Eccellenza, sta per iniziare il settimo anno da quando papa Francesco l’ha chiamata alla cattedra episcopale di San Miniato. Appare sempre più delineata la sua idea di cammino sinodale da compiersi nella prospettiva di quanto formulato dal Santo Padre nella «Evangelii Gaudium». A che punto siamo in questo percorso e quali saranno le tappe salienti del cammino futuro della Chiesa sanminiatese?
«Anzitutto, avvicinandosi l’inizio del mio settimo anno di episcopato, desidero ringraziare tutta la comunità diocesana per la condivisione, l’accoglienza e per le esperienze ricche di Chiesa che mi hanno fatto vivere. In questi anni ho cercato di indicare le tracce di un cammino sinodale così come papa Francesco lo ha delineato nella «Evangelii Gaudium». Gli indirizzi emersi dai laboratori diocesani e confluiti nella mia lettera dell’anno scorso («Pronti a salpare…» ndr) devono essere messi in atto. Ma il tema sinodale è ora ancora più ampio perché sta per iniziare il cammino verso il sinodo della Chiesa universale, che si celebrerà nel 2023. Da quest’anno inizierà infatti un percorso di ascolto di tutte le Chiese. Inoltre la Cei, in comunione col Papa, nello scorso maggio ha delineato il cammino sinodale della Chiesa italiana. C’è una data d’inizio, il 17 ottobre, in cui vivremo una celebrazione diocesana che, oltre ad avviare simbolicamente l’anno pastorale segnerà, in comunione con tutte le diocesi d’Italia, l’inizio di questo cammino sinodale della Chiesa universale e della Chiesa italiana».
L’emergenza sanitaria, fin dal marzo 2020, è stata agente di ostruzione nei confronti delle iniziative programmate per il Giubileo della nostra diocesi, che inizierà il 5 dicembre 2022, a 400 anni dalla sua fondazione. Ogni volta è stato necessario rivedere prudentemente il programma degli appuntamenti o procrastinarne le date. A questo proposito quali saranno adesso le coordinate da seguire per avvicinarci al 2022?
«L’anno giubilare è ancora da definire nei contenuti, nei particolari. Ci sta lavorando una commissione di studio. Per quanto riguarda le iniziative di preparazione segnalo anzitutto il cammino spirituale: l’offerta di ascolto della Parola di Dio, le proposte di riflessione spirituale anche per i giovani, le lectio mensili che anch’io riprenderò come appuntamento on line per tutti. Vi sono poi delle piste di carattere culturale: si sta prospettando la realizzazione di una mostra che recuperi alcune figure della diocesi, attraverso le quali ritrovare il cammino storico della Chiesa sanminiatese: non solo uno sguardo all’indietro ma una riscoperta delle radici e della vitalità della nostra diocesi. Si prospettano poi alcune pubblicazioni che valorizzeranno la conoscenza storica riguardo al sorgere della diocesi di San Miniato. Dovrebbero riprendere alcuni pellegrinaggi: ce ne sono in programma uno a Piacenza, sulle tracce di monsignor Ghizzoni, e uno con i giovani, ma esteso a tutta la comunità, a piedi verso Lucca, che è la diocesi da cui siamo nati. Ancora dovrebbe maturare una valorizzazione del ruolo della cattedrale, che porterà alla visita del duomo da parte di tutte le parrocchie durante l’anno giubilare. Tutto questo di pari passo al cammino ordinario delle nostre comunità, che fa parte anch’esso del percorso verso il giubileo».
Eccellenza, il percorso di avvicinamento al Giubileo era connotato anche dalla Visita pastorale. Che, iniziata nell’ottobre del 2019, s’inseriva, anno dopo anno, nel cuore del cammino verso il 2022. A che punto siamo arrivati e come intende riprenderla e portarla avanti? Potrebbe anche dirci quali sono gli aspetti spirituali che le stanno più a cuore e che desidera valorizzare negli incontri con le varie comunità cristiane?
