VI Domenica di Pasqua (anno A)
(Letture: At 8,5-8.14-17; Sal 65; 1 Pt 3,15-18; Gv 14,15-21)
«Acclamate Dio, voi tutti della terra, cantate la gloria del suo nome, dategli gloria con la lode». Le parole del salmo 65 che abbiamo ascoltato poco fa, trovano la propria attualizzazione bellissima in questa celebrazione dell’anniversario della dedicazione della Cattedrale e del Giubileo dei coristi, per i 400 anni della diocesi di San Miniato.
La rassegna diocesana dei Cori, svoltasi nelle scorse settimane nei quattro vicariati, oggi trova il suo culmine nel Giubileo. Giubileo, giubilo, gioia e gratitudine che non sono il sorriso o l’ilarità “di plastica” di certe trasmissioni televisive, ma l’erompere dal cuore della gratitudine per scoprirsi amati e perdonati, e insieme il canto della vittoria, non della “nostra” vittoria, ma della Sua vittoria, della vittoria di Gesù sul male e sulla morte. Continua il Salmo: «Sia benedetto Dio, che non ha respinto la mia preghiera, non mi ha negato la sua misericordia».
Canto di gratitudine, canto di speranza, canto di persone risorte, rimesse in piedi e in cammino dal suo sacrificio. Canto che nasce ora come allora, perché vediamo i frutti della sua redenzione. La prima lettura ci ha parlato di Filippo che dà testimonianza di Cristo con parole e con fatti prodigiosi che provocano la gioia di tutta una città. Oggi siamo noi qui a cantare le opere di Dio che ha suscitato tra noi testimoni che più che con le parole, con le loro opere, hanno riacceso la speranza di un popolo. Nella storia della diocesi c’è tanta ricchezza di espressione musicale, quasi ogni chiesa ha il suo coro e il suo organo, e ci sono stati e ci sono sacerdoti che promuovono e insegnano a cantare.
Nella mia esperienza in America latina ho scoperto una cosa che forse pochi, anche in quel continente così musicale, sanno. Fu un Vescovo santo, Turibio di Mogrovejo, che nel secondo concilio limense, nel sedicesimo secolo, stabili che in ogni parrocchia dell’America latina ci dovesse essere obbligatoriamente una scuola di musica, un coro e un’orchestra. E quando, visitando delle chiesette di sperduti paesini a quattromila metri, ho visto lì degli organi a canne del 1600 (ne ho visto uno che veniva dal Belgio, nella chiesa di Rapaz, a 4300 metri), mi sono commosso, pensando che senza la consapevolezza di San Turibio non ci sarebbe oggi la bellezza e la varietà impressionante della musica latinoamericana.
Ma da noi la storia è ancora più antica e ugualmente attuale: cito solo Monsignor Cosimo Balducci, che proprio qui a San Miniato ha generato una tradizione di amore al canto e alla liturgia che perdura e dà così bei frutti.
San Pietro ci invita, lo abbiamo sentito, a essere «pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi». Come già Filippo, che convinceva le folle non perché le sue parole rendevano ragione dei gesti e dei miracoli che accadevano, così oggi anche noi siamo chiamati a rendere ragione della nostra speranza con la bellezza della vita che il Signore ci dona.
La bellezza che nei secoli è nata dalla fede, e che voi rendete viva è questa testimonianza che può colpire oggi come allora il cuore di chi cerca. Fatelo, dice San Pietro, «con dolcezza e rispetto»: cosa più dolce e rispettoso dell’armonia della musica e del canto? Testimoni, ci dice il vangelo con l’amore, che è il suo comandamento: il Vangelo oggi sembra dirci un messaggio contraddittorio. «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti» – dice Gesù – e poi afferma: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama». Dobbiamo quindi sforzarci di osservare i suoi comandamenti per dimostrare che lo amiamo? Più in profondità mi sembra che Gesù ci dica che per poter vivere secondo la sua volontà l’unica condizione è che lo amiamo davvero. Se lo amiamo, e sappiamo di essere così fragili, allora chiediamo, mendichiamo che Lui ci dono il suo Spirito.
Ho iniziato dicendo che la preghiera è un canto di gratitudine e ora affermo che è domanda. Proprio l’eucaristia che celebriamo ci aiuta a capire che si tratta della stessa cosa: chiediamo a Lui e ci mettiamo a sua disposizione, commossi fino a cantare per la Sua misericordia che ci dona se stesso.
Chiediamo che questo Giubileo, rinnovi in ognuno di noi l’amore a Gesù in modo che il nostro canto sia testimonianza del suo amore e che la nostra stessa vita sia questo canto.
+ Giovanni Paccosi