Si accenderanno questo mercoledì 3 luglio, e fino a domenica 7 luglio, i riflettori sulla Settimana sociale dei cattolici in Italia, l’appuntamento a cadenza pluriennale della Chiesa italiana che quest’anno a Trieste celebra la sua 50ma edizione. Fin dalla prima uscita, nel 1907 a Pistoia, questo congresso, attraverso seminari di studio e approfondimenti, ha inteso promuovere e divulgare il vero messaggio sociale cristiano, imperniato sulla Dottrina sociale, allo scopo di guidare e ispirare l’azione dei cattolici nella società. In vista della cinque giorni triestina abbiamo rivolto alcune domande ad Andrea Barani, responsabile dell’ufficio diocesano per i problemi sociali e il lavoro, che parteciperà ai lavori in rappresentanza della nostra diocesi.
Andrea chi sono gli altri delegati della diocesi di San Miniato che parteciperanno insieme a te a questa Settimana sociale e in rappresentanza di quali realtà?
«Insieme a me ci saranno il vescovo Giovanni, poi Michela Latini, presidente dell’Azione cattolica e Silvia Giani in rappresentanza dei giovani. I delegati, al di là dell’appartenenza ad associazioni o realtà parrocchiali, si immettono in questo percorso portando con sé le istanze dell’intera comunità diocesana, anche con l’onere di poterla coinvolgere poi sui temi e sugli sviluppi di quanto emergerà». Come si è svolto il vostro percorso di avvicinamento a questo appuntamento che celebra quest’anno la sua 50ma edizione? «Non è stato possibile organizzare un percorso preparatorio, di approfondimento dei temi e di coinvolgimento delle varie realtà ecclesiali e civili. L’indicazione del comitato organizzatore era di poter, fin dallo scorso autunno, stimolare l’intera comunità a far emergere questioni sul tema della Settimana sociale, anche S individuando possibili buone pratiche che a Trieste possano diventare patrimonio di molti nelle varie agorà di ascolto e confronto».
Considerando i temi dibattuti nelle ultime tre Settimane sociali, osserviamo come nel 2013 fu affrontato il tema delle politiche per la famiglia, nel 2017 al centro era il lavoro e nel 2021 la tematica ambientale. Il titolo di quest’anno è invece: “Al cuore della democrazia”. Perché secondo te la Chiesa italiana avverte l’esigenza di riflettere su questa tematica?
«Nel documento preparatorio troviamo la chiave con cui approcciarsi a questa Settimana sociale, pienamente integrata nel cammino sinodale in corso: la partecipazione. L’esperienza di un ascolto diffuso di tutti i soggetti di una comunità, il discernimento di quanto accade intorno, che prima ancora di produrre delle “buone decisioni” sociali, può rigenerare i legami tra le persone. La partecipazione diventa elemento trainante, energetico, che rinforza l’unità, o – meglio – partecipando, esponendosi, ascoltandosi, ci fa riscoprire fratelli, più uniti e un po’ più coraggiosi, rinvigoriti di quella forza che permette di aprirsi, di trovare nuove strade, di intraprendere nuovi progetti. È una palestra dove ritrovare il gusto di pensare insieme ma anche di accogliere le posizioni più dissonanti e quelle più scomode, senza timore. Ecco allora il “tema” (che non è propriamente un tema) della Settimana sociale: la partecipazione. Il sentirsi tutti e ciascuno protagonisti, corresponsabili, chiamati ad un servizio; sia nella dimensione di cittadini dei nostri territori, sia nella dimensione ecclesiale. E sappiamo come per un cristiano queste due dimensione – tenere insieme fede e vita, interrogare la fede a partire dalla vita – costituiscono la cifra di una maturità personale e comunitaria. Al cuore della democrazia, quindi, c’è la partecipazione, affinché nessuno si senta esentato da offrire il suo pensiero, il suo contributo, il suo impegno nel costruire una società più giusta».
A Trieste porteranno il loro contributo anche il presidente della Repubblica Mattarella e papa Francesco. Come valuti queste presenze?
«In continuità con quanto detto prima, queste due figure evocano il tema della “confermazione”; in fondo il presidente della Repubblica, per ciascun cittadino e comunità civica, rappresenta la garanzia che le istituzioni si impegnano a confermare ogni giorno, nelle forme mediate dalla legislazione, i principi costituzionali, i cardini su cui ruota e si muove la vita insieme agli altri: in particolare il valore mai fin troppo affermato della dignità della persona umana, il valore del pluralismo, la necessità insita nella nostra condizione umana e relazionale della solidarietà, perché nessuno si senta e sia escluso. Così il Santo Padre, che tra i suoi ministeri ha quello di confermare i fratelli nella fede, mai solo percorso individuale, ma cammino comunitario verso il Padre, che anticipa nel suo incedere il Regno dei cieli, nella testimonianza quotidiana, feriale, del servizio, della ricerca del bene comune, della giustizia, di percorsi di riconciliazione e di pace, del dialogo».
Nutrite aspettative sui temi che verranno dibattuti a Trieste, per successivi stimoli e proposte da presentare in diocesi?
«Una prima aspettativa, frutto anche di una riflessione condivisa in questi mesi a livello regionale tra i responsabili della pastorale sociale e del lavoro, è quella di non farsi prendere dal senso di smarrimento di fronte alla complessità delle questioni e delle sfide del nostro tempo. Complessità che frequentemente porta a fare un passo indietro, a delegare ad altri, ad avere poca fiducia nei processi partecipativi (intra ed extra ecclesiali), a svuotare – appunto – di partecipazione e coinvolgimento i contesti dove si prendono insieme le decisioni (con tutte le derive personalistiche del caso). Esercitare la partecipazione, vivere la democrazia, è certamente faticoso, richiede rispetto, capacità di ascoltare l’altro, tessere relazioni nella verità, superare anche la logica – fin troppo attuale – di raggiungere consenso creando fratture e polarizzazioni. Una seconda aspettativa, correlata a quanto detto, è quella di poter ravvivare anche in forme di piccolo gruppo a livello diocesano percorsi di appassionamento ai temi caldi del vivere comune, che la dottrina sociale della Chiesa ha anche ben compendiato. Percorsi che possano motivare e appassionare soprattutto i giovani, anche per un loro impegno non solo a livello ecclesiale, ma anche civile. E ancora, inserendo questo appuntamento nel cammino sinodale, mettere a fuoco temi che possano essere significativi per la nostra comunità diocesana affinché si arrivi anche a porre concretamente in essere percorsi e opere che abbiano il carattere della profezia e della testimonianza di una Chiesa sempre più vicina alle vicende umane. Lo stile sinodale potrà arricchire, con il concorso dei molti che vorranno condividere lo sviluppo di questa esperienza, quanto seminato nella Settimana di Trieste. Invito fin da ora, anche tramite gli approfondimenti presenti sul sito web https://www.settimanesociali.it/ a voler mettere in moto questo processo di partecipazione».