Nel nome di Francesco, il santo di Assisi, ma anche nel nome di papa Francesco, si è svolto dal 19 al 21 novembre scorsi un evento on line che ha visto collegarsi da tutto il mondo giovani economisti, imprenditori, artisti ed esperti di comunicazione per confrontarsi sulle sfide di un nuovo modello di economia.
Questo è «The Economy of Francesco». L’idea, scaturita da un incontro del Santo Padre col vescovo di Assisi, Domenico Sorrentino, e l’economista Luigino Bruni, ha raccolto le adesioni di istituzioni accademiche, movimenti, associazioni, enti internazionali, ma soprattutto – come dicevamo – di tanti giovani, che si sono messi in lista per partecipare al meeting già dallo scorso gennaio, quando ancora si pensava che potesse svolgersi in “presenza”.
Per la nostra diocesi hanno partecipato tre giovani studiosi, Valerio Martinelli, Antonio Ughi e Iacopo Gronchi, ai quali abbiamo chiesto di condividere con noi idee e impressioni sull’iniziativa.
«Non è facile provare a ridurre in poche righe e battute quell’esperienza particolare che è stata, è e sarà “The Economy of Francesco”», dice Valerio Martinelli, ricercatore in Diritto del Lavoro e segretario dell’Osservatorio giuridico legislativo della Conferenza episcopale Toscana: «Difficile riassumere in poche parole mesi di lavori e incontri, ricerche e contatti, fra più di duemila giovani ricercatori, imprenditori e change makers (che traduciamo come “fautori del cambiamento”, ma forse non rendiamo giustizia all’espressione!) provenienti da tutto il mondo, impegnati nel “cambiare l’attuale economia e dare un’anima all’economia di domani”, così riportava l’invito originario di papa Francesco. Sviluppo economico, sostenibilità, benessere, povertà, lotta alle diseguaglianze, migrazioni, lavoro, beni comuni sono solo alcune delle questioni affrontate e sviluppate nei 12 “villaggi” tematici».
Valerio passa in rassegna alcune proposte emerse dal confronto nei gruppi: «Dall’abolizione dei paradisi fiscali alla comunione mondiale delle tecnologie, di cui tanto in questi giorni sentiamo la necessità; dalla riforma delle istituzioni finanziarie alla sostenibilità ambientale, sociale, spirituale e manageriale; dalla richiesta di un’istruzione di qualità per tutti alla garanzia di un lavoro dignitoso per tutte e tutti, che possa anche conciliarsi con i temi della cura degli affetti familiari e della propria vita privata. Su quest’ultimo punto, pur da prospettive ed esperienze diverse è stato chiaro fin da subito che il cosiddetto “mondo del lavoro” avesse bisogno di un’importante riflessione. Le sfide che viviamo oggi, pensiamo solo alle criticità riscontrate durante la pandemia in relazione alla regolazione del mercato del lavoro, con il doveroso blocco dei licenziamenti o alle problematiche legate allo smart working, e quelle che ci attendono domani, l’ulteriore evoluzione della globalizzazione, la digitalizzazione accelerata, la robotizzazione e l’automazione del lavoro, ci impegnano ad osservare un non tanto lento e sicuramente inesorabile processo di trasformazione del lavoro, nei suoi tempi, nei suoi spazi e nei suoi strumenti. “In una società realmente progredita – scrive Papa Francesco nell’enciclica Fratelli Tutti (162) – il lavoro è una dimensione irrinunciabile della vita sociale, perché non solo è un modo di guadagnarsi il pane, ma anche un mezzo per la crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere se stessi, per condividere doni, per sentirsi corresponsabili nel miglioramento del mondo e, in definitiva, per vivere come popolo”. Il fatto che da un evento mondiale come “The Economy of Francesco” questa centralità del lavoro venga ribadita, nel rispetto degli spazi propri della “cura” degli affetti, della famiglia e della propria vita personale ci fa capire che questi interrogativi non ricadono soltanto in dimensioni nazionali, ma ci riguardano tutti».
