Uomo di rara intelligenza e spiccata sensibilità, studioso di Patristica e scrittore, era rimasto profondamente segnato dagli orrori della guerra civile che aveva insanguinato il suo paese
Ci ha lasciati in modo discreto, quasi senza fare rumore, Don Simon, un po’ come aveva vissuto negli ultimi anni, da quando era qui da noi in Italia. Una discrezione e un’umiltà che a molti hanno celato lo spessore intellettuale di quest’uomo. Alle esequie, celebrate lo scorso 14 aprile, il nipote don Clet Afro ha ricordato la sua monumentale tesi di dottorato su sant’Ambrogio, discussa alla Pontificia Università Salesiana: «Trattato di Sant’Ambrogio sullo Spirito Santo. Sintesi dottrinale e ricerca delle fonti: Ambrogio e Basilio», oltre a due suoi libri e vari altri articoli scientifici pubblicati in francese. Ma gli si farebbe un torto, se in questa circostanza facessimo pesare solo il suo profilo intellettuale, facendo passare in second’ordine le sue qualità umane, quelle che poi pesano di più davanti a Dio: persona gentile, buona, dalla sensibilità spiccata… portava purtroppo nel cuore il macigno degli orrori delle carneficine viste e vissute nel suo Ruanda, a causa della guerra civile tra hutu e tutsi; Ruanda da cui era dovuto fuggire nel 1996.
Memorie e ricordi pesanti che hanno «ferito profondamente il suo cuore e hanno poi segnato per sempre la sua vita, anche con successivi problemi di salute», come ha ricordato monsignor Migliavacca, nel telegramma di cordoglio inviato alla diocesi. Le esequie, presiedute dal vescovo Giovanni, sono state celebrate nella chiesa parrocchiale di Orentano, prospiciente a quella casa di riposo – la «Madonna del Rosario» – dove don Simon svolgeva servizio come cappellano. In questa circostanza monsignor Paccosi ha scelto di far proclamare il brano che riporta la preghiera sacerdotale del Signore: «Gesù alzati gli occhi al cielo pregò dicendo: “Padre voglio che quelli che mi hai dato, siano anch’essi con me dove sono io…”». Il vescovo ne ha preso spunto per richiamare la realtà del Mistero pasquale, la Presenza viva del Signore nella nostra vita e nella vita di don Simon in particolare, la sua chiamata nel Battesimo, seguita dalla chiamata al ministero sacerdotale. Cristo Crocifisso e Risorto è stato sempre l’orizzonte di prospettiva della sua vita. Poi monsignor Paccosi ha tenuto a ringraziare quanti si sono presi cura di don Simon in questi anni; ha fatto riferimento ai parenti, agli amici sacerdoti, ma soprattutto al personale della casa di riposo e in particolare alle Suore Figlie di Sant’Anna, alle Missionarie di Santa Teresa e alle Suore Figlie di Nazareth, che lo hanno assistito nelle sue ultime ore, con una presenza continua al suo capezzale in sala di rianimazione all’ospedale di Pescia.
Nato a Kiliba in Ruanda il 27 febbraio 1950, don Simon venne ordinato sacerdote il 3 agosto 1975. Nel 1977 arrivò per la prima volta in Italia per studiare a Roma, dove poi conseguì il dottorato il Lettere classiche e cristiane. Ritornato in Ruanda nel 1983, venne nominato prima cancelliere della sua diocesi di Ruhengeri e poi vicario generale. Nel 1988 ha co-fondato il Seminario minore di San Giovanni di Nkumba sempre in diocesi di Ruhengeri e ha avuto vari incarichi all’interno della Conferenza episcopale ruandese prendendo parte anche alla commissione nazionale per la traduzione della Bibbia nella sua lingua madre. Ha insegnato Lettere all’Università cattolica di Ruhengeri fino al 1994, fino cioè allo scoppio della guerra civile. Rifugiatosi nella Repubblica Democratica del Congo, ha poi raggiunto di nuovo l’Italia nel 1996. Arrivato nella nostra diocesi, con la quale aveva tenuto rapporti già dagli anni dei suoi studi romani, fu accolto a Fucecchio nella parrocchia della Collegiata da monsignor Idilio Lazzeri. Successivamente ha assunto vari incarichi, tra cui il servizio pastorale in diverse parrocchie (San Miniato Basso, Staffoli, Pieve a Ripoli, San Miniato), la mansione di bibliotecario al Seminario vescovile, e il ruolo di docente di Patrologia alla Scuola teologica di San Miniato.
Si è spento nell’ospedale di Pescia martedì 11 aprile. Anche il vescovo della sua diocesi di origine monsignor Vincent Harolimana si è fatto presente con un messaggio di profondo cordoglio letto durante le esequie. «La Chiesa, che egli servì con zelo», ha ricordato il nipote don Clet ai funerali, «fu per lui una vera madre, ed egli non cessò mai di difenderla, come è necessario per ogni figlio ben istruito e obbediente. Che Dio lo accolga nella sua Pace. Amen!».