Sala parrocchiale gremita di adolescenti a San Miniato Basso, per ascoltare don Alessandro Andreini raccontare la vita del santo quindicenne: dall’amore per l’Eucaristia al coraggio davanti alla morte.
II colpo d’occhio è stato ragguardevole: la sala parrocchiale di San Miniato Basso, recentemente ristrutturata, gremita di gente e soprattutto piena di adolescenti. Anche questo, a suo modo, un piccolo miracolo di San Carlo Acutis, la figura al centro dell’incontro tenutosi giovedì 23 ottobre. Relatore della serata don Alessandro Andreini, sacerdote della comunità religiosa di San Leolino, docente alla Gonzaga University di Firenze e responsabile della Pastorale universitaria regionale.
Don Andreini ha tratteggiato la vita del neo proclamato santo con garbo e fascino, artigliando l’attenzione dei ragazzi. Non è rimasto seduto al tavolo ma si è mosso tra i presenti, stimolando il confronto soprattutto con i più giovani. Ne è scaturito un ritratto a tutto tondo di questo straordinario santo morto quindicenne nel 2006, un adolescente animato da un amore genuino verso Gesù e l’Eucaristia e sostenuto da un coraggio virile nell’affrontare la morte per leucemia fulminante. «Il primo punto è il più scomodo. Carlo non è nato come un comune mortale», ha esordito don Andreini. Nato a Londra nel 1991 da una famiglia benestante, riceve la Prima Comunione a 7 anni grazie a uno speciale permesso. Per il giovanissimo Carlo è un momento decisivo: il fulcro della sua spiritualità diventa l’incontro quotidiano con il Signore nell’Eucaristia. «L’Eucaristia è la mia autostrada per il Cielo», ripete spesso. Dopo la prima Comunione partecipa alla Messa tutti i giorni; quando gli impegni scolastici glielo impediscono, fa la Comunione spirituale.
A 14 anni inizia a frequentare a Milano il liceo classico Leone XIII retto dai Padri Gesuiti. Come testimonieranno i suoi insegnanti, Carlo è un ragazzo solare e di grande sensibilità spirituale. Poi l’ultimo anno di vita – il 2006 tutto accelera: l’impegno in parrocchia, la devozione, la preghiera, la carità…
Insieme a un amico, studente di ingegneria informatica, cura il sito della parrocchia, prepara i bambini alla Cresima, coordina la realizzazione di spot per il volontariato scolastico. Le vacanze estive ad Assisi segnano l’incontro decisivo con san Francesco e santa Chiara: dal Poverello impara una dedizione privilegiata per i più poveri, uno zelo appassionato nell’esercizio della carità verso senzatetto ed extracomunitari, che aiuta con i soldi risparmiati dalla paghetta settimanale.
«L’amore per l’Eucaristia è il vero nerbo della sua esistenza», rimarca don Andreini. Animato da questa passione, Carlo compie una preziosa opera di apostolato tra i compagni di scuola e gli amici, spiegando loro il mistero eucaristico attraverso i racconti dei più importanti miracoli eucaristici. Da autentico apostolo, impiega le sue competenze informatiche per realizzare una mostra internazionale sui “Miracoli eucaristici”: un’ampia rassegna fotografica con descrizioni storiche che presenta 136 dei principali miracoli verificatisi nel corso dei secoli in tutto il mondo e riconosciuti dalla Chiesa. Una mostra che ha fatto il giro del mondo e che ancora oggi continua a essere esposta.
L’altra colonna fondamentale della sua spiritualità è la devozione a Maria, espressa nella recita quotidiana del Rosario e nella consacrazione al suo Cuore Immacolato. Con una spiccata percezione di ciò che è essenziale, Carlo dedica particolare attenzione ai Novissimi (morte, giudizio, inferno e paradiso), come a presagire il breve tempo della sua vita.
Nell’ottobre di quello stesso 2006, si ammala di leucemia di tipo M3, la forma più aggressiva. Prima che la situazione precipiti offre la sua vita al Signore per il Papa, per la Chiesa, per andare in Paradiso. In ospedale infermieri e medici rimangono edificati dalla sua accettazione della malattia e della sofferenza. Muore il 12 ottobre, che da quest’anno diventa nel calendario romano il giorno della sua festa liturgica.
Nel febbraio 2007 la famiglia aveva traslato la salma nel cimitero di Assisi, assecondando una sua volontà: in morte voleva infatti rimanere vicino al suo santo prediletto, san Francesco. Nel 2019 i resti mortali vengono nuovamente traslati, questa volta nella chiesa di Santa Maria Maggiore, dopo che papa Francesco lo aveva dichiarato venerabile. Seguono la beatificazione del 2020 e la canonizzazione, sancita da papa Leone XIV il 7 settembre scorso. La coda della serata sanminiatese è stata arricchita da domande e interventi dei presenti, soprattutto dei giovani stimolati dall’esempio di un ragazzo come loro, nato ricco che diventa santo. Don Andreini, a questo proposito, ha intersecato la vicenda di Acutis con quella di don Milani: anche il prete di Barbiana, nato da famiglia benestante, si fece compagno degli ultimi, che riecheggiando il monito di Gesù sui ricchi era arrivato a dire sul letto di morte ai suoi ragazzi: «Un grande miracolo sta avvenendo in questa stanza. Un cammello sta passando per la cruna di un ago». In vista dell’incontro don Andreini aveva fatto stampare alcune cartoline con l’immagine di Carlo Acutis e una delle sue frasi diventate virali: «Tutti nascono come originali, ma molti muoiono come fotocopie». Un inciso tanto più vero oggi per i nostri ragazzi, perennemente a confronto con un mondo di omologazione massificata, laddove invece la galleria della santità ci propone tipi umani tutti diversi tra loro e simili solo a quell’unico modello che li ispira: il Cristo.

