È attivo dall’ottobre scorso nella parrocchia di Capanne un «laboratorio biblico» sperimentale in cui ciascun partecipante è invitato a immedesimarsi nelle scene del Vangelo utilizzando l’immaginazione, con un metodo che attinge anche alle risorse della psico-pedagogia e dell’arte drammatica.
Immaginate di essere contemporanei di Gesù, di seguire il suo ministero pubblico sulle strade impolverate di Giudea, Galilea e Samaria. Di parlare con Gesù e con i personaggi che contornano e assiepano gli spaccati dei racconti evangelici. Sappiamo dalla mistica che questo è stato possibile ad alcuni santi – ci viene in mente ad esempio la beata Caterina Emmerich, che riviveva in diretta la passione di Gesù, o lo stesso Padre Pio… Se parliamo di questo e in questi termini è perché dal mese di ottobre nella parrocchia di San Giuseppe a Le Capanne è iniziato un “laboratorio biblico” molto originale, che invita i partecipanti a “entrare” nelle scene della Scrittura. L’idea è venuta sullo scorcio dell’estate scorsa, quasi in modo balenante, al parroco don Udoji Onyekweli che nel raccontarci la cosa tiene anche a precisare che trattasi di un’esperienza che è ancora in fase sperimentale.
Questo metodo invita in buona sostanza i partecipanti ad attivare I l’immaginazione, la creatività e la capacità di visualizzazione: «Sono da tempo – racconta lo stesso don Udoji – alla ricerca di un metodo che permetta alla persona di entrare da interprete nei racconti biblici. L’intento è di favorire l’ingresso in un dato brano con quello che sono, per interagire e interloquire con i personaggi raccontati nel testo. È un incontrarsi con la Parola da protagonisti e non attraverso i protagonisti. Il laboratorio infatti non chiede di immedesimarsi con i personaggi della pagina, come insegna la meditazione, ma a essere io attore con gli altri attori. Si tratta in sostanza di diventare testimoni della scena».
Domando concretamente come avviene questo “ingresso”: «Viene innanzitutto tutto letto il testo, che inquadro poi con poche elementari notazioni, per ricondurre l’ascolto al contesto biblico dell’epoca. È importante anche per me frenare il desiderio di fare esegesi, o di svelare il significato dottrinale o morale della pagina… non è infatti questo l’intento. Poi ci prendiamo un tempo di 5-10 minuti di silenzio, dove invito i partecipanti a chiudere gli occhi e a immaginare di entrare in quella scena. Siccome viene detto che la Parola di Dio è viva, questo è un tentativo di rendere attuale quel racconto nella mia vita di oggi. Io mi metto in quella scena accanto a tutti i personaggi. Devo trovare una collocazione in base a quello che mi colpisce nel racconto. Stimolo sempre chi partecipa a immaginare di parlare con i personaggi del racconto, a cogliere le loro eventuali risposte o anche semplicemente a rimanere in silenzio a osservare. Una volta fatto questo, nella fase di uscita condividiamo quanto sperimentato, e ciascuno racconta cosa ha “visto”. È un modo di dare vita alle emozioni e sensazioni che si legano al testo biblico, in modo che non rimangano solo emozioni intime o effimere, ma vissuti che spingono a interagire e agire». Gli incontri si svolgono di lunedì con cadenza mensile nella saletta del cinema parrocchiale. Per adesso la partecipazione è volutamente ridotta, proprio perché siamo ancora in una fase di messa a punto. A ogni appuntamento viene preso in esame il brano evangelico letto nella Messa della domenica precedente, in modo che anche la memoria legata alla liturgia aiuti a immedesimarsi. «Il nostro desiderio con questa esperienza è di invitare a un incontro con la Parola, entrandoci totalmente». Don Udoji confida che questa esperienza è molto formativa per lui stesso: «Sto studiando, sto facendo ricerche per affinare questo metodo. Sto esplorando, ad esempio, il metodo psico[1]pedagogico applicato ai brani della Bibbia o il metodo filo[1]drammatico, che mette inscena il testo con immedesimazione nei personaggi. Spero di riuscire a trovare materiali e strumenti che mi aiutino a sviluppare ancora meglio questa idea».
L’ispirazione, dicevamo, è originale: «Da sempre sono stato affascinato della Scrittura. Ho preso la licenza in teologia biblica e ho sempre voluto trovare un modo perché le persone sentissero l’attualità del racconto biblico, che non è una storia del passato o un semplice racconto morale, ma è un fatto che parla con te oggi. L’idea che mi ha portato a tutto questo viene dunque da lontano. Prima ho voluto sperimentarla su di me: prendevo un racconto, lo leggevo, chiudevo gli occhi, entravo nella scena e camminavo con Gesù, con gli apostoli… si conversava. Da questo venivano belle sensazioni, incoraggiamenti, alle volte anche dubbi…».
Parlando del lavoro che si realizza con i partecipanti tiene a precisare: «In questa fase cerchiamo di andare per gradi. Dubbi e domande tentiamo di frenarli. Non c’è bisogno a questo stadio di dare risposte. A essere importante è il processo. Una volta che il metodo sarà affinato forse le risposte arriveranno da sole. All’inizio facciamo una invocazione allo Spirito Santo o una preghiera spontanea. Chiudiamo poi con una benedizione. Il prossimo incontro che faremo sarà il sesto e si terrà nel dopo cena di lunedì 4 marzo».