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Sulle orme di don Divo, il dono di pace che parte da Palaia

di Leopoldo Campinotti

Quando ho cominciato a comprendere che l’idea di un convegno su don Divo e don Lorenzo non era semplicemente un modo per recuperare la mia passione per Palaia, ma nella realtà era il desiderio “superiore” di don Divo che voleva restituire e restituirsi al suo paese, lo ho lasciato fare. Io son cresciuto con il mito di don Divo e con le tracce del suo dna nel mio dna familiare. Ma era una presenza astratta, assente ma incombente. Sono cresciuto invece con i ragazzi della Fornace nel cuore. I suoi primi giovani che lo hanno seguito e poi superato in una ricerca eremitica di Assoluto. Questi luoghi sempre li ho ricercati quando avevo bisogno di Assoluto. Li andavo ricercando nei calanchi e nei tufi di Collelungo; nei colori e negli odori di quei luoghi; nei silenzi e nei canti delle cicale. Aria calda, profumata, invadente, senza tempo che è l’esperienza più importante della mia infanzia. Ma già nei suoi Diari don Divo riconosceva il ruolo santificante dei luoghi a lui cari e ne voleva fare un dono ai palaiesi. Così ho scoperto che don Divo aveva già immaginato il dono ai suoi compaesani. In questi anni mi ha fatto incontrare esperienze e storie belle che avrebbero fatto da corollario al suo cammino. Un cammino dove la memoria del sacerdote sarebbe ritornata sui luoghi della sua vita, respirando l’aria che è stata da lui impregnata di desiderio di Assoluto. Restituire don Divo a Palaia e Palaia a don Divo è il compito del «Cammino ».

L’inizio sarà ovviamente dalla casa natale. Adiacente alla chiesa di Sant’Andrea: la sua chiesa dove piccolissimo andava a cercare la madre in preghiera. E poi il negozio della famiglia Barsotti che per anni è stata la bottega di Beppe e Beppina: la sorella amatissima. Poi giù verso «fondo Palaia» e la chiesa (Sant’Andrea) del suo ministero sacerdotale durante la seconda guerra mondiale. I suoi scritti che ne tracciano la sofferenza interiore. Il percorso poi si snoda verso “funchioni” e su alla Palazzina: anche questi luoghi di intensa memoria. Al bivio per Toiano si volta a sinistra e si cammina tra i meravigliosi calanchi e le strette viuzze di cima costa. L’incontro con la scuola della “Casina” e le memorie di Carlo Paganelli fondamentali per la costruzione di un rapporto con la mamma Paolina e la famiglia proprietaria della fattoria di Collelungo. Altri pochi passi e si volta a sinistra verso Collelungo. La salita è un po’ più impegnativa ma il sentire i suoni del bosco e gli odori ci riporta a 65 anni fa: nulla è cambiato. Su uno stretto tornante si puo uscire dalla strada bianca per prendere unno stretto sentiero nel bosco. Pochi minuti e su un piccolo pianoro che guarda Palaia si trova la Fornace. Oggi e consigliabile percorrere la piccola strada che scende poco dopo dalla carrabile sulla sinistra, ma allora si tagliava dal bosco. La Fornace è la meta. La Fornace è per don Divo come La Verna per San Francesco (parole sue) e con le sue parole si ricordano i suoi pensieri e le meditazioni. Ma anche la memoria degli Eremiti: i suoi giovani. I primi ragazzi che lo hanno seguito per una ricerca di assoluto. Proveremo a narrare la vicenda senza giudizi ma con tanto amore per una esperienza che ha creato il luogo santo di don Divo. Da qui il programma prevede un passaggio dalla Fattoria di Collelungo e poi una camminata distensiva sino alla nostra meta del primo giorno: l’eremo di Agliati. Qui possiamo organizzare per dormire e cenare insieme. Alla mattina l’incontro con padre Daniele e i suoi ricordi di quei faticosi anni ’70. Poi la partenza con destinazione «il Cavalletto» non prima pero’ di aver fatto una visita al piccolo cimitero di Agliati. Dal «Cavalletto» si risale attraverso i boschi a Collelungo e scendendo verso la Fornace si gira a destra per scendere «la Pazza» (una bellissima strada bianca nel bosco) per giungere allo stabilimento del Candia (ormai dismesso) da cui sono scaturiti anche i rapporti molto stretti tra don Divo e Marcello Candia: imprenditore santo con il quale il nostro aveva anche immaginato un impegno missionario in Brasile. Il rientro poi dalla salita della «Costia».

Un percorso impegnativo ma anche questo su strade bianche e immerso nella natura che consentirà riflessioni e condivisioni. L’ingresso in Palaia sarà dalla parte della maestosa Pieve di San Martino: gioiello di bellezza unica e assoluta ma che ha sofferto anche periodi di decadenza e utilizzi impropri. Per visitare Palaia non basta un giorno (anche perché le cose belle sono inserite nel quotidiano dei palaiesi) ma chi vuole può continuare a cercare Gesù nelle colline di Palaia (prendo spunto dal pensiero di don Divo). Questa è la proposta che mi hanno ispirato gli scritti e le riflessioni don Divo. Questi i suoi luoghi, i colori dei suii paesaggi, gli odori, i suoni dei boschi e i rumori dei silenzi assoluti dei suoi Giovani. Oggi ancora testimoni, amici, parenti possiamo incontrarli e intervistarli. Ma rimane tanto da scoprire dagli scritti di don Divo e questo va fatto personalmente nella ricerca della provocazione di Dio, che don Divo ci invita a cercare e accogliere con il suo sorriso.