Riflessioni

Videogiochi e cibo spazzatura

di Silvia Rossetti

Il cibo spazzatura, altrimenti detto junk food, si insinua sempre più nelle abitudini alimentari dei nostri adolescenti. L’attacco pare rivolto soprattutto ai gamer accaniti che, a causa della lunga permanenza davanti al monitor e l’uso continuo dei device, hanno maggiore possibilità di essere esposti al fuoco incrociato di spot pubblicitari finalizzati all’acquisto e al consumo di merendine, snack, energy drink e altri prodotti ad alto contenuto di grassi, conservanti, additivi, sale e zucchero. Insomma, a furia di vedere transitare cibo spazzatura sul video fra una partita e l’altra, gli adolescenti appassionati di videogame cederebbero con maggiore facilità rispetto ai coetanei alla tentazione di ingurgitare spuntini ipercalorici e malsani senza farsi troppe domande.

Nei giorni scorsi è stato presentato uno studio, condotto da un team dell’Università di Liverpool in Inghilterra, che ha coinvolto 490 adolescenti fra i 12 e i 18 anni. L’intento dei ricercatori è stato indagare attitudini, preferenze e consumo di cibo e capire se vi fosse una relazione con gli spot a cui erano esposti sulle piattaforme online di videogiochi come Twitch, YouTube Gaming o Facebook Gaming Live/Kick, che soltanto nel 2023 hanno avuto circa 30 miliardi di visualizzazioni.

Analizzando oltre 52 ore di video sulla piattaforma Twitch caricati da influencer popolari fra i ragazzini, gli autori della ricerca si sono imbattuti in diverse tipologie di marketing: non solo il classico spot ma anche l’influencer marketing o l’advergaming, in cui una pubblicità viene “travestita” da mini-gioco; quindi hanno cercato di comprendere l’effetto dell’esposizione a questo marketing online sui ragazzi e le loro scelte alimentari. È stato così possibile verificare che la continua stimolazione predispone al consumo del cibo sponsorizzato, infatti tra i ragazzi è stato registrato un significativo orientamento ad acquistare i prodotti segnalati. Gli studiosi hanno inoltre cercato di verificare le associazioni tra il ricordo della pubblicità vista e la propensione all’acquisto: anche in questo caso il legame è apparso molto stretto. I risultati raccolti non possono non allarmare riguardo le conseguenze che questi consumi potranno avere sulla salute dei più giovani, questo tipo di marketing si può definire come un vero e proprio “attentato quotidiano” al benessere fisico e psichico dei nostri ragazzi. C’è però da dire che, in contesti medici e di prevenzione, i videogames e la web community hanno dato prova di poter contribuire positivamente nella prevenzione e perfino nella cura di alcuni disturbi alimentari. I serious game, ad esempio,sono videogiochi progettati per scopi terapeutici.

Al giocatore possono essere proposte diverse attività per migliorare le prestazioni fisiche o cognitive. Il gioco può avvenire attraverso interfacce tradizionali come tastiera o mouse oppure interfacce intelligenti e sensori che monitorano sguardo, attività cerebrale, dati biologici come la frequenza del battito cardiaco. Il tipo di interazione varia a seconda che l’ambiente di gioco sia bidimensionale (2D), tridimensionale (3D), o una combinazione dei due. Le attività possono svolgersi online o in presenza e si può giocare singolarmente o in compagnia. Si tratta di strumenti sempre più utilizzati come supporto nel trattamento di molti disturbi e patologie come depressione e dipendenze. Insomma, ancora una volta la vera insidia non è la tecnologia, ma l’utilizzo che se ne fa e gli interessi economici che muovono certi mercati. Non solo… L’altra emergenza torna a essere il tempo che la maggior parte di preadolescenti e adolescenti trascorre in solitudine e senza controllo sui device e interagendo con seduttive piattaforme multimediali. Questi ultimi, oltre a dispensare intrattenimento, a quanto pare possono celare forme di forte condizionamento, persino di plagio.

Social media come Facebook, Instagram, Tik Tok potrebbero essere utilizzati con maggiore consapevolezza e senso critico. Potrebbero quindi rivelarsi utili anche a veicolare messaggi socialmente utili coinvolgendo anche i più giovani, con la giusta dose di creatività. L’effetto-community, in questo caso, farebbe da cassa di risonanza positiva.