San Miniato

Una nuova veste per il «Prato del Duomo»

di Francesco Fisoni

Fa un significativo balzo in avanti il progetto per la riqualificazione e l’abbellimento della piazza del Duomo a San Miniato, il punto apicale della città che raccoglie i monumenti più prestigiosi col loro portato di storia e bellezza: cattedrale, palazzo vescovile, palazzo del Miravalle, museo diocesano, Ss. Crocifisso… «Un luogo bellissimo e indefinito», Il cuore della città, teatro di importanti eventi religiosi e civili e per questo delicatissimo, sul quale da generazioni si era preferito soprassedere riguardo a futuribili assetti e definizioni.

Tutti fattori che fanno sinteticamente cogliere il livello della sfida con il quale si sono misurati gli attori che hanno elaborato il progetto presentato venerdì 17 maggio a Palazzo Grifoni dalla Fondazione Cassa di Risparmio San Miniato. Un protocollo d’intesa tra Diocesi e Comune per l’utilizzo e la manutenzione della piazza – la cui proprietà è divisa catastalmente tra Parrocchia della Cattedrale, Capitolo dei Canonici e Comune -, era stato siglato già tre anni fa. L’accordo prevedeva la costituzione di un tavolo tecnico paritetico tra rappresentanti della Diocesi e del Comune, con l’obiettivo di individuare i primi interventi di manutenzione, le problematiche connesse alla riqualificazione, oltre a provvedere all’elaborazione di proposte di massima per l’abbellimento complessivo del sito, valorizzandone i collegamenti con il contesto della città storica.

Il coinvolgimento al tavolo di lavoro anche di Fondazione Crsm e Crédit Agricole, resesi da subito disponibili a finanziare il progetto, ha impresso un’accelerazione importante a tutto il processo. È stato proprio Giovanni Urti, che in qualità di presidente della Fondazione Crsm ha guidato la presentazione di Palazzo Grifoni, a ripercorrere le tappe che hanno portato fino allo status quo, con il coinvolgimento anche della Regione. «Sappiamo che quando un progetto è delineato ed esistente – ha sottolineato Urti – diventa molto più facile dare poi attuazione alla fase esecutiva. Abbiamo individuato nel professor Luigi Latini, sanminiatese, docente all’Università di Venezia, il coordinatore di questo progetto. Con lui hanno lavorato gli architetti Adriano Marangon e Michela De Poli di Treviso. Si tratta del luogo più bello che abbiamo a San Miniato, un luogo che quando ci passiamo comunica sempre una qualche emozione; è giusto quindi che sia valorizzato e abbellito come merita.

L’intervento di Crédit Agricole Italia nel sostenere i costi di progettazione insieme alla Fondazione è stato decisivo. E oggi consegnamo questo testimone alla città di San Miniato». Confessa la sua soddisfazione anche Antonio Guicciardi Salini, che all’epoca della sua presidenza in Fondazione aveva siglato l’accordo che dava avvio alla fase progettuale: «Fu la ciliegina sulla torta prima della scadenza del mio mandato. Se San Miniato è quella città così bella e attrattiva che tutti conosciamo, un F po’ di merito ce lo abbiamo anche noi, grazie al percorso iniziato tanti anni fa con il recupero e il restauro della chiesa di San Domenico, dei Loggiati, del Duomo, della Torre di Matilde…».

Massimo Cerbai di Crédit Agricole Italia ha rimarcato dal suo canto come il progetto nasca dall’idea forte di creare qualcosa tutti insieme: «Questo l’ho ritrovato anche nello studio che il professor Latini ha portato avanti e di cui ci ha reso partecipi; non si può elaborare un progetto così importante e delicato senza prima studiare e capire la storia del luogo. Sottolineo ancora questa coralità che proprio nell’anno in cui si celebrava il giubileo della diocesi ci ha portato a questo risultato».

La concertazione era stata avviata al tempo dell’episcopato di monsignor Migliavacca e oggi è il vescovo Giovanni a raccoglierne l’eredità: «Fino a un anno e mezzo fa non conoscevo piazza del Duomo – ha commentato monsignor Paccosi -; adesso sono forse la persona che la vede di più, perché credo di essere l’unico abitante che ha le finestre che vi si affacciano. È un luogo veramente straordinario, punto centrale della vita della chiesa di San Miniato come città e come diocesi. La sua conformazione e la sua storia ne fanno un punto di proiezione su tutto il territorio circostante. Non si poteva dunque pensare a un progetto che snaturasse questa identità molto particolare. Non a caso è stata lasciata sempre in una situazione non totalmente definita. A questo proposito penso, al contrario, a tante cittadine toscane oramai invase dal turismo, dove le piazze e le vie sembrano essere diventate un centro commerciale con muri antichi. A San Miniato questo non succede, San Miniato è una città viva. Questa originalità della piazza, la sua bellezza e dimensione vitale sono cose che occorre salvaguardare. Non trovo nulla in questo progetto che sia da cambiare, anzi… posso dire sinceramente che va oltre quello che mi sarei potuto immaginare per valorizzare questa identità. Spero che da questo progetto, sempre più condiviso da tutta la città, si possa arrivare presto alla sua realizzazione».

