Le donne che al mattino del giorno dopo il sabato andarono al sepolcro dove era stato sepolto Gesù, rimasero sbalordite: la pietra che chiudeva l’ingresso era stata rotolata via e dentro non c’era più nessuno.
Si erano recate al sepolcro con un subbuglio di sentimenti contrastanti ma sostanzialmente ricolme di sofferenza, delusione e amarezza. Esattamente come siamo noi tante volte. L’asprezza dell’esistenza ci mette duramente alla prova. Non è difficile provare un senso di frustrazione e di infelicità. Nella bocca, un certo non so che di amaro, quando non diventa pianto esasperato, grido di disperazione. Le difficoltà dell’oggi, la terribile mancanza di lavoro o di un lavoro che permetta un dignitoso sostentamento, l’incertezza del futuro per i giovani, ma anche la malattia e la vecchiaia, il fallimento degli affetti, la solitudine e quel dover fare i conti con se stessi e trovarsi in grave difetto, ebbene, tutto questo ci avvicina a quelle donne che per pietà ma senza speranza, andarono al sepolcro di Gesù la mattina del giorno dopo il sabato. Come il loro, il nostro cuore spesso è spento, stanco, demoralizzato, mentre sale purtoppo la rabbia, che rischia di farci sentire sempre più nemici l’uno dell’altro.
Qualcosa però sconvolge l’assetto delle cose, il filo del cupo ragionamento e dei tristi sentimenti: le donne si trovano di fronte a un fatto nuovo, inaudito, che cambia la prospettiva degli eventi. Il sepolcro è vuoto, chi vi era stato deposto non c’è più, le bende che ne avvolgevano il corpo sono piegate in disparte. In più le donne incontrano un personaggio misterioso che le invita a non temere, perché Colui che era morto è risorto e precede i suoi in Galilea. Da quel mattino di Pasqua le cose si son potute cominciare a vedere anche da un’altra prospettiva. Per quelle donne, i problemi non vennero meno, ma nacque nei loro cuori la speranza. Così per molti altri allora e anche oggi. Da quel sabato si è immessa nella storia un’energia così potente che ha permesso ad una moltitudine di uomini e di donne di sperimentare il coraggio nella lotta per il bene, la gioia che conquista le profondità dell’anima, l’amore incondizionato alla vita, la libertà che vince ogni catena.
Con questa convinzione porgo i miei più sinceri ed affettuosi auguri di Buona Pasqua a tutte le persone che vivono nel territorio della Diocesi: alle autorità come al più umile degli uomini; agli italiani ma anche a tutti gli stranieri che sono qui da noi; ai giovani come agli anziani; ai malati e ai sani, a chi ha perso il lavoro o a chi ne è in cerca. Il mio augurio è che tutti, riascoltando nell’intimo della coscienza l’appello esigente del vero e del bene, sappiamo impegnarci per una società migliore, più giusta e fraterna, senza scoraggiarsi, superando anche il brutto momento che stiamo attraversando. Il mio augurio è che ci stringiamo insieme come fratelli veri e che ognuno scopra e sperimenti la potenza della risurrezione di Cristo che dà speranza all’uomo e lo rinnova dal profondo.
+Fausto Tardelli