Antonio Ughi, è originario di Livorno, laureato al «S. Anna» a Pisa e specializzando a Roma, ha partecipato a «The Economy of Francesco» col gruppo di San Miniato: «Le società in cui viviamo – riferisce Antonio – sono incredibilmente dinamiche e in evoluzione. Il progresso tecnico apre nuove possibilità in molti settori, la ricerca scientifica dimostra sempre più di essere la chiave per migliorare gli standard di vita. Eppure, nella grande dinamicità, sembra risaltare l’inerzia dei sistemi di mercato e il rinsaldarsi di paradigmi economici che non sempre orientano l’operare di individui, imprese e paesi verso soluzioni sostenibili e inclusive. “The Economy of Francesco” ha rappresentato e rappresenta in questo un punto di svolta. Se la crescita economica può garantire benessere e nuove possibilità, la “direzione” di questa crescita non è neutrale, e in tal modo deve essere considerata, pensata e orientata; per rispondere alle diseguaglianze crescenti, alla crisi climatica e alle nuove difficoltà evidenziate dalla pandemia».
Sul significato di un evento come quello nato ad Assisi, Antonio si esprime in questi termini: «The Economy of Francesco ha dato la possibilità di uscire dall’inerzia e pensare al domani in modo condiviso, mettendo insieme professionalità, competenze e nazionalità diverse. Nel “metodo” ha dimostrato come solo collettivamente sia possibile rispondere alle grandi sfide del presente e ripensare il domani. Nel merito è stata una grande prova di coraggio e di responsabilità collettiva, di cui ciascuno dovrà continuare a farsi promotore. Perché come ha affermato papa Francesco, “Assisi non è un punto di arrivo ma la spinta iniziale di un processo che siamo invitati a vivere come vocazione, come cultura e come patto”. Perché solo collettivamente potremo garantire una crescita economica che sia equa e a beneficio di tutti».
La parola passa infine a Iacopo Gronchi, originario di Capanne, che dopo la laurea triennale al «S. Anna» si trova adesso in Finlandia per uno stage: «Viviamo in un mondo ferito ed estremamente complesso. In maniera ben più drastica di precedenti eventi climatici, crisi finanziarie e il consolidarsi delle disuguaglianze socioeconomiche, la pandemia ha reso evidente una volta per tutte l’enorme scarto che separa la portata globale di questi fenomeni e la capacità degli individui di farvi fronte – tantomeno di risolverli. Per colmare questo divario, la politica da sola non è sufficiente. Abbiamo bisogno di una società civile viva e propositiva; che sostenga, accompagni, e talvolta contesti o guidi la stessa politica. Questa è l’intuizione più bella di “The Economy of Francesco”. Collaudare e mettere a frutto le potenzialità culturali, intellettuali e relazionali finora inespresse della comunità cattolica. Prendere di petto le grandi domande del nostro tempo e provare a dare alcune prime, provvisorie risposte. Farlo dando vita a una vera comunità globale – perché questo è l’unico modo possibile per affrontare problemi globali». E sono tre le parole chiave che Iacopo mette in evidenza: «Proposito: la volontà deliberata di fare una cosa al posto di un’altra. Il premio Nobel Mohammed Yunus si chiede: quali sono i propositi della finanza? Come possiamo fare in modo che questo potente strumento economico contribuisca a risolvere queste sfide anziché ad aggravarle? Cura: l’interessamento attento e premuroso che si prova per qualcuno o per qualcosa. La professoressa Jennifer Nedelsky si chiede: è giusto che la dimensione del lavoro sia divenuta così totalizzante in larga parte delle nostre società da aver ridotto la stessa cura a un’altra forma di lavoro da esternalizzare? Cosa ci perdiamo in questo passaggio? E soprattutto: una cultura della cura può essere una valida alternativa a una cultura del lavoro? Comunità: un insieme di persone che hanno comunione di vita sociale e condividono gli stessi interessi. Io mi chiedo: come possiamo fare in modo che i cittadini, i lavoratori, i giovani, gli imprenditori delle nostre comunità locali e nazionali abbiano gli strumenti per riscoprire questa dimensione collettiva, coordinarsi e coltivarla promuovendo insieme, in prima persona, un cambiamento positivo? In altre parole: come riprodurre l’esperimento “globale” di “Economy of Francesco” su scala locale?».
I nostri giovani si augurano – e noi con loro – che «esperienze come questa siano solo la scintilla iniziale di un processo più ampio e duraturo di riflessione, di studio e di intervento a tutti i livelli». D’altronde, come ci ricorda papa Francesco, «non possiamo più permetterci di “restare fuori da dove si genera il presente e il futuro”. O saremo coinvolti “o la storia” ci “passerà sopra”».