Il sindaco Simone Giglioli ha ricordato come questa idea sia nata da suggestioni portate avanti con gli organi di Curia al fine di abbellire e migliorare la città. Una riflessione nata per piazza del Seminario e proseguita poi per il «Prato del Duomo», percepito come patrimonio della collettività con le sue funzioni irrinunciabili di natura religiosa e civile. Il Comune si farà promotore, da adesso in poi, del progetto, mentre per le risorse necessarie a completare effettivamente l’opera dovrà essere creato un apposito capitolo di spesa da parte della Regione Toscana.

E alla presentazione ha partecipato anche il presidente della Regione Eugenio Giani, che nel tracciare un profilo storico della piazza e della cattedrale, ha sottolineato l’importanza di ridare una identità complessiva alla Toscana delle piazze: «Come Siena ha il cotto in Piazza del Campo, Firenze il selciato in pietra serena in Piazza della Signoria, così anche San Miniato ha diritto a definire il fondo del suo “Prato del Duomo”. E il rifacimento di una piazza così importante non poteva che avvenire a partire da una lettura storica e con un legame omogeneo degli elementi».

A delineare concretamente l’articolazione del progetto hanno infine provveduto il professor Luigi Latini e gli architetti Adriano Marangon e Michela De Poli. «Si tratta di un progetto che è stato discusso con la Soprintendenza per la sua piena approvazione – ha commentato Latini -. Nell’idea di riqualificazione abbiamo voluto tutelare l’idea originaria di “prato” come tessuto connettivo, che storicamente conosce tre caratteristiche: è un sito perseguitato dalle frane, è cinto dalle antiche mura castellane e nell’800 si è trasformato anche in giardino. È un luogo dove la città si rispecchia e si riconosce, dove tutti accorrono per gli eventi che lo riguardano. In virtù di questo il prato del Duomo deve preservare la connessione tra il mondo naturale, minerale e la popolazione, deve cioè rimanere luogo di relazioni simboliche».

Il professore ha chiarito anche quanto sia importante preservare la natura del bosco di tigli, che un tempo erano un esercito di piante e adesso sono ridotti uno sparuto drappello fantasma. Un lavoro di amalgama riguarderà anche l’armonizzazione dei differenti selciati (pietra serena, ghiaia, ecc.) che si trovano davanti ai monumenti principali.

Gli architetti De Poli e Marangon ne hanno parlato come di un sito straordinario che manifesta però ha anche concrete debolezze: dall’incoerenza dei materiali e degli elementi che vi trovano spazio (auto, fioriere, installazioni) che sembrano “galleggiarvi” dentro, all’illuminazione notturna diffusa che non aiuta a stabilire una gerarchia tra i monumenti. Il loro lavoro è stato allora quello di agire su questa indefinizione. Il nuovo assetto rimodula la bellezza di tutta l’area, ridisegnando i vari confini. Il giardino dovrà riprendere una sua forza volumetrica di verde. L’area centrale, oggi ricoperta di ghiaia, verrà selciata con materiale laterizio permeabile e delineata da passaggi pedonali più definiti contigui ai palazzi. Nella zona est, quella che scende dalla Rocca, si vorrebbe accentuare questa idea di discesa dal colle installando delle isole (o schegge) di verde, di altezza digradante, circondate da cordoli in pietra su cui sia possibile la seduta. Le installazioni attualmente presenti saranno ricollocate in posizione più razionale: il monumento che ricorda la strage del ’44 sarà posto in testa all’area alberata sul lato del Miravalle, mentre il busto bronzeo dedicato ad Angelo del Bravo sarà avvicinato al vialetto che costeggia il fianco del complesso della cattedrale. Una rampa di accesso unica per i disabili metterà esternamente in connessione museo e cattedrale.

L’illuminazione notturna, fatta da lanterne, consentirà di stagliare meglio la facciata del Duomo e il riverbero proietterà una luce tenue anche nello spazio del prato. Resta aperto il tema dell’accessibilità alla piazza mediante mezzi, soprattutto per le persone con mobilità ridotta. È una riflessione lasciata aperta al contributo della città, che in questa fase non era di stretta pertinenza del gruppo di lavoro, come ha sottolineato lo stesso Latini, lasciando intuire che si tratta di un passo successivo alla riqualificazione e su cui occorrerà tornare a riflettere.