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Secondo incontro della Scuola di Preghiera guidata dal Vescovo

di don Francesco Ricciarelli

Si è tenuto lunedì scorso 9 dicembre, in cattedrale il secondo incontro della scuola di preghiera col vescovo Giovanni che ha proposto alla riflessione dei fedeli quattro parabole del vangelo di Luca. Le meditazioni sono state intervallate da momenti di silenzio davanti al SS. Sacramento esposto sull’altar maggiore e dai canti eseguiti dai giovani dell’Azione Cattolica. Il vescovo ha preso le mosse dalla parabola dell’amico importuno: se noi che siamo cattivi, Gesù ce lo dice senza mezzi termini, sappiamo dare cose buone ai nostri figli, tanto più il Padre celeste darà il suo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono. Ma spesso, ha osservato il vescovo Giovanni, noi non sappiamo cosa chiedere. Ciò di cui veramente abbiamo bisogno è lo Spirito, che risponde alle esigenze più profonde del nostro cuore. È grazie allo Spirito che noi possiamo rivolgerci a Dio chiamandolo «Padre». Il vescovo ha tratto il secondo spunto di riflessione dalla parabola del giudice iniquo e della vedova insistente. La vedova, fragile e priva di difesa, rappresenta l’umanità in tutta la sua debolezza. Eppure l’insistenza diventa la sua forza. Monsignor Paccosi ha evidenziato come questa perseveranza nasca dalla fiducia in una giustizia più grande, che trascende le circostanze visibili. La vedova insiste perché ha la certezza di essere ascoltata e che l’amore di Dio supera ogni immaginazione.

L’atteggiamento giusto o sbagliato da parte dell’orante viene illustrato dalla parabola del fariseo e del pubblicano. Il fariseo, pieno di orgoglio, prega tra sé, senza riconoscere di avere alcun bisogno, anzi, giudicando il poveruomo inginocchiato vicino a lui. Al contrario, il pubblicano, consapevole della propria miseria, si rivolge a Dio e chiede soltanto: «Abbi pietà di me, peccatore». Questa preghiera è forse la preghiera più semplice e più vera che possiamo dire davanti al Signore. «Tutte e tre queste parabole, ha notato monsignor Paccosi, ci fanno comprendere che noi non abbiamo semplicemente bisogno, ma “siamo bisogno”». La preghiera più autentica è quindi quella di mendicanza, che non è lontana dalla gratitudine e dalla lode. Al contrario, è attraverso la consapevolezza di essere dipendenti da Dio che nasce la gioia più autentica. «Non temiamo di umiliarci», ha ribadito monsignor Paccosi, «riconoscendo il nostro essere humus, terra, nulla, resi vivi solo dallo sguardo di preferenza con cui il Signore ci fa esistere».

A partire dalla pagina evangelica della Parusia, il vescovo Giovanni ha invitato i fedeli a vivere la preghiera come gesto di attesa vigilante, simile a chi aspetta con trepidazione una persona cara che arriva da lontano. «Gesù viene – ha affermato – ma noi possiamo essere distratti». L’attesa diventa allora un’espressione di speranza e di certezza, un segno tangibile di fede. In prossimità del Natale e dell’inizio del Giubileo è ancora più importante questa vigilanza gioiosa, che prepara il cuore ad accogliere la venuta del Signore. La preghiera, in questo contesto, non è solo una richiesta, ma anche un’apertura alla presenza di Dio che trasforma ogni cosa. Alla luce delle parabole del Vangelo di Luca, monsignor Paccosi ha quindi esortato tutti a vivere ogni giorno con l’attenzione ai segni della presenza di Dio: «Una vigilanza che è piena di speranza, l’umile speranza, la povera speranza di chi sa che il Regno di Dio è vicino. Ogni giorno troveremo i segni di questa presenza e la nostra attesa diventerà sempre più ardente e piena di letizia la meta della nostra vita è una festa: la festa del suo perdono, la festa della sua presenza, che farà comprendere finalmente tutto nella sua verità». Anche questo secondo incontro di preghiera si è concluso con la benedizione eucaristica, preceduta dalle preghiere spontanee dei fedeli, in cui il primo pensiero è andato alle vittime del terribile incidente al deposito Eni di Calenzano e a tutti i morti sul lavoro.