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Terzo incontro della Scuola di Preghiera guidata dal Vescovo

La Redazione

Nel terzo incontro della scuola di preghiera, svoltosi in cattedrale lunedì scorso, con l’animazione musicale dei giovani del Rinnovamento nello Spirito, il vescovo Giovanni ha offerto una riflessione sulla preghiera del Padre nostro. Attraverso le parole riportate da Matteo e Luca, ma di cui sono intessuti tutti i vangeli, il vescovo ha guidato i fedeli a riscoprire gli atteggiamenti della fiducia radicale nel Padre, della vigilanza e dell’apertura al servizio. Al centro della sua riflessione, la certezza dell’amore che Dio ha per noi. Gesù nel discorso della montagna ci invita a non affannarci, a non lasciarci sopraffare dalle preoccupazioni, infatti dice: «Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati».

Questa fiducia non è un’esortazione a vivere con leggerezza ma una chiamata alla libertà profonda che scaturisce dalla consapevolezza che il Padre conosce ogni nostro bisogno. Il vescovo Giovanni ha sottolineato come molte delle nostre angosce derivino dall’illusione di dover gestire tutto da soli, senza pensare che Dio conosce meglio di noi ciò di cui abbiamo bisogno. Monsignor Paccosi ha poi affrontato un passaggio enigmatico del capitolo 12 di Luca: la bestemmia contro lo Spirito Santo. Il solo peccato che non sarà perdonato, ha spiegato, non si riferisce a un’offesa specifica, ma alla chiusura del cuore nei confronti di Dio: «L’unica cosa che può impedire a Dio di riempirci della sua grazia è che noi smettiamo di cercarlo». Ha quindi evocato l’immagine del bambino che piange perché ha bisogno della mamma e non smette finché non ha ottenuto ciò di cui necessita. Spesso però «ci comportiamo come bambini che, diventati grandi, si convincono che se l’aiuto non arriva, è inutile continuare a chiedere». Questa attitudine, ha spiegato il vescovo, crea una distanza tra noi e il Padre, una barriera.

Gesù ci invita invece a rimanere fiduciosi, a chiedere con insistenza, certi che Dio Padre ci ascolta e provvede a noi. Ne scaturisce una libertà che non è egoistica ma che al contrario si traduce in un’apertura al servizio. Il vescovo Giovanni ha ricordato come Gesù stesso abbia vissuto in totale disponibilità al disegno del Padre, mettendosi al servizio di ogni uomo. Questo è il modello per i cristiani: «La nostra azione consiste nel metterci a disposizione di Dio, servendo il prossimo con gratitudine e amore».

In vista del Natale, monsignor Paccosi ha poi richiamato tutti a un atteggiamento di vigilanza. L’attesa della venuta di Gesù richiede attenzione e prontezza: «Se non l’attendiamo, potremmo non accorgerci del suo arrivo», ha ammonito, come una persona che cerca qualcuno ma se è distratta rischia di non vederlo mentre le passa accanto. Dobbiamo quindi allenare il nostro cuore a riconoscere i segni della presenza del Signore, che spesso si manifesta in modo discreto, nella quotidianità.

I «debiti» di cui parla la preghiera del Signore derivano dal nostro non corrispondere all’immagine vera e attiva di noi. Chiediamo al Padre di perdonarci ma aggiungiamo subito: come noi perdoniamo a ogni nostro debitore. Troviamo qui il significato profondo del Giubileo che sta per iniziare: non si tratta solo di andare a lucrare l’indulgenza, ma di viverla con le persone con cui abbiamo qualcosa in sospeso, attraverso il perdono, il rimettere i debiti anche concretamente, il passare sopra ciò che ci separa dagli altri. Gesù ha inserito questo nel Padre nostro, da una parte come condizione ma anche come richiesta che Dio ci renda capaci di attuarlo.