Dalla Diocesi

Riflessioni nate da una lettura di «La Pasqua salva il mondo» di p. Antonio Sergianni

di Francesco Sardi

Sono arrivato a un punto della mia vita in cui occorre fare delle riflessioni e in base a queste compiere delle scelte. Ci sono alcuni interrogativi che ho tentato di risolvere in vario modo, ma solo attraverso la fede ho potuto trovare le risposte. E non perché debba obbedire a qualcuno, no. Dio mi ama nel rispetto della mia libertà, mi chiede il permesso. E questo non è poco in una società che si misura sul «Tu devi».

Ma come è venuta a trovarmi la fede? Mi si è fatta vicina con un cammino, con una comunità, con dei fratelli che non mi giudicano ma mi incoraggiano e mi criticano in modo costruttivo. Il tutto tramite quella che viene chiamata «la stoltezza della predicazione»: fratelli, peccatori come me, che mi parlano di Dio perché ciò che è debolezza per gli uomini è forza per il Signore. Tramite la comunità sto raggiungendo, non senza fatica, una consapevolezza circa la mia condizione di peccatore: sono schiavo, sono misero, ma quello che è importante per me è che il Battesimo, il primo sacramento, mi rinnova nella fede, annienta il peccato originale, crea una nuova realtà, una nuova via, la partecipazione alla vita divina nella comunità, nella Chiesa. È vero ho dei dubbi: perché Dio permette le tragedie nel mondo? La pace può essere quella di stare tranquilli mentre un milione di persone muore di fame? E poi, se pensiamo alle ingiustizie della vita, la tentazione è quella di dire: mi faccio giustizia da me! Ma non è questa la via: Dio perdona i peccati, anche quelli più schifosi … peccati di odio, di persecuzione, di guerra. È vero il cristiano ha la responsabilità di agire fino in fondo per allontanare queste situazioni di morte. Ma non bisogna illudersi! Il mondo si salva non con le nostre capacità ma solo nell’incontro con Cristo. Cristo è morto sulla croce e risorto per tutti noi. E la mia salvezza sta nel salire su questa croce con Cristo. È la croce gloriosa rivelata dallo Spirito ai piccoli, scandalo e pazzia per la ragione umana. Uno è morto come peccatore e non lo era per salvare noi che lo siamo davvero. Tutto è evidente: io sono peccatore e Cristo viene per salvarmi da questa condizione di schiavitù. Per questo mi viene da dire, con l’inno dell’Exsultet, «Felice colpa che meritò un così grande salvatore».

Mi stavo interrogando su cosa sia più importante per me dopo tanti anni di cammino. Penso tre cose: la comunità cristiana dove Dio mi fa crescere con i sacramenti e sottolinea la necessità di un combattimento contro il vero nemico, il diavolo; la Parola di Dio che è un’arma in questo combattimento; l’Eucarestia dove, nello spezzare il Pane, Gesù si manifesta. In particolare, mi piace ricordare come ogni domenica si celebri la Pasqua del Signore, l’appuntamento di Dio con la storia dove l’Onnipotente vuole incontrarsi con l’uomo; è l’avvenimento che ha riaperto il cielo.

E allora la domanda che mi sorge alla fine è questa: «Sono disponibile a ricevere la pienezza dello Spirito Santo nel perdono e nell’amore misericordioso di Dio?». E la risposta non tarda ad arrivare: «La morte non può avere l’ultima parola».