Riscoprire la bellezza e l’importanza di comunicare faccia a faccia, occhi negli occhi, in carne e ossa, esplorando il territorio, facendo domande e mettendosi in ascolto: con amici, familiari, ma anche e soprattutto con le persone sconosciute che ogni giorno ci passano accanto e noi spesso rischiamo di ignorare. È questo il significato educativo della «settimana offline» appena conclusa: sette giorni di vita comunitaria H24 per 7 studenti della nostra diocesi, accompagnati dal sottoscritto in veste di “capobanda”, dormendo tutti insieme all’ostello di Ponte a Cappiano, andando a scuola ogni mattina e girando la Toscana su un pullmino ogni pomeriggio, il tutto con in tasca non i nostri smartphone di sempre (lasciati per qualche giorno a riposare dentro la cassaforte del municipio di Fucecchio) bensì dei telefoni di vecchia generazione abilitati solo per chiamate e SMS. Un digiuno totale da internet che ci ha permesso, per alcuni giorni, di dedicarci completamente alla socialità vera e propria, quella cioè non intermediata dagli schermi di telefoni, tablet e computer.
I 7 coraggiosi che hanno aderito a questa iniziativa supportata dalla diocesi di San Miniato sono stati stimolati (dalle attività proposte e dalla mancanza dello smartphone) ad aumentare a dismisura il tempo dedicato alle conversazioni di persona: quelle fra loro partecipanti alla settimana offline, ma anche quelle con i compagni di scuola e con i tanti interlocutori che siamo andati a trovare ogni pomeriggio viaggiando sul pullmino.
Il lunedì pomeriggio, per esempio, sulla spiaggia di Baratti i ragazzi hanno giocato a racchettoni con Federico (un bambino di San Vincenzo venuto al mare con la sua famiglia) e chiacchierato a lungo con Simba, un venditore ambulante senegalese che fra i frequentatori locali del litorale di Populonia era conosciutissimo.
Il martedì abbiamo fatto rotta su Viareggio per andare a conoscere don Luigi Sonnerfeld, un prete operaio che abita da 50 anni in una casetta variopinta in mezzo ai canali della darsena, e che ogni giorno dà ospitalità, ascolto e piccoli aiuti economici a diverse persone senza casa: don Luigi ci ha parlato anche di Nourredine, il senza tetto ucciso proprio fra i canali della darsena dall’automobile di Cinzia (la signora che lo stesso Nourredine aveva appena borseggiato); su invito di don Luigi i ragazzi della settimana offline si sono divisi a coppie e hanno girato la passeggiata a mare di Viareggio in lungo e in largo cercando di intavolare conversazioni con gli abitanti riguardo la tragedia di cui sopra, evitando il giochino sgradevole del «chi fra i due è più colpevole» ma cercando al contrario di fare immedesimare i passanti nelle fragilità e nelle debolezze sia di Nourredine sia di Cinzia; fragilità che la società circostante (cioè noi) non è stata in grado di curare.
Il mercoledì pomeriggio abbiamo fatto sport, grazie a una lezione collettiva di padel offertaci dai nostri amici degli impianti sportivi di Gello; e sulla strada del ritorno ci siamo fermati anche ad ascoltare la storia di Lara, un’operaia del centro logistico Conad di Capanne (centro logistico che proprio in quei giorni aveva diversi operai in sciopero, per protesta contro i troppi contratti precari di cui l’azienda secondo loro fa uso).
A proposito di lotte e di sogni comunitari, il giorno seguente ci siamo avventurati sulle colline a sud di Firenze per andare a passare un pomeriggio alla fattoria di Mondeggi, dove abitano insieme sotto lo stesso tetto coltivando la terra e allevando animali all’aria aperta circa 20 persone (fra le quali diverse famiglie con bambini).
Il venerdì abbiamo ritagliato nella settimana offline uno spazio di spiritualità, salendo in Garfagnana insieme al nostro vescovo Giovanni fino all’eremo di Calomini, dove il monaco Fratel Benedetto ci ha accolto a braccia aperte e ci ha invitato a meditare alla ricerca degli insegnamenti (riguardo il saper rinunciare al telefono in determinate situazioni) che la settimana offline ci può lasciare in dote anche una volta tornati nella vita connessa di tutti i giorni.
Il sabato ci siamo regalati un po’ di vertigini sulle giostre del luna park di Lucca, ma non da soli: in nostra compagnia c’era Aoua, una bambina di 9 anni arrivata da pochi mesi in Italia dalla Guinea e che praticamente non aveva mai visto un luna park. Immaginatevi lo stupore e la felicità…
E infine, la domenica, abbiamo concluso con la prova di socialità faccia a faccia più difficile e più bella di tutte: il pullmino ha scaricato a gruppetti i ragazzi della settimana offline in tre diversi paesini della Val d’Orcia arroccati sulle colline a pochi chilometri da Sinalunga. In ognuno di questi paesini la missione dei ragazzi era quella di fare amicizia con degli sconosciuti e rimediare su due piedi un invito a pranzo in casa d’altri. Un successo per tutti e tre i gruppetti di studenti sanminiatesi, ma anche per le famiglie senesi che li hanno ospitati conoscendo la loro sfida della settimana senza internet. «All’inizio, vi dico la verità, credevo che fosse una presa in giro. Questi ragazzi che suonano il campanello, che mostrano dei telefoni vecchi, che chiedono di salire a casa a mangiare con noi – mi ha raccontato col senno di poi una giovane mamma di Castelmuzio che ha ospitato due studententesse a casa sua per pranzo – sembrava tutto così assurdo… Poi però mio marito mi ha detto: ma sì, facciamole entrare. E ci si è aperto un mondo. Continuate così, ragazzi. Suonate altri campanelli e dimostrate a noi aduti che ci sono ancora persone curiose, che vogliono fare amicizia in tutti i modi e che si fidano degli altri».