«Una notizia di estrema gravità! Speriamo che la giustizia faccia il suo corso e che si accertino tutte le responsabilità, insieme alle verifiche sul danno causato ai terreni agricoli e quindi sui pericoli circa la salute di tutti noi». È stato questo il commento che monsignor Andrea Migliavacca ha consegnato in un post sulla sua pagina Facebook ufficiale, riguardo alla vicenda dei rifiuti speciali provenienti dal distretto conciario di Santa Croce sull’Arno, smaltiti illecitamente come concime nei campi agricoli della Zona del Cuoio e dell’Empolese Valdelsa, campi destinati alla coltivazione di mais, grano e girasole. I campi risultano adesso fortemente inquinati.
La vicenda è salita alla ribalta della cronaca locale qualche giorno fa. I fatti sono noti: le indagini coordinate dai sostituti procuratori Alessandra Falcone e Giulio Monferini della Direzione distrettuale antimafia di Firenze hanno fatto scattare l’operazione «Blu Mais», nome tanto significativo quanto sinistro, che paventa scenari da «Terra dei fuochi». Gli inquirenti hanno accertato che i rifiuti speciali derivanti dalla lavorazione conciaria, venivano spacciati come compostati misti utili alla fertilizzazione dei terreni agricoli. In questo modo sono state illecitamente smaltite oltre 24.000 tonnellate di materiale contenente sostanze nocive e altamente inquinanti, come cromo esavalente e idrocarburi. Materiale che è stato impiegato per “concimare” più di 150 ettari di terreno agricolo nei territori della provincia di Pisa e Firenze. Le analisi effettuate hanno effettivamente dimostrato che i terreni sui quali i Carabinieri del nucleo forestale hanno messo gli occhi, mostrano una preoccupante concentrazione di cromo, per la maggior parte esavalente. In alcuni appezzamenti sono stati trovati dai 300 ai 970 milligrammi di cromo per chilo, quando la quantità massima consentita per coltivare in sicurezza è di 55 milligrammi. Da sei a venti volte più del consentito insomma. Il materiale veniva conferito in aziende agricole compiacenti, le quali ricevevano poi un compenso in base alla quantità «acquistata». Documenti di trasporto e certificati sulle analisi venivano falsificati per far risultare i rifiuti idonei alla concimazione. L’operazione ha portato a 4 arresti effettuati dalla Polizia giudiziaria di Firenze, in coordinamento con i Carabinieri del nucleo Forestale sempre di Firenze e la Polizia municipale dell’Unione dei Comuni Empolese Valdelsa. Alle indagini ha collaborato anche il Nucleo operativo radiomobile dei Carabinieri di Empoli.
I 4 agli arresti domiciliari, tutti cittadini italiani, sono tre amministratori (uno in pensione) di un consorzio di gestione dei rifiuti del distretto conciario santacrocese e il quarto è un agricoltore. Per due altri indagati, un uomo di 52 anni e uno di 24, è scattata l’interdizione dall’esercizio della professione di agronomo per il primo e di imprenditore agricolo per il secondo. Nella faccenda sono risultate coinvolte diverse aziende agricole, tutte di zona. Avviate a fine 2016, le indagini sono ancora in corso. È infatti da accertare l’eventuale coinvolgimento di altre aziende agricole del territorio e anche la pericolosità per la salute degli alimenti coltivati. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze, Angelo Antonio Pezzuti, che ha disposto gli arresti domiciliari nei confronti dei 4 indagati, ha anche ordinato alla Guardia di Finanza di effettuare un sequestro preventivo per più di 3 milioni di euro nei confronti del consorzio per la gestione dei rifiuti interessato e di alcuni indagati, cifra stimata quale illecito profitto derivato dal mancato conferimento in discarica dei rifiuti speciali prodotti. Oltre a questo è stato disposto il sequestro di oltre 300 mila euro agli agricoltori coinvolti, che venivano pagati per poter depositare i rifiuti sui loro terreni durante la normale pratica agricola.
«Si parla tanto di custodia del creato – ha commentato ancora monsignor Migliavacca – e di riferimento alla Laudato si’ di papa Francesco. Questi fatti gravissimi sono un segnale molto preoccupante che richiama tutti noi e tutto il mondo produttivo a grande responsabilità e serietà». Il Santo Padre, infatti, nell’enciclica sulla cura dell’ambiente come Casa comune, sviluppa il suo concetto di ecologia integrale in questi termini: «Quando parliamo di “ambiente” facciamo riferimento anche a una particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita. Questo ci impedisce di considerare la natura come qualcosa di separato da noi o come una mera cornice della nostra vita. Siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati. Le ragioni per le quali un luogo viene inquinato richiedono un’analisi del funzionamento della società, della sua economia, del suo comportamento, dei suoi modi di comprendere la realtà. Data l’ampiezza dei cambiamenti, non è più possibile trovare una risposta specifica e indipendente per ogni singola parte del problema. È fondamentale cercare soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali. Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura» (139).
Il vescovo Andrea ha chiuso il suo commento Facebook richiamando «grande attenzione da parte di tutti, sopratutto da parte delle aziende e delle varie attività produttive, circa i rischi di infiltrazioni mafiose o criminali in questo periodo di particolare crisi per il lavoro. Stare allerta e non tacere su quanto si vede di illecito».