Prima di tutto, sono lieto di salutare voi sindaci, autorità e rappresentanti delle Istituzioni del territorio della nostra Diocesi di San Miniato, vasto e così ricco di vita associativa e solidale. Anche in questi giorni Natalizi, quante iniziative religiose, culturali, di solidarietà hanno contribuito a rendere bella e condivisa la celebrazione della nascita di Gesù.
Abbiamo vissuto insieme questo anno, (per me il primo a San Miniato) segnato da tanti eventi locali, nazionali e internazionali, che ci hanno colpito profondamente.
Partendo dagli eventi più vicini, abbiamo tutti negli occhi quello dell’alluvione del 2 novembre, dramma che ha coinvolto molta della nostra gente, in cui i danni dell’imprevedibile forza distruttiva della natura non hanno però sommerso la ammirevole dedizione di tanti volontari, che si sono subito lanciati a condividere le difficoltà degli alluvionati, e delle amministrazioni pubbliche che hanno risposto con prontezza all’emergenza. Anche le nostre comunità parrocchiali, le nostre associazioni sono state e sono in prima linea in questa gara di solidarietà.
Abbiamo avuto e abbiamo ancora da affrontare l’emergenza dei profughi, che in fuga dalla guerra e dalla povertà arrivano tra noi cercando una vita migliore, a volte anche accettando solo di vivere in estrema precarietà, pur di poter sostenere le proprie famiglie. Anche qui mi sembra di poter dire che il nostro territorio riesce, con ovvie difficoltà, a accogliere e integrare poco a poco questi fratelli che vengono da lontano, nell’attenzione alla dignità di ogni persona.
Proprio in questi giorni, un rapporto dell’Ufficio studi Coop, sottolineava come il nostro sembra un “paese in pausa”, in cui l’attesa e il desiderio di cambiamento e di bene, per esempio del bene dei figli, si arrende, sembra, a un’incertezza che fa rimandare lo sforzo di nuovi inizi e impegni rischiosi a un futuro indeterminato.
«A forza di rinvii e rinunce, – cito l’articolo di Irene Scalise apparso ieri, 6 gennaio 2024, su La Repubblica – infatti gli italiani si acconciano a una vita fatta di piccole cose, vivono per sottrazione più che per aggiunte, e il futuro del Paese si contrae in una dinamica temporale dominata dal presente».
Uno scenario che ci invita a domandarci continuamente quali sono le risorse ideali che possono aiutarci e aiutare il nostro popolo a rimettersi in cammino con speranza. Questa domanda è particolarmente importante quest’anno, che segna per molti dei nostri comuni anche il rinnovamento delle amministrazioni comunali.
Estendendo lo sguardo alla dimensione universale, all’allarme riguardo al cambiamento climatico, soprattutto la guerra, che un anno fa tutti auspicavamo potesse finire presto, continua a mietere vite innocenti e non più solo nel conflitto tra Ucraina e Russia, ma anche in quello dolorosissimo della Terra Santa, di quella terra in cui la nascita di Gesù fu annunciata come portatrice di pace.
Speriamo e chiediamo a Dio che in questo 2024 possano giungere la fine del conflitto armato e della corsa generalizzata al riarmo, e soprattutto inizino cammini di riconciliazione e di riconoscimento reciproco.
Veniamo alla ragione specifica del nostro ritrovarci qui oggi: nel primo giorno dell’anno, ormai da 57 anni, il Papa rivolge al mondo intero un Messaggio per invitare tutti a costruire con impegno la pace e oggi ve lo consegno con alcune annotazioni.
Le sue parole si soffermano quest’anno su una realtà sempre più importante nello sviluppo della conoscenza scientifica e della vita sociale, politica ed economica: l’intelligenza artificiale.
Nello scenario che abbiamo sommariamente descritto può sembrarci un tema meno urgente di altri: ritengo invece che proprio nel modo con cui Papa Francesco lo affronta ci siano elementi che danno luce su tutte le emergenze del presente e che aiutano a immaginare con speranza il futuro prossimo e anche più a lungo termine.
Riprendo alcuni passaggi che sfidano molto le nostre coscienze, che spesso si pongono davanti alle novità della scienza e della tecnologia solo affascinate dei vantaggi immediati di questi progressi, mentre il Papa invita a considerarne tutti i fattori.
In primo luogo sottolinea l’importanza dei progressi scientifici al servizio del bene delle persone, ma immediatamente ne ricorda la finalità, di cui non si deve smarrire la coscienza.
«La dignità intrinseca di ogni persona e la fraternità che ci lega come membri dell’unica famiglia umana – ricorda Papa Francesco – devono stare alla base dello sviluppo di nuove tecnologie e servire come criteri indiscutibili per valutarle prima del loro impiego, in modo che il progresso digitale possa avvenire nel rispetto della giustizia e contribuire alla causa della pace».
Infatti non è mai sgominata la tentazione dell’illusione di onnipotenza, che il progresso scientifico può generare (e ha generato) nell’uomo e nei detentori del sapere e del potere.
