«Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Così Gesù proclamò davanti a chi lo conosceva da tutta la vita, la gente di Nazaret, che quello che loro credevano di sapere – «Non è il figlio di Giuseppe?» diranno (Lc 4, 22) – non bastava a spiegare quel che avevano davanti. Anche noi oggi apriamo il nostro cuore a riconoscere come Gesù rompe il “già saputo” e ci chiama a rinnovare la nostra commozione e il nostro amore per Lui, che è entrato nella storia del mondo per manifestare l’amore del Padre, ed è entrato nella vita di ognuno di noi per farci una cosa sola con Lui.
«Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!» dice il libro dell’Apocalisse: Gesù è il sacramento del Padre, segno efficace del Suo infinito amore. Nel Vangelo di Giovanni troviamo tante testimonianze di questo: «Filippo chi vede me vede il Padre» (Gv 14,9); «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30); «Le cose che io dico non le dico da me; ma è il Padre che compie le sue opere» (Gv 14,10). In Lui si compie la liberazione annunciata. Tutto gira attorno a Lui, perché Lui è l’alfa e l’omega, l’origine e il fine. Tutto per noi è Cristo e Lui è tutto. Non nel senso di una privazione, come se tutto il resto non esistesse: a volte addolora vedere che chi si dice cristiano, non si interessa della realtà, dei fratelli. Invece proprio nel senso contrario, cioè che da Lui sorge il nostro amore indomabile per ogni persona per chi soffre e aspetta l’annuncio della liberazione di Gesù per la società, per il mondo in cui viviamo.
Celebriamo la Messa Crismale, e questi olii sono, sacramentalmente, strumento della sua Presenza salvifica, e lo siamo noi, vescovo, presbiteri e diaconi, uniti qui fisicamente in questo rito che si celebra nei giorni della passione di Gesù, perché nasce da essa. Da Gesù, nella sua persona umana che poteva sembrare nulla davanti al potere del mondo, che nei giorni della sua passione veniva ridotta quasi al nulla – «Svuotò sé stesso» (Fil 2,7) – fluisce il profumo di una vita nuova, di quella vita piena che ogni persona spera e cerca e che noi abbiamo riconosciuto dono di Dio attraverso Cristo, e di cui abbiamo bisogno e ha bisogno il mondo intero ora, oggi, qui.
La celebrazione di oggi rinnova la coscienza di essere popolo suo, suo corpo misterioso e vivente. Infatti con il Crisma Gesù ci dona lo Spirito, ci unisce a sé. Nel prefazio che tra poco sarà proclamato si riassume così questo mistero: «Egli comunica il sacerdozio regale a tutto il popolo dei redenti. Nel suo amore per i fratelli sceglie alcuni che, mediante l’imposizione delle mani, rende partecipi del suo ministero di salvezza, perché rinnovino nel suo nome il sacrificio redentore e preparino ai tuoi figli il convito pasquale. Servi premurosi del tuo popolo, lo nutrano con la Parola e lo santifichino con i sacramenti; donando la vita per te e per la salvezza dei fratelli, si conformino all’immagine di Cristo, e ti rendano sempre testimonianza di fede e di amore».
Cristo comunica sé stesso alla Chiesa. In primo luogo perciò, come ascoltiamo, sta il sacerdozio regale di tutto il popolo dei credenti. La comunione della Chiesa, l’unità dei credenti è il grande segno sacramentale di Cristo. Anche il nostro ministero, quello sacerdotale del Vescovo e dei preti e quello di servizio ordinato dei diaconi, ha lo scopo di servire questo popolo. Le parole del prefazio ci interpellano, come lo faranno le domande che vi rivolgerò, perché rinnovano in noi la coscienza che siamo al servizio del suo popolo, del suo disegno per tutti gli uomini, dell’edificazione del regno, di cui la Chiesa è segno e strumento: «La Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (LG 1).
Nello stesso tempo rendono evidente che si tratta di una cosa semplice: rinnovare quell’amore che ci ha affascinato all’inizio, quando «spinti dall’amore di Cristo» abbiamo detto il nostro sì. Giorno per giorno siamo spesso assediati da tante preoccupazioni, da momenti di solitudine o di dubbio, ma oggi qui, guardando a questo corpo vivo, al corpo vivo della nostra comunità diocesana e del presbiterio, riandiamo a quel primo momento e diciamo di nuovo quel sí commosso. Poi, come faremo alla fine della rinnovazione delle promesse, dobbiamo chiedere, implorare, mendicare che Cristo ci sostenga e faccia rifiorire in noi un sì lieto e totale, ma se ci guardiamo intorno oggi, ora, qui, la Sua presenza in questa comunione della Comunità diocesana e del presbiterio è il miracolo di cui rallegrarci e che ci ridà baldanza.
Per me è la prima volta, da Vescovo, che vivo con voi questo momento di comunione e insieme a voi benedico questi oli che sostengono la vita del popolo cristiano. Spero di potervi voler bene ogni giorno di più, spero che insieme possiamo veder crescere la testimonianza di Cristo in questo pezzo di mondo che ci è affidato, spero che possiamo aiutarci a riconoscere i germogli di vita nuova che lo Spirito suscita, a non spegnere nelle strutture la vita che sorge.
Preghiamo insieme, mentre riaffermiamo il nostro sì alla chiamata di Cristo, per la nostra gente: i poveri, i malati, gli anziani, i più fragili, gli immigrati, i giovani i bambini, le famiglie, specie quelle in difficoltà. In ognuno di voi, lo so, queste parole portano alla mente volti concreti, di persone che conoscete e per cui vi prodigate. Preghiamo per loro e per quelli che non riusciamo ancora a conoscere e a cui ancora non sappiamo come voler bene e come annunciare Gesù. Preghiamo lo Spirito, che agisce nella Chiesa, nei sacramenti e che suscita ogni respiro di vita e di bene, che prenda il poco che siamo e che possiamo fare, per generare incessantemente il regno di Dio in questo mondo piagato.
Gesù, che in questi giorni davanti a noi rinnovi la tua offerta sulla croce, donaci di non aver paura di offrire noi stessi con te e donaci di farlo con letizia. Così sia.
+ Giovanni Paccosi