Ogni anno nell’ultima settimana di ottobre si celebra, in San Miniato la festa del SS. Crocifisso, detto di Castelvecchio. Questo evento, così ricco di devozione, richiama l’attenzione non solo dei fedeli di San Miniato ma di tutta la diocesi. La devozione popolare a questo «prodigioso» simulacro ligneo, risalente al XI secolo, abbandonato in San Miniato secondo la leggenda da due viandanti, divenne negli anni dal 1628 al 1631, segnati dal flagello della peste, forte ed accorata con grande speranza di aiuto. In questa circostanza fu sancito il famoso voto da cui sarebbe scaturita, per volontà del vescovo Poggi, la costruzione del nuovo Santuario per custodire, onorare e venerare l’immagine del «miracoloso Crocifisso», grazie al quale la popolazione sarebbe stata risparmiata «dall’ennesima epidemia».
Questa è la sua storia, tra leggenda e realtà, dalla quale emerge nella sua totale complessità, il mistero della Croce, liturgicamente celebrato in questa solenne ricorrenza. Che cosa ci vuole ricordare spiritualmente, nella sua essenza, questo evento? Per noi cristiani la Croce è il cardine della fede: il Figlio unigenito di Dio viene immolato sulla Croce per la salvezza di tutti noi uomini. Con questo drammatico atto si concretizza e termina il disegno di Dio per il suo figlio su questa terra, poiché tutto era compiuto: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Inizia per l’uomo il suo cammino e nella sua libertà di scelta, di convinzione, di fede, può vivere la Parola che durante i suoi 33 anni di vita terrena Gesù ha insegnato.
L’uomo si trova solo con la sua anima e la sua ragione: le due caratteristiche attraverso le quali, anche se molte volte, inconsciamente imposta la propria vita. Spirito e corpo si fondono. L’uno integra l’altro e la Parola, accettata e condivisa, si fa guida di vita. La Croce incorpora altri suggerimenti, altri principi, altri aspetti della nostra vita, come la sofferenza, il dolore fisico, il distacco tra madre e figlio, tra amico ed amici. Appare il trionfo della morte sulla vita. Nell’immagine della Croce invece si nasconde, nel suo mistero spirituale, la realtà del nostro vivere, premiata dalla continuità della vita: «Donna ecco tuo figlio» ed a Giovanni «Ecco tua madre». In queste parole di Gesù vi è soprattutto un atto di molto umano. Vediamo Gesù come vero uomo che fa un atto di uomo, un atto di amore per la madre ed affida la madre al giovane Giovanni perché sia sicura. Vediamo in questo la vera umanità, il vero umanesimo di Gesù. «Questo è realizzato nel corso della storia: sempre più l’umanità e i cristiani hanno capito che la madre di Gesù è la loro madre e sempre più si sono affidati alla Madre. La Madre è immagine della Chiesa, della Madre Chiesa ed affidarci a Maria dobbiamo anche affidarci alla Chiesa, vivere la Chiesa, essere la Chiesa con Maria» (Papa Benedetto XVI). Con l’ultimo atto di Gesù, rendendo il suo Spirito al Padre prima di morire, si fonda la comunità cristiana nelle persone della Madre e del Discepolo amato. Dal Golgota nasce la Chiesa, vergine e madre. Da questa ricorrenza festosa del SS Crocifisso, preparata nella preghiera per un’intera settimana, emergono, nella loro singolarità, queste figure, Madre e Figlio, come anelli di un’unica catena: senza Maria non ci sarebbe Gesù, senza loro non ci sarebbe la Chiesa. In questo quadro abbiamo soprattutto rivelazione di amore, espresso dalla Croce, come «sorgente e sostanza di ogni bene e quale carattere di fondo della identità della Chiesa e del credente».
Quel crocifisso ligneo, abbandonato in San Miniato, ringraziato e lodato con singolare scenografica tradizione popolare, tutto questo ci ricorda. Cantiamo allora con fede, con riflessione, con devoto ed umile ringraziamento: «Ti saluto o Croce santa che portasti il Redentor, gloria e lode onor ti canta ogni lingua ed ogni cuor».