«Abbiamo portato avanti la Visita pastorale fino al febbraio 2020, poi abbiamo dovuto interrompere a causa del lockdown e del protrarsi della pandemia. Le condizioni non hanno ancora reso possibile una ripresa serena della visita. L’esperienza fatta è stata per me positiva come occasione di conoscenza delle comunità, di dialogo, di incontro, di preghiera condivisa. In questi mesi di autunno la mia agenda si sta già riempiendo delle iniziative di avvio dell’anno e di appuntamenti già programmati ma la mia speranza è che già con la fine di gennaio si possa riprendere la Visita pastorale. Riprenderemo da dove ci siamo fermati, quindi dal Vicariato quarto, portando avanti con un nuovo calendario la visita di tutta la diocesi. Come ho già detto, desidero entrare nelle comunità, nella loro vita normale, e incontrare, conoscere la gente, dialogare e pregare insieme».
I diciotto mesi di emergenza sanitaria che abbiamo alle spalle non hanno generato solo carichi enormi di sofferenza tra la nostra gente ma anche una crisi economica che oggi è ancor più sul punto di deflagrare. La nostra Chiesa ha sempre espresso vicinanza e attenzione nei confronti del comparto del lavoro locale. Proprio fissando l’attenzione ai nostri territori a maggior vocazione produttiva, che cosa coglie? Quali criticità e quali segnali di speranza intravede?
«L’esperienza del covid-19 ha creato una grande ripercussione negativa nel mondo della produzione a tutti i livelli. Penso al mondo del turismo – che è molto importante soprattutto a San Miniato – all’ambiente produttivo, quello delle concerie e non solo, all’ambiente agricolo che caratterizza la nostra diocesi. Purtroppo vedremo le ripercussioni della crisi anche nei mesi a venire e, anzi, i segni di difficoltà diventeranno ancor più evidenti. Da parte della comunità cristiana vi è partecipazione e preoccupazione. Come diocesi abbiamo cercato di esprimere la partecipazione anche attivando, attraverso la Caritas diocesana, tante forme di supporto. Si sono creati, grazie anche ai contributi dell’8×1000, dei fondi a disposizione delle persone, famiglie e realtà produttive in difficoltà per la crisi economica e lavorativa. Questo per dire che la Chiesa diocesana cerca di essere presente non solo con le parole ma anche fattivamente, per quanto è possibile, con un sostegno alla ripresa. Nello stesso tempo c’è preoccupazione per tutte le persone e le famiglie, molto concrete, ancora in difficoltà. A tutto questo, per il comparto del cuoio, si aggiunge la situazione critica legata all’inchiesta Keu nei confronti del nostro settore industriale. Da questo punto di vista vorrei richiamare a tutti, soprattutto agli imprenditori, l’importanza della legalità e del rispetto dell’ambiente, della nostra «casa comune», come la chiama il Papa. Al tempo stesso intendo sottolineare l’impegno del mondo produttivo e l’importanza di valorizzare le forze sane che ci sono nelle nostre imprese».
Come da consuetudine l’estate appena trascorsa è stata per lei molto intensa, con le visite ai numerosi campi e oratori estivi organizzati per i nostri giovani da parrocchie e associazioni diocesane. Quali frutti vede maturare da questo sforzo pastorale e educativo?
«Ho visitato tante esperienze estive – tutti i campi dell’Azione Cattolica a Gavinana, campi scuola parrocchiali, campeggi e altro ancora – e ho avuto un panorama molto ampio delle attività estive per i ragazzi e i giovani. Queste iniziative di carattere educativo e aggregativo manifestano una vitalità della nostra Chiesa, che non si è spenta o rinchiusa nella pandemia, ma che con più forza ha proposto occasioni d’incontro, di partecipazione, di vacanza costruttiva. Ho visto la voglia dei ragazzi di stare insieme per crescere e questo mi fa dire quanto sia importante che le parrocchie si attivino per portare avanti durante tutto l’anno proposte per accompagnare la crescita dei ragazzi. L’estate funziona bene. Durante l’anno le parrocchie devono creare con fantasia – usando gli ambienti che hanno – percorsi di aggregazione, educazione, preghiera con i ragazzi. Un’altra cosa bella che ho constatato riguarda gli educatori e gli animatori, a loro volta spesso adolescenti, che manifestano la voglia di donare il loro tempo e il loro entusiasmo a servizio dei più piccoli e anche una serietà nel vivere un cammino di fede. Questa è una risorsa da riscoprire nelle nostre comunità. Anch’io come vescovo vorrei farmene carico con un percorso da portare avanti durante l’anno con loro. Vorrei ricordare anche le esperienze delle «Quattro del pomeriggio», proposte dalla Caritas e della Pastorale giovanile. Ho sentito i gruppi che hanno vissuto queste esperienze, che le hanno riconosciute come momenti arricchenti di crescita, di Chiesa, di amicizia».