Se non si ha chiaro l’orientamento al bene dell’umanità del progresso delle conoscenze e della tecnica, afferma il Papa:
«Gli sviluppi tecnologici che non portano a un miglioramento della qualità di vita di tutta l’umanità, ma al contrario aggravano le disuguaglianze e i conflitti, non potranno mai essere considerati vero progresso. – e continua più avanti – L’essere umano, infatti, mortale per definizione, pensando di travalicare ogni limite in virtù della tecnica, rischia, nell’ossessione di voler controllare tutto, di perdere il controllo su sé stesso; nella ricerca di una libertà assoluta, di cadere nella spirale di una dittatura tecnologica. Riconoscere e accettare il proprio limite di creatura è per l’uomo condizione indispensabile per conseguire, o meglio, accogliere in dono la pienezza».
Vengono alla mente le parole di Papa Benedetto, nell’Enciclica Spe Salvi, quando metteva in guardia sulla ambiguità dell’idea di progresso:
«Un progresso addizionabile è possibile solo in campo materiale. Qui, nella conoscenza crescente delle strutture della materia e in corrispondenza alle invenzioni sempre più avanzate, si dà chiaramente una continuità del progresso verso una padronanza sempre più grande della natura» (Benedetto XVI, Spe Salvi, n. 24).
Sapere sempre più, ed essere capaci di fare sempre più cose non ci rende migliori di per sé. Il progresso può essere per il bene ma anche per il male. Lo aveva detto un filosofo del secolo XX, Theodor Adorno con una frase icastica: «il progresso, visto da vicino, sarebbe il progresso dalla fionda alla megabomba» (cf. Benedetto XVI Spe Salvi, 22).
«Poiché l’uomo rimane sempre libero e poiché la sua libertà è sempre anche fragile, non esisterà mai in questo mondo il regno del bene definitivamente consolidato. Chi promette il mondo migliore che durerebbe irrevocabilmente per sempre, fa una promessa falsa; egli ignora la libertà umana. La libertà deve sempre di nuovo essere conquistata per il bene». (Benedetto XVI, Spe Salvi, n. 24)
Nello stesso senso Papa Francesco ricorda che c’è qualcosa di più degli algoritmi:
«Non si deve permettere agli algoritmi di determinare il modo in cui intendiamo i diritti umani, di mettere da parte i valori essenziali della compassione, della misericordia e del perdono o di eliminare la possibilità che un individuo cambi e si lasci alle spalle il passato».
Infine, il vero progresso si dà quando si lavora per la pace.
«Le più avanzate applicazioni tecniche non vanno impiegate per agevolare la risoluzione violenta dei conflitti, ma per pavimentare le vie della pace». Ancora, il Papa afferma: «In un’ottica più positiva, se l’intelligenza artificiale fosse utilizzata per promuovere lo sviluppo umano integrale, potrebbe introdurre importanti innovazioni nell’agricoltura, nell’istruzione e nella cultura, un miglioramento del livello di vita di intere nazioni e popoli, la crescita della fraternità umana e dell’amicizia sociale. In definitiva, il modo in cui la utilizziamo per includere gli ultimi, cioè i fratelli e le sorelle più deboli e bisognosi, è la misura rivelatrice della nostra umanità».
Il Papa insiste ricordando che costruire accoglienza e non muri è la finalità di ogni progresso nella conoscenza e nella tecnica.
«Purtroppo, ancora una volta ci troviamo a dover combattere “la tentazione di fare una cultura dei muri, di alzare muri per impedire l’incontro con altre culture, con altra gente” [14]e lo sviluppo di una coesistenza pacifica e fraterna. (…) La pace – invece – è il frutto di relazioni che riconoscono e accolgono l’altro nella sua inalienabile dignità, e di cooperazione e impegno nella ricerca dello sviluppo integrale di tutte le persone e di tutti i popoli».
Il Santo Padre conclude affidando al Signore questi propositi di pace.
«La mia preghiera all’inizio del nuovo anno è che il rapido sviluppo di forme di intelligenza artificiale non accresca le troppe disuguaglianze e ingiustizie già presenti nel mondo, ma contribuisca a porre fine a guerre e conflitti, e ad alleviare molte forme di sofferenza che affliggono la famiglia umana».
Spero che la lettura di questo Messaggio di Papa Francesco possa essere ispiratrice del nostro impegno quotidiano al servizio delle nostre comunità e auguro a tutti voi un anno prospero e che il Signore vi benedica in ciò che fate per la nostra gente.
Mi permetto invitarvi infine a partecipare alle iniziative diocesane e parrocchiali del Cammino Sinodale della Chiesa Italiana che quest’anno, nella fase chiamata “sapienziale”, cioè dedicata a discernere che scelte dobbiamo fare, prende in esame il grande tema della “formazione alla fede e alla vita” per trovare nuove strade per vivere e comunicare gli ideali e i valori che nascono dal Vangelo di Gesù.
Rinnovo l’espressione della volontà mia e di tutta la comunità ecclesiale di San Miniato di collaborare in tutti i modi possibili a una società più attenta alla persona umana, in particolare a chi è più debole e indifeso.
+ Giovanni Paccosi