature e significative della Dupré, che scolpì anche un bassorilievo in memoria del suo santo vescovo.
Il bibliotecario del Seminario, Alexander Di Bartolo, è riuscito a reperire una fittissima corrispondenza del vescovo con la scultrice e viceversa, ne aspettiamo con trepidazione l’edizione a stampa, perché siamo certi che questa edizione darà una nuova visibilità al lavoro della donna che, come sempre, risulta essere un po’ offuscato.
Sarebbe certo splendido un romanzo alla Melania G. Mazzucco, che in un libro come “L’architettrice” ridà splendida dignità storica a Plautilla Briccica (1616-1705), la prima donna architetto della storia moderna.
Anche Amalia Dupré è una scultrice di notevole interesse, presente in una serie di luoghi significativi in tutta Italia e soprattutto a Firenze, dove ha una statua di Santa Reparata in Santa Maria del Fiore, un bel busto di Dante, nella casa del poeta; o ad Assisi, che ospita ancora in duomo una intensa statua di Santa Chiara.
Già nel 1862, a poco più di vent’anni, la Dupré aveva scolpito un “Giotto fanciullo” che fu presentato accanto ad altre opere del padre nel 1867 all’Esposizione Universale di Parigi, un’opera che ebbe un plauso da parte della critica, che ne lodò la grande naturalezza. A partire da quel momento la donna si impegnò per numerose sculture funebri, anche se, come abbiamo scritto il suo lavoro più importante fu a San Miniato, dove eseguì una serie di grandi bassorilievi, dedicati ad alcuni personaggi illustri: Jacopo Buonaparte con una allegoria della Storia, Gioacchino Taddei con la Chimica, Pietro Bagnoli con la Poesia.
Nello stesso edificio scolpì anche altri marmi in memoria di Pio Alberto Del Corona e del canonico Giuseppe Conti, che aveva curato il restauro della Cattedrale e un piccolo medaglione per Augusto Conti, vero ispiratore dell’intero restauro e apprezzato docente per tutto il mondo dell’arte, che l’avrebbe seguito anche nella realizzazione della facciata del Duomo, proprio a Firenze, realizzata con il beneplacito e l’ispirazione dello stesso Conti.
Nella cattedrale di San Miniato, il momento di gran lunga più importante, è comunque il bellissimo pulpito marmoreo, dove Amalia scolpì una serie di immagini ancora in bassorilievo; realizzò poi altre opere sparse per il territorio come il magnifico Tabernacolo della Madonna nel Santuario Mariano di San Romano.
Oltre a questo bisogna citare anche una serie di opere scolpite in Molise e nel basso Lazio, dove lavorò a stretto contatto con il padre, grazie all’amicizia con il sacerdote letterato Luigi Pannunzio, docente al liceo ginnasio di Agnone e parroco nella locale chiesa di Sant’Emidio.
Ad Agnone scolpì in marmo un “Battesimo di Cristo” (1890), una “Addolorata” e un “Cristo risorto” (1895) ancora in terracotta, oltre ad una serie di altre opere ancora in Molise e nel sud del Lazio. Negli ultimi anni, dopo la morte del padre, continuò e portò a termine alcune opere lasciate incompiute da quest’ultimo.
Morì a Firenze nel 1928, prima di questo si era dedicata alla cura della memoria del padre, trasformandone lo studio fiorentino in via degli Artisti in un museo (oggi la gipsoteca di padre e figlia è per lo più conservata alla villa di famiglia a Fiesole), e dedicò al genitore anche un piccolo monumento con la rappresentazione in bassorilievo degli episodi salienti della sua vita (pure a villa Dupré).
Lo studio di via degli Artisti ospita adesso le sculture della omonima nipote, anche lei una scultrice di notevole valore e impegno.
La Dupré fu sepolta nella cappella di famiglia nel Cimitero di Fiesole, accanto al padre, alla madre e alla sorella.