La recente lettera apostolica «Antiquum ministerium» di papa Francesco, che ha offerto lo spunto per l’annuale Convegno catechistico, apre prospettive importanti per la riqualificazione della figura del catechista e per il rinnovamento della formazione cristiana. Ha già in mente delle linee di attuazione, delle indicazioni di questo documento nella realtà delle nostre parrocchie?
«Il documento del Papa, che parla del ministero del catechista, è da comprendere come indirizzato al mondo intero e quindi rivolto a figure di catechisti ben diverse da quelle presenti nelle parrocchie italiane. Penso alle terre di missione dove il catechista assume talvolta un ruolo di guida nella comunità. «Antiquum ministerium» offre certamente uno stimolo per riconoscere la figura del catechista come una figura educativa essenziale. Anzitutto, abbiamo bisogno di catechisti giovani, che si affiancano ai più esperti per camminare con loro e imparare. Sarebbe molto bello che i catechisti dei giovani fossero dei giovani. Nello stesso tempo valorizzare chi ha già una lunga esperienza di catechesi, che la può offrire facendo spazio anche ad altri. Importante è poi la formazione: da quest’anno vorremmo lanciare dei percorsi formativi per chi si avvicina per la prima volta al ruolo di catechista e un percorso di aggiornamento, probabilmente nei vicariati, per chi vive già da anni questo servizio. Non si tratta tanto di imparare cose da dire, ma di scoprire la vocazione ad essere catechista, non soltanto a fare il catechista. Per quanto riguarda le indicazioni concrete che nascono da questo documento, non competono ai singoli vescovi ma alla Conferenza episcopale italiana che ha avviato un gruppo di studio e che offrirà linee operative per attuare le indicazioni del Papa circa l’istituzione del ministero del catechista. Un altro aspetto importante è quello della catechesi degli adulti. Soprattutto la Pastorale familiare sta cercando di mettersi al servizio degli adulti per offrire loro una proposta di catechesi. Così come il percorso diocesano di ascolto della Parola di Dio vuol diventare un’occasione per questo annuncio di catechesi. Infine, stiamo approfondendo anche l’ipotesi di una proposta formativa da parte della Scuola Teologica Diocesana, valorizzando la formula delle lezioni online da offrire a tutta la comunità e ai catechisti».
Il tornante storico che l’umanità sta affrontando non è tra i più rosei, tra emergenza sanitaria, crisi economico[1]inflativa, equilibri tra le super potenze nucleari che scricchiolano e venti di guerra che soffiano dal Medio-Oriente… La vicenda drammatica dell’Afghanistan sembra essere solo l’ultima tessera di un mosaico che preoccupa. Come pastore della Chiesa quali parole di speranza si sente di rivolgere al popolo della diocesi di San Miniato?
«La strada ci è indicata dalla «Fratelli tutti» di papa Francesco. La situazione attuale e le difficoltà che viviamo mettono in luce l’attualità di questo documento. Anche quest’anno cercheremo le forme per approfondire questa importante enciclica e per sensibilizzare la comunità sui temi della pace e della fraternità. Si sta progettando, ad esempio, un’iniziativa in collaborazione con Pax Christi che, proprio alla luce della «Fratelli tutti» e della testimonianza di don Tonino Bello, possa sollecitarci come comunità ad un’attenzione ai temi della mondialità, della pace, della cooperazione internazionale e, sentendoci corresponsabili della situazione mondiale attuale, a cercare vie di pace e di fraternità».