Credo che sia la retorica ciò che di primo impatto colpisce di più di una persona; di un personaggio pubblico o, comunque, di un soggetto che parla al popolo. E posso, senza titubanze, affermare che Don Andrea sia un maestro della retorica. Che spinge chi ancora non lo conosce ad avvicinarsi al nostro Movimento. E’ un elemento comune a molti, quello di essere diventati volontari di Shalom dopo aver sentito parlare Don Andrea. Un uomo che parla a tutti, senza distinzioni. È veramente raro trovare persone che sappiano trasmettere messaggi così carichi di contenuto e mai banali. Dalle omelie ai suoi pensieri sull’attualità; dai messaggi rivolti ai poteri forti del mondo alla sua visione del ruolo-Chiesa tra le persone e non al di sopra di queste; dai messaggi lanciati direttamente dal campo delle missioni umanitarie alle più semplici – ma mai banali – chiacchiere da amico. Sì, perché chi ha la fortuna di potersi vantare di questa amicizia, sa bene di poter contare nel momento del bisogno sulla sua presenza e sui suoi preziosi consigli. Ma se al primo momento ciò che colpisce sono i messaggi di grande umanità che trasmette, ciò che subito dopo sorprende e stupefà sono i fatti. Non si tratta di mere formule retoriche o di discorsi fini a se stessi. Il bello è che ciò che dice lo fa veramente. Ed il bello comincia proprio nel trasformare quelle parole in fatti. Ed in questo si è sempre dimostrato in prima linea, pronto a trainare fino all’obiettivo chi gli sta intorno.
Personalmente, posso dire di avere avuto la fortuna di essere stato cresciuto ed educato con i principi e con gli ideali Shalom. Della famiglia Shalom. È incredibile la potenza dell’espansione di certi valori che un uomo può riuscire a trasmettere ad intere famiglie, ad intere generazioni. Tutto questo è sicuramente merito di un carisma travolgente. Mi piace pensare che ciò che don Andrea sta facendo oggi non sia altro che ciò che ha fatto – quando aveva all’incirca la mia età – tra Staffoli e San Gervasio, quando tutto ha avuto inizio. Stare tra la gente, tra i giovani, per costruire un mondo più egualitario e meno egoistico, con il solo scudo della solidarietà e della pace. Ché poi, in fondo, è proprio questa visione utopistica a spingerci a fare ciò che facciamo quotidianamente noi di Shalom. Fin da piccolo, piccolissimo, lo sentivo parlare delle missioni in Africa e dei progetti del Movimento. Dei pozzi, delle adozioni, degli orfanotrofi e delle scuole. Di come vivesse gran parte della popolazione nel mondo. Di come vivessero le persone in certi paesi, senza strade, senza case, senza scuole, senza luce e, talvolta, senza acqua e cibo. Ma come al tempo stesso vivessero con grande integrità e dignità la propria situazione. A sentirlo mi sembrava quasi di essere stato lì, in quei paesi. Ma invece no. Non era così. Appena ho avuto la possibilità sono partito. Insieme a Don Andrea. Insieme a tanti altri giovani. E solo con i miei occhi ho potuto vedere veramente cosa era riuscito a fare; con le mie mani sono riuscito a toccare i mattoni usati per costruire i pozzi, gli orfanotrofi, le scuole; solo con le mie orecchie sono riuscito a sentire i ringraziamenti delle persone, dei gruppi Shalom locali; le risate dei bambini. Da lì tutto è cambiato. Non solo per me ma anche per molti altri ragazzi con cui avevo viaggiato. Non si trattava delle tristemente e troppo note cattedrali nel deserto ma di vere e proprie comunità sostenute da Shalom. Progetti nati dal territorio, dalle reali esigenze delle persone e da queste, poi, portate avanti in autonomia. Con vita propria. Un qualcosa di incredibilmente innovativo. Non carità, ma sostegno. Non un aiuto dato per sentirsi meno cattivi – e più ipocriti – ma una mano sincera porta a dei fratelli. A dei fratelli Shalom.
È proprio questa visione rivoluzionaria del mondo che ci permette oggi di avere oltre 20.000 soci e volontari, sparsi in ogni continente. Ed è, forse, proprio questa concezione di cooperazione ad attrarre ancora oggi – e sempre più – molte persone che decidono di dedicare il proprio tempo e le proprie energie nei progetti Shalom. Ancora più sorprendente se si considera che molte di queste persone sono ragazzi e ragazze. In un momento in cui si sente spesso tacciare i giovani di menefreghismo e di mancaza di ideali, non può che essere, questo, un motivo di orgoglio. Per i 70 anni di don Andrea avevamo pensato di organizzare una festa a sorpresa. La pandemia non ce l’ha permesso. Ma non è altro che un rinvio a breve. A nome mio e dell’intera famiglia Shalom, auguro a don Andrea un felice compleanno e lo ringrazio di cuore per quanto continua, infaticabilmente, a trasmetterci.